Cosa succederà alle elezioni in Francia: gli scenari tra le scommesse di Macron e l’erede di Le Pen
Le elezioni europee hanno avuto l’effetto di un terremoto politico in Francia: è stata la sconfitta più pesante mai subita dal presidente francese, Emmanuel Macron, persino peggiore delle elezioni legislative che avevano relegato il suo partito, Renaissance, a una maggioranza relativa nell’Assemblea nazionale. Il trionfo del Rassemblement National di Marine Le Pen lo scorso 9 giungo ha costretto l’inquilino dell’Eliseo, al potere dal 2017 e confermato nel 2022 contro la stessa Le Pen, a una mossa a sorpresa: sciogliere l’Assemblea e tornare a elezioni a strettissimo giro. Si voterà nell’arco di due domeniche, il 30 giugno per il primo turno e il 7 luglio per il secondo. I risultati sono incerti, ma gli scenari e la strategia di Macron sono elementi più chiari, almeno per chi conosce bene la Francia e il suo presidente.
Eric Joszef è il corrispondente a Roma del quotidiano della sinistra francese Libération da trent’anni. In queste elezioni europee ha offerto la sua candidatura in Italia a Stati Uniti d’Europa che, se avesse superato la soglia di sbarramento, avrebbe fatto parte della stessa famiglia europea di Emmanuel Macron, ovvero i liberali di Renew Europe: "Macron ha un grosso problema, cioè che non può essere rieletto: per motivi strutturali deve pensare a ciò che verrà dopo di lui. Ha provato a spostare la sua agenda politica nettamente a destra, ma così facendo non ha “rubato” consensi ai Repubblicani gollisti, né tanto meno al Rassemblement National. In compenso ha perso voti a sinistra – ha spiegato Joszef a Fanpage – Con tutti gli attacchi che subisce da entrambe le parti, queste elezioni sono diventate un referendum su di lui. E l’ha perso".
Il motivo del successo del Rassemblement National, secondo Joszef, non riguardano l’onda di estrema destra né la popolarità delle ricette che propone. Semplicemente, è l’unica a non aver governato: "Gli elettori francesi hanno votato la destra, poi la sinistra, poi né l’una né l’altra con Macron – ha continuato Joszef – Rimane solo l’estrema destra del RN da provare, un po’ com’è stato per Giorgia Meloni in Italia. E come Fratelli d’Italia, il partito ha cambiato faccia, anche se non ha cambiato hardware". Candidature di figure "competenti", come l’ex capo di Frontex Fabrice Leggeri, vanno lette in questo senso: "Hanno ridipinto la vecchia casa".
Le tre carte di Macron: quali sono gli scenari dopo le elezioni
Per il presidente la chiamata alle elezioni legislative è stato un modo per aprire a scenari diversi dalla semplice sconfitta. Secondo Joszef, ci sono tre possibilità: "Primo, la grande scommessa di Macron: lo shock del successo del Rassemblement National porta a una mobilitazione dei cittadini e si crea un "fronte repubblicano" – ha spiegato il corrispondente – Questa ipotesi era possibile sino a ieri". Joszef fa riferimento alla scelta del leader dei gollisti Eric Ciotti, contestatissima anche all’interno dello stesso partito, di annunciare un’alleanza con il RN e Marine Le Pen: "Da una parte c’è questa spaccatura nei Républicains, dall’altra la sinistra si sta ricompattando in un "fronte popolare". L’idea di un fronte repubblicano che isoli estrema destra ed estrema sinistra sta saltando".
Poi c’è la vittoria del Rassemblement National, che è un altro scenario su cui Macron, paradossalmente, scommette: "In questo caso può giocare due carte: la prima, pericolosissima, è rimanere presidente mentre governa il RN. La storia politica dice che una "coabitazione" tra presidente e premier di segno politico opposto di solito favorisce l’Eliseo: l’abbiamo visto con François Mitterrand e Jacques Chirac, e poi con lo stesso Chirac e il socialista Lionel Jospin”. Ma perché è pericolosa questa soluzione? "Perché una vittoria di Le Pen creerebbe gravissime tensioni nel Paese – ha continuato Joszef – Il tentativo di indebolire il Rassemblement National con qualche anno a Matignon (residenza del primo ministro, ndr) per impedirle di andare all’Eliseo, in realtà, potrebbe rafforzarla".
Infine la terza ipotesi, lo stallo: "Potrebbe non esserci una maggioranza e Le Pen, che aveva chiesto a gran voce l’elezione e che l’ha ottenuta – ha spiegato il giornalista – a dimostrerebbe di non essere in grado di vincerle e avremmo un po’ guadagnato del tempo".
Chi è Jordan Bardella, il nuovo volto della politica francese
Jordan Bardella è il presidente del Rassemblement National. La leader de facto Marine Le Pen gli ha lasciato sempre più spazio negli ultimi anni e non è strano che a dicembre 2023, al raduno dei sovranisti a Firenze, ci fosse lui a rappresentare il partito: "Bardella è entrato giovanissimo nel Front National, poi Rassemblement National – ha raccontato Joszef – Nato nelle periferie di Parigi, è molto vicino alla famiglia Le Pen, ma si è capito che c'era bisogno di rinnovare: il nome Le Pen in Francia è ancora uno stigma. Jean-Marie Le Pen è stato torturatore in Algeria, era vicino a degli ex SS, era antisemita… Non è facile cancellare questo passato. Bardella è un nuovo nome, una nuova faccia, ma allo stesso modo deve tutto a Marine Le Pen, quindi non viene dall’interno del partito a contestarle la leadership. Abile mediaticamente, vuoto intellettualmente: è perfetto per il Rassemblement National".
Bardella fa parte della nuova ondata di giovani della politica francese: "Come dicevo, si è provato già un po’ di tutto: la destra con Sarkozy, la sinistra con Hollande, né destra né sinistra con Macron. C’è bisogno di formare sempre offerte politiche nuove, perché nonostante i poteri del presidente in Francia c’è un’incapacità strutturale a governare – ha chiarito Joszef – C’è stato un breve istante in cui sembrava fosse il momento delle donne: alle scorse elezioni erano candidate anche l’ex leader gollista Valerie Pécresse e la sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo. Ora c’è la moda del "giovane": Macron ha preso Gabriel Attal (l’attuale primo ministro, ndr), Le Pen ha preso Bardella". Il "delfino" del Rassemblement National, come dichiarato da Marine Le Pen, sarebbe primo ministro in caso di vittoria dell'estrema destra alle elezioni.