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Cosa sta accadendo tra Ruanda e Congo e perché la “guerra del coltan” ci riguarda tutti

Il conflitto in corso in Repubblica Democratica del Congo è causato dalla volontà dei ribelli di M23, sostenuti dal Ruanda, di controllare le miniere di coltan, il minerale più prezioso per l’industria verde e quella di smartphone e computer.
Intervista a Federico Donelli
Professore di Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste. Si occupa di politica e sicurezza del Medio Oriente e dell’Africa sub-sahariana.
A cura di Davide Falcioni
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Schiavi bambini impiegati in una miniera di coltan in Repubblica Democratica del Congo
Schiavi bambini impiegati in una miniera di coltan in Repubblica Democratica del Congo

Il dispositivo su cui state leggendo questo articolo, sia esso uno smartphone o un computer, contiene "tracce" di terra congolese: nello specifico poche decine di milligrammi di coltan, il "super minerale" indispensabile all'industria elettronica estratto ogni giorno in enormi quantità nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) da migliaia di schiavi, uomini donne e bambini costretti a trascorrere gran parte della loro vita in miniere pericolanti in cambio di un salario medio di pochi dollari al giorno.

In fondo è intorno a questa dinamica di sfruttamento, che riguarda anche noi "consumatori" con il telefonino sempre in mano, che va letta la crisi in corso in questi giorni in Repubblica Democratica del Congo, sterminato Paese dell'Africa centrale nei cui territori orientali, in particolare nella regione del Kivu, operano gruppi armati ribelli il cui scopo è controllare le riserve di coltan, trafugare carichi di minerale e immetterli sul mercato. Uno di quei gruppi, chiamato M23, è notoriamente finanziato dal Ruanda, piccolo Paese confinante con la RDC con cui l'Unione Europea ha stretti rapporti di collaborazione.

In cambio della possibilità di insediare lì impianti di raffinazione fondamentali allo sviluppo di tecnologie verdi, l'UE da anni sta chiudendo non uno, ma entrambi gli occhi sulle azioni del Ruanda nella vicina Repubblica Democratica del Congo. Fanpage.it ne ha parlato con Federico Donelli, professore di Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste. Donelli si occupa di politica e sicurezza del Medio Oriente e dell’Africa sub-sahariana.

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Gli scontri degli ultimi giorni affondano le radici nel tempo. Cosa è accaduto negli ultimi anni tra Repubblica Democratica del Congo (o RDC) e Ruanda?

C'è stato un momento in cui Ruanda, soprattutto grazie alle pressioni dei partner europei e americani, aveva alleggerito il sostegno al movimento ribelle M23, oggi responsabile del conflitto nell'area di Goma. Era il 2012 e in quell'occasione le forze armate della Repubblica Democratica del Congo riuscirono effettivamente a riconquistare terreno in un'area che – va chiarito – non è mai stata pienamente sotto il controllo del governo, visto che vi operano oltre ottanta movimenti armati ribelli, tutti interessati a mettere le mani sulle terre rare che si trovano nel sottosuolo. Cos'è cambiato negli ultimi anni? È cambiato che nel 2021 il Ruanda ha assunto una nuova posizione a livello di politica internazionale e si è legato molto ai Paesi europei, in particolare alla Francia che ne ha sostenuto – e tuttora sostiene – il dispiegamento di truppe nell’area di Cabo Delgado in Mozambico, dove la compagnia petrolifera Total ha da tempo investito nelle ingenti riserve di idrocarburi presenti a largo della costa. Negli ultimi anni, Parigi tra l'altro è riuscita ad ottenere dall'Unione Europea il finanziamento della missione ruandese in Mozambico, nell’ambito del European Peace Facility. La scelta di Bruxelles ha aumentato le incomprensioni e i problemi con la Repubblica Democratica del Congo.

Perché?

Kinshasa sostiene che una parte dei finanziamenti dell'Europa destinati alla missione del Ruanda in Mozambico venga in realtà dirottata da Kigali per sostenere attivamente le attività del gruppo M23. Gli attriti tra RDC e UE sono aumentati poi nel febbraio del 2024 quando Bruxelles e Kigali hanno sottoscritto un accordo per rafforzare il ruolo del Ruanda nello sviluppo sostenibile e garantire all'UE l'approvvigionamento di materie prime per le tecnologie verdi. L'accordo prevede che le parti collaborino in cinque settori chiave compresa la lavorazione di materie prime rare come il coltan. Il problema però è che il Ruanda ha pochissimi minerali nel suo sottosuolo. L’accusa che l'RDC rivolge all’UE è di aver siglato un accordo con il Ruanda pur sapendo che una significativa parte delle materie prime sono trafugate o frutto di traffico illegale dai territori dell’Est RDC.

Sostenuto dal Ruanda… Ci parla di questo gruppo armato?

Questo gruppo armato ha radici che affondano nel genocidio ruandese del 1994, quando vi fu la fuga di tutsi ruandesi verso l’attuale territori della Repubblica Democratica del Congo. Al termine del conflitto ruandese molti hutu, tra cui diversi responsabili del genocidio, trovarono riparo nell’allora Zaire. Dopo la II guerra civile del Congo, i tutsi costituirono diverse milizie armate tra cui la National Congress for the Defense of the People con l’obiettivo di proteggere le comunità tutsi sottoposte a pressioni e attacchi. Queste però sfidarono le autorità centrali dando vita ad un conflitto a bassa intensità concluso nel 2009. Ci furono una serie di negoziati con il governo di Kinshasa finalizzati ad ottenere una maggiore integrazione all'interno del nuovo stato. La situazione tuttavia precipitò il 23 marzo 2012 quando, a causa di una serie di tensioni locali e di promesse non mantenute da parte del governo centrale, alcuni membri del movimento tutsi fuoriuscirono dall’esercito congolese riavviando la guerra civile nella Repubblica Democratica del Congo anche grazie al supporto del vicino Ruanda. I ribelli di M23 ottennero un'importante vittoria nella Provincia del Kivu del Nord, che include la città di Goma. Nell’area risiedono la maggior parte delle comunità tutsi. Il Ruanda a quel punto intervenne sostenendo di voler solo proteggere i cittadini tutsi, ma così facendo legittimò le azioni dei ribelli di M23.

Che commettono anche crimini di guerra e crimini contro l'umanità…

Sì, come riportano anche alcuni rapporti Human Rights Watch i ribelli di M23 hanno commesso atrocità nei confronti di civili.

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Gli scontri in corso sono determinati però anche dall’accesso alle terre rare, abbondanti nell’est del Congo e invece scarseggianti in Ruanda?

Sì, i ribelli intendono soprattutto reperire coltan, minerale di cui in Repubblica Democratica del Congo vi è una grande concentrazione e che oggi è essenziale per l'estrazione del tantalio, un metallo usato nella produzione di componenti elettronici come condensatori e batterie per smartphone, computer, console e dispositivi medici.

Come mai negli ultimi giorni la situazione è degenerata?

Con Biden alla Casa Bianca i ribelli di M23 erano consapevoli che non sarebbe stata possibile un'escalation in Repubblica Democratica del Congo, perché un'intensificazione delle violenze non sarebbe stata tollerata. Con la nuova amministrazione Trump sono cambiate le carte in tavola. È noto che la stabilità dell'Africa non è una priorità del leader repubblicano, ed è noto che il segretario di stato Marco Rubio ha scarso se non minimo interesse per l’Africa, con la sola eccezione di alcuni partner strategici importanti come l'Egitto. È anche in questo contesto internazionale che i ribelli di M23 sostenuti dal Ruanda – che continua a negare qualsiasi coinvolgimento – hanno lanciato i recenti attacchi.

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Nel marzo 2023 il presidente congolese Felix Thisekedi lanciò gravi accuse non solo al Ruanda: commentando l’accordo stipulato da Kigali con l’Unione Europea finalizzato a promuovere catene del valore "sostenibili e resilienti" per le materie prime critiche, coltan compreso, Tshisekedi accusò Bruxelles di essere "complice" nel saccheggio delle risorse alla RdC: "Il Ruanda oggi si costruisce grazie alle risorse rubate alla Repubblica Democratica del Congo" e i minerali dell’accordo con l’Europa sarebbero "prodotti rubati" alla RdC, disse Tshisekedi…

Ad onor del vero, l'Unione Europea strinse un accorto identico con la Repubblica Democratica del Congo nell'ottobre del 2023, quindi quattro mesi prima di quello con il Ruanda. La volontà europea era proprio quella di mantenere la neutralità sulla questione evitando frizioni. Il problema vero è che l'RDC non solo non è un Paese stabile, ma il suo governo centrale non ha neppure il pieno controllo dei territori e delle miniere, che per l'appunto sono in mano a una serie di gruppi armati che fondamentalmente cercano di usarlo come strumento di negoziazione. L'Unione Europea da quel punto di vista aveva cercato di tenere un minimo di equilibrio. Ad onor del vero, ad infastidire maggiormente Thisekedi è stato più il finanziamento alla missione ruandese in Mozambico che l’accordo dello scorso febbraio.

Vi sono quindi nella crisi attuale delle responsabilità dell'Unione Europea?

Ovvio, come in tutte le crisi internazionali, da Gaza al Sudan. In tutti questi casi l'UE ha mostrato di essere un attore passivo. Tuttavia nel caso specifico, se la domanda è se vi sia una correlazione diretta tra l’azione dei ribelli di M23 e le scelte europee nella regione, la risposta è no. Credo, invece, che vi siano grandi responsabilità da parte dell'Unione Africana e delle organizzazioni regionali. Quanto sta avvenendo in RDC è l’ennesima manifestazione della crisi e forse persino del superamento del multilateralismo. É difficile vedere una fine dell’attuale situazione anche perché sullo sfondo delle scontro tra M23 e Kinsasha c’è la crescente rivalità tra Ruanda e Sud Africa che ha attualmente delle truppe dispiegate nella regione nell’ambito di una missione SADC.

Un'ultima domanda. Vi è la tendenza a chiudere entrambi gli occhi verso le azioni in RDC del Ruanda alla luce del genocidio di cui fu protagonista 30 anni fa?

Più di uno studioso ha paragonato il Ruanda ad una sorta di piccola Israele. É evidente che nella comunità internazionale occidentale, in primis la Francia, vi sia una sorta di senso di colpa che spinge ad una maggiore tolleranza nei confronti delle azioni di Kigali che invece sarebbero condannabili dal punto di vista del diritto internazionale. Tuttavia le considerazioni di carattere morale non bastano a spiegare la situazione. In quello che sta accadendo vedo più una scelta pragmatica e una convergenza strategica. L’UE ha interesse a mantenere buoni rapporti con il Ruanda, perché il paese è considerato uno dei pochi partner affidabili in Africa. È uno stato che ci fa comodo per tanti motivi, dalla sicurezza alle risorse energetiche. A partire dall'accesso al coltan.

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