Cosa sappiamo sulla diatriba dei vaccini anti Covid tra AstraZeneca e Ue
Il vaccino anti Covid messo a punto da AstraZeneca e Università di Oxford, in collaborazione con l'italiana Irbm di Pomezia, potrebbe ricevere domani l'atteso via libera da parte di Ema, l'Agenzia europea del Farmaco, per essere consegnato e somministrato ai cittadini dei 27 stati membri. Tuttavia, a fare notizia nelle ultime ore non è tanto quando arriverà l'approvazione dell'ente regolatore comunitario, quanto la diatriba scoppiata tra Bruxelles e l'azienda farmaceutica anglo-svedese, che nei giorni scorsi aveva annunciato fino al 60% in meno di scorte di siero inizialmente pattuite, a causa di "problemi alla produzione".
In termini numerici, non sono cifre di poco conto. Prendiamo, ad esempio, l'Italia: in base al piano iniziale, nei primi tre mesi dell'anno sarebbero dovute arrivare 28 milioni e 269mila dosi, ma entro la fine di marzo le dosi a disposizione saranno meno di 15 milioni, dunque circa la metà di quanto previsto. Per la prima tranche nel nostro Paese non arriveranno più gli 8 milioni di dosi inizialmente pattuite, ma 3,4 milioni, costringendo così il governo a rivedere il calendario delle vaccinazioni e facendole slittare di circa quattro settimane rispetto all'iniziale tabella di marcia, considerando i ritardi accumulati anche da Pfizer.
Per sbloccare la situazione, nelle ultime ore si sono svolti una serie di incontri tra AstraZeneca e l'Ue. Per aumentare la produzione del vaccino anti-Covid, l'azienda non ha escluso l'ampliamento del numero di stabilimenti in Europa – anche per l'infialamento – ma, visti gli alti requisiti necessari, è molto difficile, secondo quanto si apprende in merito alla produzione del vaccino da parte dell'azienda, che sta lavorando per risolvere il problema del rallentamento di resa dello stabilimento in Belgio nella fabbricazione della sostanza attiva. A gettare benzina sul fuoco era stato poi il Ceo, Pascal Soriot. "Non c'è alcun obbligo" sul numero di dosi da fornire all'Ue, visto che nel contratto con gli europei c'è scritto chiaramente: "Best effort", cioè "Faremo del nostro meglio", aggiungendo che l'esecutivo britannico ha "la priorità sulle dosi prodotte nel proprio Paese" e che sarà necessario attendere un numero di vaccinazioni sufficiente prima di poter "usare gli stabilimenti britannici anche per la fornitura" all'Ue.
Da parte sua Bruxelles, oltre a chiedere che quel contratto sia reso pubblico, parla di "un taglio nelle consegne ingiustificato e inaccettabile" e chiede ad Astrazeneca di fare "arrivare le dosi di vaccino dalle fabbriche del Regno Unito". Il che potrebbe innescare nuove potenziali tensioni con Londra, a poco meno di un mese dalla Brexit. "Abbiamo firmato un contratto di pre-acquisto per fare in modo che producessero determinati volumi di vaccini prima dell'autorizzazione dell'Ema", ha chiarito la responsabile europea alla Salute, Stella Kyriakides. In altre parole anche gli stabilimenti britannici rientrano "nell'accordo di pre-acquisto", in base al quale l'Ue ha assunto il rischio d'impresa, finanziando con 336 milioni di euro di soldi pubblici gli stock prodotti prima del via libero al vaccino. Ma al momento nessuno dei due contendenti, tra Ue e AstraZeneca, sembra avere avuto la meglio sull'altro.