Cos’è l’agenzia Usaid e perché se Trump la elimina crolleranno progetti umanitari in tutto il mondo
Uno dei bersagli finiti nel mirino dell'amministrazione Trump negli ultimi giorni è Usaid. L'Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, fondata nel 1961 dal presidente John F. Kennedy, è l'organo indipendente che gestisce i finanziamenti pubblici dedicati dagli Usa ai programmi di aiuto allo sviluppo nel mondo. In sostanza, quindi, i fondi di Usaid vanno a progetti umanitari in moltissimi Paesi, e spesso lo fanno finanziando organizzazioni internazionali, come l'Unicef o l'Oms.
Ma ora Donald Trump ha annunciato che ci saranno grossi cambiamenti. Il suo consigliere di fiducia Elon Musk (a capo del dipartimento dedicato al taglio dei fondi federali, Doge) ha detto che l'obiettivo è quello di cancellare del tutto l'agenzia. Fanpage.it ha contattato Silvia Stilli, presidente di Aoi (Associazione delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale), rete di cui fanno parte moltissime Ong e associazioni italiane. Stilli ha spiegato quali potrebbero essere le conseguenze se Usaid sparisse, e quale è già in atto ora che i fondi sono stati sospesi: il blocco di moltissimi progetti umanitari nel mondo.
Cosa fa Usaid e quando è nata
L'agenzia Usaid è nata nel 1961 durante l'amministrazione di John Fitzgerald Kennedy. L'obiettivo era quello di unificare i vari programmi di aiuti esteri portati avanti dagli Stati Uniti, che negli anni avevano incluso anche il Piano Marshall rivolto all'Europa nel secondo dopoguerra. Per oltre sessant'anni, da allora, l'agenzia indipendente ha gestito i fondi messi a disposizione dagli Stati Uniti per sostenere progetti di sviluppo in altri Paesi.
Dagli anni Novanta in poi, Usaid si è concentrata molto sui programmi sanitari, con una forte spinta nel contrasto all'Hiv e l'Aids. Anche negli anni della pandemia da Covid-19 i finanziamenti si sono concentrati su questo tema (con aiuti anche all'Italia). Di recente invece la priorità è andata agli aiuti umanitari: nell'anno fiscale 2023, Usaid ha erogato quasi 45 miliardi di euro in 130 Paesi, e al primo posto tra i Paesi che hanno visto la maggiore affluenza di fondi c'era l'Ucraina. Seguivano l'Etiopia, la Giordania, la Repubblica democratica del Congo e la Somalia.
Oggi l'agenzia ha più di 10mila collaboratori, la maggior parte dei quali lavora al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2024, ha fornito il 42% di tutti gli aiuti umanitari monitorati dall'Onu.
Perché Donald Trump la vuole eliminare
Fin dal giorno dopo il insediamento, Donald Trump con un ordine esecutivo ha congelato gli aiuti internazionali erogati dagli Stati Uniti per un periodo di novanta giorni, dicendo che il governo valuterà quali confermare e quali no. Il blocco ha riguardato anche Usaid, che ha dovuto sospendere le sue operazioni.
Negli scorsi giorni, l'attacco all'agenzia è diventato esplicito. Nel corso del fine settimana, Elon Musk ha attaccato Usaid con numerosi tweet, definendola "un'organizzazione criminale" che ha usato i fondi per "sostenere politiche di estrema sinistra in giro per il mondo" ed è "ormai irrecuperabile". Domenica, Trump ha detto che l'agenzia "è gestita da un gruppo di pazzi estremisti di sinistra radicali", aggiungendo: "Li faremo andar via e poi prenderemo una decisione". Tagliare i fondi all'agenzia servirebbe per far risparmiare il governo, limitando la spesa pubblica su un ambito – quello degli aiuti umanitari – che non è ritenuto una priorità.
Lunedì, molti funzionari sono stati messi in congedo e Usaid è stata accusata di aver cercato di aggirare il blocco dei finanziamenti. Quando alcuni rappresentanti di Doge (il dipartimento di Musk) hanno cercato di accedere agli uffici dell'agenzia per ottenere alcuni documenti, due dirigenti incaricati della sicurezza li hanno fermati: in tutta risposta, sono stati sospesi. Ai dipendenti della sede centrale di Washington sempre lunedì è stato chiesto di lavorare da casa. Stando a quanto riportato da alcune persone che sarebbero comunque andate sul posto, dalla sede sarebbero già state rimosse le insegne di Usaid.
Nel frattempo il segretario di Stato Marco Rubio è stato nominato temporaneamente direttore dall'agenzia, e ha detto che le sue attività subiranno una "potenziale riorganizzazione". Ad oggi il sito di Usaid è inaccessibile, sostituito da una semplice pagina sul sito del dipartimento di Stato.
Cosa succede con lo stop ai fondi di Usaid
Già con il primo stop – per adesso temporaneo – ai fondi, molte associazioni si sono ritrovate in difficoltà. Silvia Stilli ha detto a Fanpage.it che "Anche le associazioni aderenti all'Aoi in larga parte subiscono le conseguenze dello stop, perché gestiscono progetti dell'Unicef che negli ultimi giorni sono stati bloccati. Parliamo di Paesi come Iraq, Libano, Stati latinoamericani".
Come detto, molti dei fondi di Usaid vanno a organizzazioni come l'Unicef. "Unicef in tutto il mondo si concentra sui vaccini per i minori, sulla malnutrizione, sulla salute e l'educazione dei bambini". Con il blocco dei finanziamenti "crollano interi programmi che avevano un impegno previsto pluriennale". E non solo per l'Unicef, ma "anche per l'organizzazione mondiale della sanità, per citarne un'altra", e per molti altri enti.
Lunedì l'Onu, secondo quanto riportato dal portale specializzato Devex, avrebbe svolto un sondaggio riservato tra le sue agenzie. Quasi venti di queste – tra cui Oms e Unicef, ma anche il Programma alimentare mondiale – avrebbero riportato di aver subito effetti "pesanti" o quantomeno "moderati" dal taglio. L'Oim (Organizzazione mondiale per le migrazioni e il programma Onu per Hiv e Aids avrebbero segnalato i danni maggiori. Tra le possibili conseguenze, ci sarebbe anche una maggiore difficoltà a mantenere il cessate il fuoco a Gaza a causa della carenza di aiuti umanitari.
Spariscono gli aiuti alle donne che hanno subito violenza in Siria
Come detto, "non solo i fondi di Usaid sono stati bloccati", ma tutti gli aiuti esteri erogati dagli Usa. Un esempio raccontato da Stilli: "Un'Ong che è associata a noi stava lavorando in Perù insieme a una grande organizzazione ambientalista: in quel progetto un finanziamento importante arrivava da Forest, il Servizio forestale degli Stati Uniti, per un intervento su forestazione e tutela ambientale".
E ancora. Nel Nordest della Siria "ci sono organizzazioni consorziate, tra cui anche alcune italiane, che avevano un progetto importante che coinvolgeva anche la Mezzaluna rossa curda, ad esempio. Programmi sociali per le donne e le bambine sopravvissute alla violenza di genere, case di accoglienza e quant'altro. Ma anche qui sono stati bloccati i finanziamenti. La situazione è veramente drammatica".
Peraltro, per quanto riguarda la Siria, un rilevamento effettuato la scorsa settimana dal coordinamento di Ong internazionali che operano nel Paese – che Fanpage ha potuto visionare – ha osservato già nove organizzazioni avevano dovuto sospendere le proprie operazioni. D'altra parte, su 38 Ong presenti, 23 riportavano di aver ricevuto fondi statunitensi. Una serie di finanziamenti nel settore della protezione umanitaria (9 sulle 19 attive), della sicurezza alimentare (8 su 18) dell'assistenza sanitaria (4 su 10) e dell'educazione (3 su 4), tra le altre cose, avevano già ricevuto l'ordine di sospensione.
Anche le Ong italiane coinvolte, si muove il ministero degli Esteri
A quanto pare, di fronte alla prospettiva di un taglio definitivo degli aiuti statunitensi anche il governo italiano sta cercando di prendere contromisure. Secondo quanto raccontato da Stilli a Fanpage, infatti, il ministero degli Esteri guidato da Antonio Tajani ha chiesto di effettuare un monitoraggio complessivo per stabilire quante organizzazioni italiane saranno danneggiate direttamente dal blocco dei fondi. Lo scopo non è ancora chiaro: potrebbe essere un primo paso per chiedere agli Usa di adottare una linea meno drastica, oppure per intervenire e garantirne in qualche modo l'operatività.
"Si parla di dieci Ong", tra quelle associate ad Aoi. "Operano in Paesi che vanno dall'Ecuador alla Libia, dall'Iraq al Madagascar e all'Etiopia". Il valore complessivo dei progetti "è pari ad almeno sette, otto milioni di euro. Per tutti questi per ora le tranche di fondi sono bloccati, e si è chiesto quindi anche di fermare le attività". E non bisogna farsi ingannare dal linguaggio tecnico legato a organizzazioni e finanziamenti: "Bloccare le attività significa bloccare vaccinazioni contro malattie pericolose per i minori, bloccare l'assistenza ai bambini rifugiati, bloccare interventi di sviluppo in una comunità. E si parla di programmi che avevano una previsione di cinque anni, non di uno solo".
Perché cancellare Usaid danneggerebbe anche gli Stati Uniti
La fine dei finanziamenti di Usaid, peraltro, potrebbe finire per ritorcersi contro gli stessi Stati Uniti. E avere effetti dannosi proprio in uno dei settori che infiammano di più l'amministrazione Trump: le migrazioni. "Se si vogliono fermare le migrazioni dai Paesi più poveri, bisogna intervenire sulle cause". Anche nell'area sudamericana, come nel resto del mondo, "gli spostamenti avvengono perché in molti Paesi c'è una situazione economico-finanziaria gravissima, ci sono conflitti, catture e violenze".
Se spariscono gli aiuti in Ecuador, Nicaragua, Venezuela e così via, è naturale che sempre più persone saranno spinte a lasciare la propria casa. E il già citato rapporto Onu indica che circa proprio in America Latina "nel 30% dei Paesi si registrano possibili interruzioni nella fornitura di servizi essenziali in zone di migrazioni e assistenza ai rifugiati".
Ormai, ha detto Stilli, si è ribaltato uno degli slogan più in voga della destra contraria alle migrazioni: "Un tempo si diceva ‘aiutiamoli a casa loro‘, adesso è diventato ‘respingiamoli al loro destino e non aiutiamoli più a casa loro'. Questo però, da sempre, non crea sicurezza. Dall'instabilità, dalla fame, dalle pandemie, dalle violenze e la malnutrizione nascono solo i conflitti e le guerre". La mossa di Trump sugli aiuti umanitari "è un disastro esponenziale. Ci pone tutti in totale insicurezza. In primis i confini del suo enorme Paese".
Infine, c'è il punto di vista della politica estera. Anche mettendo da parte tutte le problematiche etiche e gli interessi sulle migrazioni, c'è il fatto che "in Africa già oggi ci sono Paesi come il Burkina, il Mali, il Niger che hanno deciso che non ne vogliano più sapere della Francia e dell'Europa, e che sempre più ricevono ‘aiuti' dalla Cina e dalla Russia". Dunque, "Trump potrebbe ragionare sul fatto di non lasciare sotto l'influenza russa o cinese questi Paesi". Anche i cambiamenti climatici "continuano a generare conflitti, deforestazione, fino all'esaurimento delle risorse" e anche su questo gli Stati Uniti si tirano indietro: "Fa il pari con la politica di Trump sulle energie rinnovabili e gli accordi internazionali sul clima". A questo punto, una domanda resta: "L'Europa che cosa vuole dire?".