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Conflitto Israelo-Palestinese

Cos’ha detto Netanyahu sul 7 ottobre e sul futuro della guerra a Gaza nell’intervista a Time

Le parole del premier israeliano al magazine americano. Per la prima volta ha chiesto perdono al proprio popolo per non esser riuscito a evitare l’attacco di Hamas contro i civili: “Mi dispiace profondamente che sia successa una cosa del genere”.
A cura di Biagio Chiariello
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"Chiedere scusa? Certo, naturalmente. Mi dispiace, profondamente, che sia successa una cosa del genere". Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha rilasciato un'intervista al magazine americano Time dove, per la prima volta, si è scusato per non essere riuscito ad evitare la strage del 7 ottobre compiuta dall'organizzazione paramilitare palestinese di Hamas nella quale oltre mille israeliani hanno perso la vita.

L’intervista del noto periodico parte proprio da quegli eventi: "Si guarda sempre al passato e si dice: ‘Avremmo potuto fare qualcosa per evitarlo?'", si chiede Netanyahu.

E parlando della sicurezza di Israele, il primo ministro ha evidenziato come i pericoli non siano rappresentati solo da Hamas, ma da quello che ha definito come un “asse iraniano”. Ha affermato che Israele deve prepararsi ad una "difesa più ampia", sottolineando che la sicurezza del Paese ha implicazioni vitali.

In risposta alle paure dei suoi connazionali, Netanyahu ha ben chiaro quale sia la posta in gioco: "Essere distrutti ha implicazioni più grandi sulla sicurezza di Israele". E non si preoccupa dei rapporti con la stampa e con l’opinione internazionale, preferendo invece portare a termine il suo obiettivo: "Preferisco avere una cattiva stampa che un buon necrologio".

Guardando al futuro, il primo ministro ha delineato la sua visione per Gaza, auspicando "un’amministrazione civile palestinese sostenuta da partner regionali", ma "senza potere militare". Ha poi sottolineato l'importanza di mantenere una maggioranza ebraica in Israele, evitando però l’annessione dei palestinesi come cittadini israeliani.

Nel dialogo con gli Stati Uniti, ha affrontato il tema dell’"erosione del sostegno a Israele", affermando che si tratta di un problema interno agli USA. "C’è un problema che l’America ha. Non è un problema che ha Israele", ha detto.

Infine, il primo ministro ha parlato del suo futuro politico, affermando che rimarrà in carica finché crederà di poter guidare Israele verso un "futuro sicuro e prospero", pur riconoscendo che sarà il popolo a decidere il suo destino politico.

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