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Cosa sta succedendo in Venezuela dopo le elezioni e la conferma di Maduro

In Venezuela il risultato delle elezioni presidenziali – che hanno visto la vittoria ufficiale del presidente uscente Nicolás Maduro – ha scatenato le proteste dell’opposizione, che rivendica il successo. Mentre diversi Paesi chiedono che ci sia un riconteggio alla presenza di autorità internazionali, in diverse città – inclusa la capitale Caracas – ci sono stati disordini.
A cura di Luca Pons
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Sono ore complicate in Venezuela, dopo che le elezioni presidenziali hanno portato ufficialmente alla rielezione del presidente uscente Nicolás Maduro. Il risultato del voto è stato comunicato dal Consiglio elettorale nazionale per la prima volta quando mancava il conteggio del 20% dei voti, e l'esito sarebbe stato di un 51% dei voti a favore di Maduro contro un 44% per il suo principale sfidante, Edmundo González Urrutia. Percentuali ben lontane da quelle che i sondaggi avevano stimato nelle settimane prima del voto. Il governo di Maduro, in carica dal 2013, finora ha rifiutato un riconteggio delle schede alla presenza di autorità internazionali. Dopo l'annuncio del risultato ci sono state proteste in diverse città del Paese, inclusa la capitale Caracas.

I risultati ufficiali contestati dall'opposizione

L'opposizione, guidata da Marina Corina Machado – che non ha potuto candidarsi alle elezioni a causa di una decisione del Tribunale supremo di giustizia -, ha contestato il risultato ufficiale delle elezioni. Fin dalle prime ore dopo la chiusura dei seggi, la coalizione di González Urrutia ha affermato che il suo candidato era il nuovo "presidente eletto". Inizialmente ha detto di essere riuscita a consultare il 40% delle ricevute del voto elettronico, registrando un enorme vantaggio per il candidato dell'opposizione: il 70%. Questa stima poi è diventata più precisa: González Urrutia avrebbe preso 6,2 milioni di voti contro i 2,7 milioni per Maduro.

La richiesta è quella che ci sia un riconteggio manuale di tutte le schede. La stessa che proviene da diverse parti della comunità internazionale. Non solo gli Stati Uniti, l'Unione europea e le Nazioni unite, ma anche diversi leder dell'America Latina (tra cui il presidente del Cile Gabriel Boric, alla guida di un governo di sinistra) hanno chiesto maggiore trasparenza: finora il governo venezuelano non ha diffuso i risultati del conteggio seggio per seggio, ma solo il risultato complessivo.

Il presunto attacco hacker al sistema elettorale

Il governo di Maduro ha affermato che il motivo per cui il conteggio virtuale è stato così lento e ci è voluto così tanto tempo per avere un responso ufficiale sarebbe stato un attacco hacker al sistema elettorale. "Lo hanno fatto perché volevano impedire che il popolo del Venezuela avesse il suo risultato ufficiale. Per poter gridare quello che avevano preparato, ‘gridare alla frode'", ha dichiarato lo stesso Maduro.

Il procuratore generale Tarek William Saab ha affermato in una conferenza stampa che i "principali responsabili" di questo attacco hacker, proveniente dalla Macedonia del Nord, sarebbero tre esponenti dell'opposizione: Lester Toledo, Leopoldo Lopez (entrambi definiti ("fuggitivi dalla legge") e proprio Maria Corina Machado. Sempre Saab nelle ultime ore ha condiviso sui suoi profili social numerose immagini di persone arrestate dalle autorità, affermando che si tratti di "criminali" coinvolti in proteste o atti di vandalismo.

Proteste nelle strade di Caracas e altre città, scontri e arresti

Fin dalla sera delle elezioni nella capitale Caracas e nel resto del Paese sono partite numerose proteste. Machado ha affermato che Maduro dovrebbe "capire che è stato sconfitto", e che il suo allontanamento dal potere è "irreversibile". Nelle strade ci sarebbero stati scontri anche violenti con le forze di sicurezza e con milizie vicine a Maduro. Il presidente ha parlato di una "violenta contro-rivoluzione" ad opera di "criminali" e "fascisti", con il coordinamento degli Stati Uniti. Con il rischio di una "escalation di violenza" che porti l'opposizione al suo "sogno, la presa del potere".

Un'organizzazione venezuelana per i diritti umani, Foro Penal, ha parlato di 46 manifestanti arrestati e detenuti. Negli scontri scoppiati in molte città, ci sarebbero state almeno due vittime, secondo quanto confermato da El Pais. Ma l'entità dei disordini è ancora difficile da valutare. La Ong Provea (Programma venezuelano di educazione-azione sui diritti umani) ha riportato che le famiglie di 25 studenti hanno denunciato la loro scomparsa: i giovani avrebbero preso parte a una protesta davanti alla Universidad Nacional Experimental de la Seguridad a Caracas, dicendo di essere stati obbligati dal direttore a votare per Maduro.

Sui social sono apparse immagini di marce e contestazioni anche nelle comunità più povere del Paese. È stato riportato anche che un gruppo di protestanti avrebbe attaccato l'aeroporto internazionale di Maiquetía, a nord di Caracas, nella serata di lunedì, ed effettivamente risulta che almeno un aereo sia stato fatto atterrare in ritardo. In più, da tre città sono arrivate immagini di statute di Hugo Chávez abbattute; in un caso, la scultura sarebbe stata decapitata, la testa attaccata a una moto e trascinata in strada.

Per oggi pomeriggio – in Venezuela il fuso orario è di sei ore indietro rispetto all'Italia, quindi si parla della notte italiana – anche le forze che appoggiano Maduro hanno convocato una contro-protesta. L'obiettivo dichiarato è di mostrare il supporto popolare di cui gode il presidente. Non si può escludere, quindi, che ci siano nuove tensioni.

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