Cosa vuole davvero Putin, i possibili scenari della crisi ucraina secondo Paolo Magri (Ispi)
Resta alta la tensione tra Russia ed Ucraina all'indomani del riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass da parte di Vladimir Putin. In attesa di scoprire le sanzioni contro Mosca, il presidente russo è tornato a ribadire che la soluzione della crisi in atto è "che l'Ucraina rinunci spontaneamente all'adesione alla Nato". Ma cosa vuole realmente Putin e quali sono gli scenari che ci si presentano davanti? Fanpage.it lo ha chiesto a Paolo Magri, vicepresidente dell'Istituto per gli Studi Internazionali (Ispi).
Dott. Magri, quali sono gli scenari della crisi russo-ucraina dopo le ultime mosse di Putin?
"C'è uno scenario che potremmo definire minimale ed è quello per il quale Putin riconosce, come ha fatto, questi territori che erano contesi, sostituisce le truppe con dei soldati veri e propri di Mosca, che vengono presentati come forza di pace e con questa operazione mette fine alle prospettive dell'Ucraina di entrare nella Nato. Sappiamo infatti che se in un Paese che vuole far parte dell'Alleanza c'è un territorio conteso l'ingresso non è possibile. Dovremmo domandarci come reagiranno l'Europa e l'America. È una piccola invasione e quindi ci saranno piccole sanzioni? O ce ne saranno di più grandi e di conseguenza dovremmo aspettarci grandi reazioni da Mosca? Questo è il tema del giorno su cui si stanno interrogando le cancellerie. Gli americani oggi hanno parlato per la prima volta di invasione, il che fa pensare a sanzioni comunque dure ma vedremo".
Il secondo?
"È lo scenario meno positivo, per il quale, come sta già emergendo nelle ultime ore, questo riconoscimento non riguarda solo i territori del Donbass che già sono controllati dai filorussi, ma include tutta la Regione, cioè anche le aree dove ci sono le forze ucraine che sono lì a difendere quella parte che non è considerata filorussa. Potrebbe dunque esserci una reazione ucraina o una serie di incidenti che possono portare ad una deflagrazione, ad un conflitto vero e proprio, il che potrebbe essere la scusa per la Russia per avanzare oltre il Donbass. A quel punto sicuramente siamo in una crisi molto più pesante. Abbiamo ancora molti punti di domanda".
La via della diplomazia può essere ancora percorsa?
"È presto per chiuderla con la via diplomatica, ma è anche presto per dire che ci sono delle chance, perché dipende dalla risoluzione di una serie di ambiguità. Dove è il confine del territorio riconosciuto dalla Russia? Fa una grande differenza dire se sono solo i territori in mano ai russi o se si tratta di tutto il Donbass. Ma dipenderà anche dall'entità delle sanzioni imposte. Se queste ultime fossero molto dure la Russia potrebbe chiudersi a riccio e ridurre lo spiraglio di risoluzione pacifica della questione".
Secondo lei, dove vuole arrivare Putin?
"È questa la domanda che dobbiamo porci. Quale l'obiettivo a lungo termine di Putin? Andare allo contro complessivo? Ma con quali costi militari ed economici? Questo è presto per capirlo, dipenderà dai prossimi giorni. Ritornando alla domanda precedente, la porta non è chiusa alla diplomazia ma non è neppure spalancata. Dobbiamo essere realisti: il riconoscimento del Donbass è la negazione degli sforzi diplomatici degli ultimi 8 anni costruiti attorno agli accordi di Minsk. Saranno decisive le prossime ore e i prossimi passi".
Quale il peso delle sanzioni su Paesi europei e sull'Italia?
"L'Europa sta già pagando da mesi sanzioni implicite russe. Non solo si è moltiplicato per 5 il prezzo del gas, ma con il crescere della crisi, aumenta anche il costo del petrolio. Se introducessimo sanzioni pesanti ,tra cui per noi quella di chiudere il rubinetto del gas e petrolio russo, la prima conseguenza sarebbe avere proprio petrolio e gas a prezzi altissimi, e ci ritroveremmo in una crisi energetica senza precedenti, molto più difficile di quella del 1973. Questo è un tema che dividerà i paesi sulle sanzioni".