Cosa vuole la Cina dall’Europa per convincere Putin alla pace in Ucraina
Venerdì scorso, 1 aprile, la Presidente della Commissione Von der Leyen, il Presidente del Consiglio europeo Michel e l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Borrell si sono confrontati prima con il premier cinese Li Keqiang e in seguito con il Presidente Xi Jinping. Il summit è di per sé un grande passo avanti nel rapporto tra due grandi potenze che hanno molto da recuperare. L’evento fu infatti annullato lo scorso anno e non per via della pandemia, così come fu rimandata la rettifica di importanti accordi commerciali come il CAI (Comprehensive Agreement on Investment).
Il freddo clima pre-summit
I motivi riguardano prevalentemente una crescita delle tensioni tra Usa e Cina, a partire già dalla presidenza Trump. Secondo le parole di un ex ufficiale tedesco riportate dalla CGTN, emittente cinese globale, “nella firma del CAI le sanzioni e le pressioni americane hanno influenzato le negoziazioni”. Negli ultimi due anni, la situazione dei diritti umani nello Xinjiang e la militarizzazione nel Mar cinese, hanno poi portato una serie di reciproche sanzioni tra le due potenze. A febbraio, Pechino ha sospeso le importazioni dalla Lituania – la quale lo scorso anno aveva aperto di fatto un'ambasciata taiwanese a Vilnius – colpendo direttamente il mercato dell’Unione.
Inoltre, la chiamata tra i leader segue l’incontro sull’Afghanistan tra il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov e il suo omologo cinese Wang Yi, in cui quest’ultimo ha dichiarato che: “la relazione tra Cina e Russia ha resistito al cambiamento della situazione internazionale” e che “entrambe le parti sono determinate a sviluppare ulteriormente le relazioni bilaterali in diversi ambiti”.
Il summit: “La reputazione della Cina è a rischio”
È ormai un vecchio adagio dei sinologi e dei cultori di relazioni con la Cina, paragonare l’atteggiamento occidentale all’assertività degli scacchi, e quello cinese alla strategia di accerchiamento del weiqi. Anche in questo caso, l’Europa ha provato a stanare la Cina, lei ci ha girato intorno. Se infatti, Pechino “non deve chiudere gli occhi sulla violazione della legge internazionale”, l’Europa “deve considerare i timori russi sull’espansione della Nato”.
Tra i diversi argomenti trattati, il maggior clima di cooperazione si è intravisto per la crisi sanitaria e quella ambientale, per il resto, e in particolare per il conflitto, il dialogo è stato “aperto e franco”. Von der Leyen ha ribadito la necessità per la Cina di prendersi le sue responsabilità, a maggior ragione come membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu. “La reputazione della Cina è a rischio” ha proseguito, e "il non rispetto delle leggi internazionali" e degli accordi incrina “l’affidabilità per decisioni a lungo termine”. Ci si riferisce alle relazioni bilaterali sino-europee che, come sottolineato dalla Presidente della Commissione, valgono sei volte gli scambi con la Russia. Infine, la Presidente ha chiesto a Pechino la rimozione delle sanzioni alla Lituania e agli ufficiali coinvolti nella questione dello Xinjiang.
La visione cinese: l'Ue più indipendente è l’Ue più forte
La nota ufficiale cinese, invece, oltre ad essere notevolmente più concisa è anche più distesa. Parte infatti dal rivangare un dolce passato ricordando le visite di Xi in Europa di otto anni fa. I cinesi sottolineano come nulla sia cambiato tra Europa e Cina: oggi come allora le relazioni continuino a crescere. “Dobbiamo fronteggiare l’instabilità globale” ha affermato il Presidente Xi, “con la stabilità delle relazioni sino-europee”. Allo stesso modo, i leader cinesi hanno invitato gli Europei ad avere una visione più indipendente della Cina.
Leggendo tra le righe, tuttavia, si possono notare interessanti sfumature. Nonostante Pechino si sforzi di far apparire le relazioni immutate, le differenze sono evidenti. Una simile allusione è un chiaro messaggio, poi ribadito più direttamente dai media statali, di come per la Cina, ciò che è cambiato nel rapporto con l’Ue, non dipende tanto da Bruxelles quanto da Washington. Una “visione più indipendente” della Cina significa infatti una politica estera più autonoma dagli Usa e dalla Nato. Una questione, la seguente, al centro del dibattito europeo sulla difesa militare comune, che doterebbe l’Ue di un esercito proprio e, soprattutto, di una propria politica estera condivisa, non frammentata o totalmente dipendente da Biden. Il problema di una simile azione, tuttavia, non risiede solo nel pericolo di incrinare troppo le relazioni con gli Usa, ma nel fatto che, anche prescindendo da essi, l’Ue ne condivide il retaggio culturale e politico in tal misura che porterebbe avanti comunque simili rivendicazioni.
Piedi in due scarpe ma con le mani legate
Secondo quanto riportato dal Global Times, edizione inglese del Quotidiano del Popolo, “ore prima dell’incontro di venerdì, gli analisti cinesi hanno espresso scetticismo sulle relazioni Cina-Ue intrappolate dalla crisi ucraina. L’Europa – continua il quotidiano cinese, – non deve più essere ostaggio della politica estera americana, perché ciò finirà per ostacolare enormemente i suoi stessi interessi, complicando la ripresa economica, il benessere delle persone e la ricerca dell’indipendenza strategica”.
Una questione che, come ribadito da Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli esteri, per i cinesi è attualmente un approccio “amici o nemici” da Guerra Fredda. Gli europei parlano di rispettare gli accordi e, per gli analisti cinesi, non c’è nulla di male nel commercio tra due partner che si sono accordati, anche qualora si trattasse di armi. “Il cosiddetto ‘aiuto armato’ è disinformazione”, è considerato un'imposizione unilaterale all’economia cinese. Anche qualora la Cina mandasse armi alla Russia non sarebbe considerato da Pechino come un aiuto, ma come un normale scambio commerciale. Nonostante ciò, come scritto qui su Fanpage nei resoconti delle settimane scorse, Pechino ha i piedi in due scarpe ma anche le mani legate. Perciò pare ancora improbabile che mandi armamenti a Mosca, per lo meno non nel breve periodo e non senza conseguenze importanti.
La crisi ucraina tra Ue e Cina: problema o opportunità?
Secondo Amanda Hsiao, analista dell International Crisis Group,"ciò che la Cina vuole dal Summit è che l’Europa capisca che la sua posizione sulla crisi ucraina non deve influenzare il futuro delle relazioni tra i due Paesi”. Il fatto è che finora la crisi ucraina non ha allontanato Cina e Ue, anzi, le ha fatte avvicinare maggiormente rispetto alla piega intrapresa negli ultimi anni. In breve, negli ultimi decenni, la Cina ha sempre voluto un'Europa forte in grado di essere più autonoma da Usa e Nato. Per questo, per Pechino, se l’Ue vuole che la Cina sia più indipendente dalla Russia e faccia pressioni su Putin per ridurre la sua espansione militare, allora l’Europa deve essere in grado di essere più indipendente dagli Usa, e fare pressioni per ridurre l’espansione Nato. Come riportato anche dal Financial Times, gli stessi governi ucraini e russi, nelle ultime negoziazioni, si sono mostrati aperti alla possibilità di non progredire con l’integrazione Nato di Kiev, ma solo con quella europea.
La chiave per il futuro delle relazioni sino-europee e per il conflitto ucraino, sembra risiedere dunque in questo dilemma. Non serve tanto rinnegare l’alleanza atlantica, ma uscire dalla narrazione atlantista quanto basta per comprendere che questa non è solo una sfida occidentale, ma prima di tutto europea. L’Europa rischia di rimanere schiacciata dalle decisioni di altri colossi, mentre dev’essere protagonista nella salvaguardia del proprio interesse vitale, che per quanto vicino agli Usa, ha delle differenza importanti. La principale: per l’Ue e la Russia, la crisi ucraina è una sfida esistenziale, per gli Usa e la Cina non lo è. Per loro la contesa è nel Pacifico, un luogo tanto lontano e sconosciuto da un italiano in questo momento, quanto l’Ucraina lo è per un cinese o un americano.