In Cecenia stanno ammazzando le persone gay, ma facciamo un passo indietro. Le prime notizie risalgono a qualche giorno fa, poi sono state smentite. Poi sono state confermate. Poi sono state smentite dal governo ceceno: "Impossibile, da noi i gay non esistono, e quindi non si possono perseguitare persone che non esistono". E qui le gambe hanno iniziato a tremare, perché quella smentita è stata la migliore conferma. Poi, non bastasse, il governo ha aggiunto: "Se ci fossero queste persone in Cecenia le forze dell'ordine non avrebbero bisogno di intervenire, perché i loro parenti li avrebbero già inviati in quei luoghi da cui non c'è ritorno".
Catturati, torturati, qualche volta uccisi, anche direttamente dalle famiglie; sempre cacciati da casa, perché avere un parente gay, in Cecenia, è visto come una macchia su tutta la famiglia allargata. Fratelli e sorelle di un uomo gay, dichiarato, avrebbero difficoltà a sposarsi perché la comunità marchierebbe la famiglia come corrotta, e quindi da evitare. La Cecenia ha una società ultra-tradizionale, basata su codici di comportamento familiare, clan, fedeltà e fede islamica.
Oggi si è saputo che il 3 aprile si è tenuta un riunione di 24 leader religiosi e oltre 15mila fedeli in cui è stata adottata una "risoluzione" che bolla come "insulto" alla "secolare cultura cecena" e "alla dignità dei suoi uomini" l'inchiesta sulle violenze ai gay e chiede "vendetta" contro i suoi autori, "dovunque essi si trovino". Cioè gli autori dell'inchiesta del giornale Novaya Gazeta, che ha portato alla luce le violenze del governo ceceno sui gay, vengono minacciati di morte. Il male sarebbe chi lo denuncia, quindi, non chi lo racconta.
Secondo il giornale Novaya Gazeta, che per primo ha denunciato la persecuzione, sono state almeno tre le persone gay uccise. Probabilmente, secondo i testimoni, molte di più. Semplicemente, non si sa. E nessuno di loro, di quelli picchiati, torturati, derisi, può contattare gli amici per chiedere "come stai?" o semplicemente "sei vivo?". Troppo pericoloso. Tutti i telefoni sono sotto controllo. Perché è così che funziona. Ne prendono uno, lo torturano e lo costringono a rivelare i nomi degli altri. Poi gli sequestrano il cellulare. Leggono i messaggi. Fissano con i suoi amici, obbligandolo a chiamarli, e all'appuntamento si presentano loro, in uniforme. Li prendono per una "detenzione non conforme" e attaccano loro delle fascette metalliche alle dita dei piedi a cui poi collegano dei morsetti con dei fili. Elettrici. E partono le scariche sul corpo. Una, due, tre. Per giorni. Riposo e ripetizione.
Se non urli, vengono altri e ti bastonano, con pezzi di legno o barre di metallo. Lo fanno per estorcere informazioni, ma anche come punizione. O, semplicemente, per divertirsi. Ridono. Vanno via. Ritornano. "Ci svegliano in piena notte, ridono, ci picchiano. Poi stop. Poi ci picchiano di nuovo, ridono ancora, dormiamo due ore, ci svegliano, ci picchiano". Per giorni. E qualcuno muore. Tutti gli altri non riescono neanche a pronunciare la parola "gay", come scrive il Guardian. Non ce la fanno perché il blocco emotivo che ti procura un Paese che cerca di ammazzarti, e prima ancora nega la tua esistenza, è troppo grande; noi, io, facciamo difficoltà anche a pensarla, una cosa del genere: la difficoltà a pronunciare quello che sei.
Questo articolo, che voi avete letto e io ho scritto, respira ogni volta che qualcuno lo legge. Si basa su dati e fatti raccontati dal Guardian, da alcune delle maggiori agenzie giornalistiche e ovviamente sull'inchiesta del Novaya Gazeta. Questo articolo vive se chi lo legge decide di farlo vivere, girare, commentare in Europa. Far sì che il "Vecchio continente" punti i fari dell'attenzione sulla Cecenia. Dipende da noi, dunque.