Cosa sono le terre rare ucraine che vuole Trump e in che modo possono influire sulla guerra tra Mosca e Kiev
La diplomazia “transazionale” — ovvero affaristica — del presidente Usa Donald Trump rischia di fondarsi su falsi presupposti e di frenare il processo verso negoziati di pace credibili. Sta succedendo in Medio Oriente dopo le sue dichiarazioni su Gaza e potrebbe succedere per l’Ucraina. Ogni accordo tra Washington e Kiev su quelle che spesso a sproposito vengono chiamate “terre rare” sarebbe inviso a Mosca. E avrebbe comunque vantaggi dubbi e semmai solo di breve termine per entrambi i contraenti, osservano gli esperti del settore.
Cosa sono le terre rare e cosa c'entrano i minerali in Ucraina
Trump l’ha presa proprio sul serio, questa faccenda delle terre rare: il segretario al Tesoro Scott Bessent in persona è in partenza per Kiev e ne discuterà con Volodymyr Zelensky, informa l’agenzia Reuters citando una fonte a conoscenza dell’agenda di Bessent.
Ma Washington ha un problema: di terre rare in Ucraina ce ne sono davvero poche. Non esiste alcuna miniera operativa su scala commerciale. “Il Paese non ha risorse conosciute di questi elementi”, dice a Fanpage.it il Mark Seddon, capo degli analisti del settore metalli per Argus, agenzia di market intelligence specializzata nelle materie prime. “Possiede invece riserve significative di minerali critici”.
Non bisogna far confusione: molte terre rare sono minerali critici, ma non tutti i minerali critici sono terre rare. Queste ultime si identificano in 17 metalli essenziali per magneti che alimentano veicoli elettrici, telefoni, sistemi missilistici e altre tecnologie. L'Istituto Nazionale di Geologia ucraino riferisce della presenza nel sottosuolo di lantanio e cerio, impiegati in schermi e sistemi di illuminazione; neodimio, essenziale per turbine eoliche e batterie di veicoli elettrici; erbio e ittrio, utilizzati in ambiti che spaziano dall’energia nucleare alla tecnologia laser. Studi finanziati dall'UE indicano inoltre la presenza di scandio. Ma i dati dettagliati restano riservati. In pratica, quantità e reale possibilità di sfruttamento delle terre rare ucraine sono pressoché sconosciuti.
In Ucraina più minerali critici che terre rare
I minerali critici sono una categoria più ampia, che comprende, per esempio, anche il nichel e il litio. La loro presenza in Ucraina è comprovata. Ma anche di questi elementi Trump difficilmente riuscirebbe a fare il pieno: “Le risorse di minerali critici dell'Ucraina non sono così abbondanti come Trump o il presidente ucraino Zelensky potrebbero far credere”, dice a Fanpage.it Cullen Hendrix, del Peterson Institute for International Economics di Washington DC.
Ufficialmente, l’Ucraina possiede le maggiori riserve europee di titanio e uranio — ha affermato lo stesso Zelensky in un’intervista — e giacimenti significativi di litio, manganese, gallio, zirconio e grafite. La grafite naturale ucraina copre il 20% delle risorse globali, secondo il Servizio Geologico Nazionale. Che, inoltre, stima riserve di litio per 500.000 tonnellate. Il litio è fondamentale per batterie, ceramiche e vetro. Ma Hendrix è scettico: “Se l'Ucraina ha davvero risorse di litio considerevoli, sarebbe una novità per lo U.S. Geological Survey, che non menziona affatto l'Ucraina nel suo rapporto sui minerali critici del 2025 né in quello del 2021, pubblicato prima dell'inizio della guerra”.
Quanto alla grafite, nel 2024 la produzione ucraina è stata inferiore allo 0,1% del totale globale, mentre nel 2020 rappresentava circa il 2%, calcola l’esperto. Lo stesso vale per il manganese: circa il 3% nel 2020, ma una quantità trascurabile oggi. “L'Ucraina potrebbe avere vasti giacimenti minerari, ma al momento ci sono più speculazioni che prove concrete della loro effettiva rilevanza”, nota Hendrix. Anche le stime del World Economic Forum (Wef) restano nel regno della teoria: Kiev è un potenziale fornitore chiave — oltre che di litio e grafite — di berillio, manganese, gallio, zirconio, apatite, fluorite e nichel.
I conti con gli invasori e col portafoglio
“Potenziale” è proprio l’aggettivo giusto. Perché Il Wef parla sopratutto di risorse e non di riserve. Le "risorse" si riferiscono a tutti i minerali conosciuti e mappati in un dato Paese. Le "riserve", invece, sono la parte di queste risorse che può essere estratta in modo economicamente sostenibile, cioè senza perdite ingenti, ai prezzi e con le tecnologie attuali. Come se non bastasse, la Russia ha occupato circa la metà dei giacimenti ucraini dei minerali più interessanti — ha ammesso Zelensky. Terre rare a parte, il carbone ucraino, essenziale per l’industria siderurgica, è stato perso in guerra. L’ultima miniera di coke era vicino a Pokrovsk, assediata dalle forze russe. Recentemente è stata chiusa. E la Russia ha occupato almeno due giacimenti di litio, mentre Kiev mantiene il controllo di quelli nella regione di Kyrovohrad.
Ad ostacolare accordi con gli Usa per lo sfruttamento del suolo nel Paese invaso dalla Russia, ci sono poi le difficoltà logistiche e l’entità degli investimenti che sarebbero necessari. Sarebbe possibile trasportare negli Usa i minerali critici e le eventuali terre rare ucraine? E semmai a quale costo? “ In teoria il trasferimento negli Usa sarebbe possibile”, spiega Cullen Hendrix. “Tuttavia, i costi sarebbero elevati, e non è chiaro perché Washington dovrebbe basare la propria sicurezza mineraria su un territorio in piena guerra”. Logistica a parte, “avviare un impianto minerario o di lavorazione dei metalli richiede comunque investimenti significativi: ad esempio, i progetti europei di estrazione del litio prevedono spese in conto capitale per circa 450-500 milioni di dollari”, precisa Mark Seddon.
Perché a Trump interessano le terre rare
Ma perché allora, tutto questo interesse da parte dell’amministrazione americana? Uno dei problemi principali per i materiali critici è che la Cina domina la fornitura globale e gli Stati Uniti, come anche l'Unione Europea, stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dalla Cina nelle catene di approvvigionamento per veicoli elettrici e altri settori della transizione energetica. “Di conseguenza, gli Usa sono interessati a fonti di questi materiali che non siano sotto il controllo cinese”, commenta Seddon. La stessa Cina, peraltro, sta investendo nell'approvvigionamento di materie prime, in particolare in Africa. Continente che con la fine degli aiuti americani decisa da Trump con l’ordine esecutivo che ha smantellato Usaid viene praticamente lasciato in mano a Pechino e Mosca, riguardo a operazioni di questo tipo e non solo.
La Russia ha di fatto diffidato gli Usa dal metter le mani sul sottosuolo dell’Ucraina. “È un'offerta di aiuto a pagamento, sostegno su base commerciale," ha dichiarato l'ineffabile portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Sarebbe meglio che l'assistenza non venisse fornita affatto, poiché ciò favorirebbe la fine del conflitto," ha aggiunto”. Senza specificare che è stata la Russia a invadere l’Ucraina. “Un accordo tra Trump e Zelensky sarebbe senza dubbio percepito dal Cremlino come una minaccia, poiché conferirebbe agli Stati Uniti un interesse diretto nell'integrità territoriale dell'Ucraina, anche se con confini diversi da quelli prebellici”, osserva Cullen Hendrix.
Perché quello che sta facendo Trump potrebbe favorire Putin
“L'accordo — aggiunge il ricercatore del Peterson Institute — potrebbe avvantaggiare l'Ucraina nel breve termine, mantenendo il supporto statunitense per lo sforzo bellico e creando interessi economici diretti per gli Usa nell'Ucraina orientale. Questo potrebbe dissuadere Putin dal colpire queste strutture e le aree circostanti. Tuttavia, le implicazioni a lungo termine sono incerte”. Anche perché Trump vuole rilanciare l'estrazione mineraria interna negli Stati Uniti. “Tra dieci o quindici anni, gli Usa potrebbero non aver più bisogno dei minerali ucraini. E forse non ne hanno bisogno nemmeno adesso”, afferma Hendrix.
Secondo lo storico della cultura Alexander Etkind, che da tempo si occupa delle conseguenze politiche dello sfruttamento e del commercio delle materie prime da parte della Russia, Putin e Trump “vedono le cose in modo simile e imparano l'uno dall’altro”. Ma in questo caso “l'interesse di Trump nello sfruttamento delle risorse ucraine è in diretto contrasto con quello di Putin, con la differenza che Trump non vi vede la vecchia gloria marziale che invece Putin percepisce in tutto questo”. Gran parte di ciò che Trump sta facendo “finisce per favorire i piani di Putin, e la chiusura di Usaid ne è un esempio”, sostiene l’intellettuale russo. “Tuttavia, troveranno grandi difficoltà a trovare un accordo sull’Ucraina”.
Un’ultima riflessione la fa Cullen Hendrix: “Esistono modi virtuosi per sviluppare le risorse minerarie: in paesi come Norvegia, Botswana e Canada, l'estrazione ha favorito la crescita economica e la prosperità condivisa. Ma considerando che l’amministrazione Trump ha allentato le normative contro la corruzione di funzionari stranieri da parte di individui e aziende statunitensi, non sono convinto che si in questo caso si seguirebbe la strada giusta”.