Cosa sta succedendo in Venezuela e perché Maduro è accusato di aver commesso brogli elettorali
Chi dovrebbe essere oggi il legittimo presidente del Venezuela? Nicolas Maduro, ex sindacalista ed "erede" politico di Hugo Chavez, che governa ininterrottamente da dieci anni il Paese sudamericano e che ha regolarmente vinto tutte le elezioni che si sono svolte prima del 28 luglio scorso? Oppure Edmundo González Urrutia, che dopo una brillante carriera da diplomatico si è candidato come leader dell'opposizione, e che lo scorso sabato è partito da Caracas a bordo di un aereo militare spagnolo, diretto a Madrid per un esilio senza ritorno?
È la domanda che si pongono in molti da un mese e mezzo a questa parte. All'indomani delle elezioni, infatti, Maduro è stato proclamato vincitore con il 52 per cento dei consensi, ma ciò è avvenuto nonostante l’opposizione abbia mostrato dei dati provenienti dai seggi elettorali secondo cui González avrebbe ottenuto quasi il doppio dei voti rispetto all’avversario. Ad alimentare il sospetto che siano stati commessi brogli il fatto che il leader post-chavista non abbia mai prodotto alcuna prova della sua presunta vittoria. Per fare chiarezza su quello che è accaduto Fanpage.it ha interpellato il professor Gennaro Carotenuto, storico ed esperto di America Latina.
Professore, lei è noto in ambito accademico per aver sempre osservato con attenzione il fenomeno del chavismo in Venezuela, anche elogiandone alcuni aspetti. Eppure ha espresso aspre critiche rispetto all'esito delle ultime elezioni. Come mai?
Le elezioni si sono svolte regolarmente e i cittadini venezuelani sono andati regolarmente alle urne dando tutti una dimostrazione di civismo. Solo dopo è stata commessa una frode elettorale che ha impedito di conoscere i risultati del voto, e voglio essere molto chiaro: questa frode è da imputare completamente a Nicolas Maduro e al suo governo.
Cosa intende per "frode"? Sono stati compiuti dei brogli elettorali?
Quando si parla di "brogli" generalmente si pensa alla manipolazione delle schede elettorali: cioè, si immagina che in una data urna ci fossero 100 voti per il partito "x", ma che questi voti siano "magicamente" diventati 50. In Venezuela non è accaduto questo: sono invece stati fatti sparire del tutto i risultati elettorali. Il Comitato Nazionale Elettorale (CNE), ente che fa capo al governo, non ha mai pubblicato i risultati, così oggi noi non sappiamo nel tal seggio e nel tal stato venezuelano quanti voti siano andati ai singoli candidati. Lo scorso 28 luglio, intorno all'una di notte in Venezuela, il CNE ha fornito un solo dato che parlava di 5,5 milioni di voti a Maduro e circa 4,6 milioni a Edmundo Gonzales. E questo è stato l'unico dato pubblicato, dopodiché il sito del CNE è andato offline e lo è tuttora, dopo oltre un mese.
E in che modo sarebbe stata commessa la frode da parte di Maduro e dei suoi?
Il dato diffuso dal CNE ne contraddice un altro, diffuso dallo stesso ente poche ore prima, che parlava di circa 12,6 milioni di voti espressi. Mancano quindi all'appello circa 3 milioni di voti. È ragionevole supporre che vadano aggiunti a quelli del candidato delle opposizioni Edmundo González. Dico "presumibilmente" perché secondo tutti quelli che come me studiano da molti anni le questioni venezuelane e latino-americane il chavismo poteva contare al massimo su 5,5 milioni e mezzo di voti, che è il bacino di consenso che ha Maduro. È un consenso che esiste, ma difficilmente può superare quel numero che già dilapida il consenso di Chávez che arrivava a 8,2 milioni. Ora, dal momento che i voti sono stati certamente 12,6 milioni, la matematica ci dice che quelli andati a Edmundo González devono essere oltre 7 milioni.
Insomma, se così fosse González avrebbe effettivamente vinto le elezioni venezuelane…
È presumibile pensare che González abbia vinto, come sono inclini a riconoscere molti governi del mondo. D'altra parte però non abbiamo la controprova essendo stati fatti sparire i dati, e come se non bastasse nel frattempo il leader dell'opposizione, incriminato dalla magistratura per crimini che è difficile imputargli, è stato costretto a chiedere asilo politico in Spagna. È impensabile che possa governare un Paese complesso come il Venezuela da Madrid. Siamo già passati pochi anni fa dal caso di Juan Guaidó, una pagliacciata a suo tempo messa in piedi da Trump e dal segretario generale dell'organizzazione degli stati americani Luis Almagro che costò alle casse del Venezuela come minimo 40 miliardi di dollari, secondo il Financial Times. Tutti soldi che vennero letteralmente rubati dall'opposizione venezuelana. Ed è per questo che stavolta gli Stati Uniti hanno tenuto un profilo molto basso: hanno capito che gli oppositori di Maduro non solo sono politicamente divisi, ma sono anche corrotti almeno quanto il leader venezuelano e dei suoi collaboratori.
Insomma, i conti non tornano e i pochi dati emersi dicono che González avrebbe vinto le elezioni. Ma perché Maduro non ammette serenamente la sconfitta?
Perché il suo è un regime personale, sebbene si rappresenti come socialista e come il legittimo prosecutore della rivoluzione bolivariana intrapresa dal suo predecessore, Hugo Chavez.
A questo punto come se ne esce? Si va prima possibile a nuove elezioni, come suggerisce Lula?
Quella del ritorno al voto è la proposta di due grandissimi dirigenti politici della sinistra sudamericana, ovvero Lula Da Silva e Gustavo Pedro, rispettivamente presidenti del Brasile – la grande potenza regionale – e della Colombia – Paese fino a un paio di secoli fa tutt'uno col Venezuela. Ebbene, nonostante le critiche mosse in queste settimane né Lula né Pedro hanno intenzione di rompere definitivamente con Maduro. Tra i critici c'era inizialmente anche il leader messicano López Obrador, che però non si è ufficialmente associato alla richiesta di nuove elezioni e potrebbe andare verso un riconoscimento formale di Maduro. Non solo: ci sono due membri su cinque con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ovvero Russia e Cina, e difficilmente volteranno le spalle al leader venezuelano. Insomma, dal punto di vista diplomatico la questione è estremamente complessa; è stato proposto anche un governo di coalizione composto da membri di maggioranza ed opposizione, ma mi sembra un'ipotesi difficilmente percorribile.
Nell'ultimo mese migliaia di cittadini venezuelani sono scesi in strada per protestare contro l'esito delle elezioni. Può, questa mobilitazione, cambiare le cose a Caracas?
Le proteste ci sono state e la repressione è stata inaccettabile. Le contestazioni però non sono state così forti da ribaltare la situazione. Intendiamoci, benché quello di Caracas non sia affatto un governo democratico, continuano ad esistere spazi di libertà per i suoi oppositori, che controllano anche giornali e televisioni che però vengono chiusi o ampliati a seconda della situazione. La situazione dunque è complessa e non so come se ne possa uscire. Di certo, Edmundo González era un candidato molto debole. Concentrarsi ora su un'altra figura dell'opposizione come quella di María Corina Machado è ancor più problematico e polarizzante in quanto estremista di destra vicina a Milei, Bolsonaro e Trump.
Durante la sua presidente del Venezuela, Hugo Chavez seppe mettere in campo politiche di redistribuzione della ricchezza a favore delle classi sociali più povere? Dopo la sua morte è subentrato Maduro. Ma quali sono le differenze tra questi due personaggi?
Maduro e Chavez sono personaggi imparagonabili. Innanzitutto si tratta di leader dalla statura politica molto diversa; poi l'epoca storica in cui governò Chavez fu quella di una grande ondata progressista in tutta l'America Latina. Negli anni zero del 2000 il Venezuela di Chavez era un paese economicamente in forte crescita, mentre negli ultimi anni si è registrata una crisi economica strutturale molto importante e un'iper-inflazione causata non solo dalle sanzioni statunitensi. Per quanto riguarda l'opposizione, invece, occorre stare attenti a non illudersi: parliamo di forze politiche che organizzarono il golpe del 2002 sostenuto da Bush e da Aznar, ma anche che idearono il famoso "paro petrolero" impedendo al Venezuela di vendere il proprio petrolio. Non dimentichiamo poi che l'opposizione venezuelana è estremamente violenta: mentre negli altri Paesi possiamo quasi sempre addebitare al governo i morti nelle manifestazioni di protesta, penso al caso del Nicaragua, o al Perù, in Venezuela non sempre è così: gli oppositori hanno spesso ingaggiato sicari per ammazzare manifestanti e poi dare la colpa alla polizia, e questo è accaduto in molteplici casi dal 2002 in poi. All'epoca di Guaidó – come accertò la stessa stampa statunitense – arrivarono a bruciare gli aiuti umanitari depositati in Colombia e da loro stessi raccolti, e anche stavolta lo scopo era incolpare Maduro. Attenzione, le responsabilità del governo sono sempre maggiori rispetto a quelle dell'opposizione, ma non possiamo negare che il quadro venezuelano sia complessivamente molto tenebroso, e che in quel Paese ogni semplificazione è profondamente sbagliata. Il profilo basso degli USA e la stessa attitudine del governo Sánchez che nelle ultime ore ha ricevuto Edmundo González alla Moncloa specificando di averlo fatto a fini umanitari e non politici testimonia quanto nessuno abbia una soluzione in tasca.