Cosa sappiamo sull’arresto di Cecilia Sala in Iran e sulle trattative del governo per il suo rilascio
Proseguono le trattative per il rilascio di Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran il 19 dicembre e detenuta nel carcere di Evin, a Teheran.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato che i tempi non sono "ipotizzabili" perché la situazione "è a abbastanza delicata" e "non dipende dall'autorità italiana".
Oggi il governo iraniano ha confermato l'arresto della giornalista. "Cecilia Sala, cittadina italiana, si è recata in Iran il 13 dicembre 2024 con un visto da giornalista ed è stata arrestata il 19 dicembre 2024 per violazione della legge della Repubblica islamica dell'Iran", ha affermato l'agenzia di stampa ufficiale, Irna, senza però fornire ulteriori dettagli.
Il suo caso è "sotto inchiesta", fanno sapere dal dipartimento generale dei Media Esteri del ministero della Cultura. "L'arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l'ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l'accesso consolare ed il contatto telefonico con la famiglia", si legge nella nota.
A più di dieci giorni dall'arresto, nei confronti della giornalista non è ancora stata ancora formulata un'accusa, ma appare sempre più chiaro che la sua liberazione potrebbe legarsi a quella di Mohammad Abedini-Najafabadi, l'ingegnere iraniano arrestato all'aeroporto di Malpensa il 16 dicembre scorso e di cui gli Stati Uniti hanno chiesto l'estradizione.
Il caso di Abedini Najafabani e cosa c'entra con il rilascio di Cecilia Sala
Qualche giorno prima dell'arresto di Cecilia Sala, l'ingegnere esperto di droni Mohammad Abedini Najafabani è stato fermato in Italia dove si trova tuttora detenuto. Sull'uomo pende una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, che lo accusano di associazione per delinquere, violazione delle leggi sull’esportazione e sostegno a una organizzazione terroristica.
Nell'incontro avvenuto ieri tra l'ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, e il viceministro degli Estrei Vahid Jalalzadeh, sarebbe emersa l'intenzione di Teheran di ottenere, in cambio della liberazione della giornalista, il rilascio di Abedini.
L'uomo, una volta libero, potrebbe così fare ritorno in Iran o in Svizzera, dove pure ha la cittadinanza. Ma prima che la Corte d'appello di Milano decida sulla sua estradizione ci vorranno circa due mesi. Per questo motivo un'ipotesi potrebbe essere la concessione degli arresti domiciliari nei confronti dell'ingegnere.
Oggi infatti, il legale di Abedini, Alfredo de Francesco, ha depositato presso la Corte milanese "l'atto con cui sollecita un affievolimento della misura cautelare" nei confronti dell'uomo, fornendo anche il luogo, un'abitazione, dove eventualmente trasferirlo.
Le trattative dell'Italia con l'Iran per il rilascio di Cecilia Sala e il ruolo degli Stati Uniti
Nelle trattative tra l'Iran e le autorità italiane per il rilascio di Cecilia Sala pesa, però, anche il ruolo degli Stati Uniti, che hanno chiesto l'estradizione di Abedini e che temono la sua fuga nel caso in cui gli venissero concessi i domiciliari.
Una vicenda simile si verificò nel 2023 quando il presunto trafficante d'armi russo Arthem Uss, che era detenuto in Italia in attesa di essere estradato negli Usa, riuscì a fuggire.
Ieri un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha definito quello di Sala un "arresto ingiustificato" e ha chiesto il "rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri arbitrariamente detenuti in Iran senza giusta causa".
Dall'altra parte l'avvocato di Abedini insiste che non ci siano le condizioni per l'estradizione dell'uomo negli Usa. Il legale ha ricordato che sia il diritto nazionale che quello europeo stabiliscono che "non è possibile estradare in paesi dove sono previsti trattamenti inumani e degradanti. E il mio assistito, con accuse di terrorismo rischia negli Usa condizioni carcerarie inaccettabili per il nostro diritto", ha dichiarato.
L'ipotesi di un intervento di Nordio sul caso di Abedini
Ci sarebbe un'altra strada per ottenere la scarcerazione di Abedini senza dover attendere il responso dei giudici milanesi e prevede l'intervento diretto del ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Si tratterebbe della possibilità, disposta dall'articolo 718 del codice di procedura penale, di riconoscere a un detenuto in attesa di estradizione la revoca della misura cautelare se è il Guardasigilli a richiederlo. In altre parole, basterebbe una richiesta del ministro ad autorizzare la liberazione dell'uomo, che avverrebbe in tempi molto più rapidi rispetto a quelli ordinari della giustizia.
È accaduto ad esempio, con il regista ucraino Yeven Eugene Lavrenchuk, che era stato arrestato a Napoli in attesa di essere consegnato alla Russia, che ne chiedeva l'estradizione. Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, l'allora ministra della Giustizia Marta Cartabia ne chiese la liberazione, poi ordinata dalla corte d'Appello di Napoli.
Ora tuttavia, una simile decisione da parte di Nordio avrebbe delle ricadute significative sui rapporti con Washington. Anche per questo, sul caso di Cecilia Sala dalla Farnesina chiedono "il massimo riserbo" mentre continuano le difficili interlocuzioni con il regime di Teheran.