Cosa sappiamo di questo scambio di prigionieri che “può aprire alla pace tra Russia e Ucraina”
Sarebbe il più grande scambio di prigionieri dalla fine della Guerra fredda: tra venti e trenta dissidenti e giornalisti detenuti nelle carceri di Vladimir Putin contro un numero imprecisato di russi dietro le sbarre negli Usa e in altri Paesi dell’“Occidente collettivo”, secondo Politika.Kozlov, che cita una fonte al corrente del piano.
“Se così fosse, sarebbe un primo passo verso un processo di pace”, commenta a Fanpage.it il politologo del Kennan Institute ed editorialista della testata russa Meduza Maxim Trudolubov.
Lo scoop di Kozlov
L’operazione potrebbe avvenire già oggi o domani. Nei giorni scorsi i media russi avevano ipotizzato lo scambio di una decina di persone, dopo che nel giro di 48 ore erano state tutte trasferite dagli istituti di pena nei quali erano custoditi senza spiegazioni né indicazioni della loro destinazione.
La testata online dell’autorevole Pyotr Kozlov, ex giornalista del Moscow Times, è certa che il “pacchetto” sia molto più cospicuo. Ha confermato che comprende i nomi più importanti tra i prigionieri politici del Cremlino.
Tra questi, il corrispondente da Mosca del Wall Street Journal Evan Gershkovich, cittadino americano appena condannato a 16 anni per spionaggio in un processo frettoloso e segreto di cui non si conoscono gli elementi in mano all’accusa.
Nella lista, anche Vladimir Kara-Murza, l’attivista e giornalista che promosse il Magnitsky Act, legge americana che sanziona gli individui ritenuti colpevoli di violazioni dei diritti umani in Russia e nel mondo, condannato a 25 anni per tradimento dopo esser stato per due volte avvelenato con sostanze del gruppo del Novichok, arma d’elezione di Gru e Fsb, rispettivamente servizio di sicurezza militare e servizio interno.
Ci sono poi il politico dell’opposizione Ilya Yashin, il Nobel per la pace Oleg Orlov, insignito del premio come presidente dell’Ong Memorial, l’ex marine Paul Whelan e — sempre secondo la fonte di Kozlov — attivisti del team di Alexei Navalny. E poi altri detenuti a vario titolo, alcuni con doppia cittadinanza russo-occidentale.
Sparizioni misteriose
“C’è tutto il materiale umano per un grosso scambio di detenuti”, dice Maxim Trudolubov.
Gli avvocati di tre dei nomi di maggior peso della lista inusualmente non hanno risposto alle richieste di conferme e commenti — anche off the record — da parte di Fanpage.it. Cosa che alimenta la sensazione di trovarsi di fronte a evoluzioni inconsuete e delicate.
Nei giorni scorsi, voli del dipartimento speciale della Rossiya Airlines al servizio del Cremlino erano stati tracciati da specialisti della open source intelligence (Osint) su regioni in cui si trovano le colonie penali dei detenuti politici. “Li hanno trasportati a Mosca cercando di mantenere la più totale segretezza”, ha spiegato a Kozlov la sua fonte.
Nel frattempo, quattro russi in galera negli Usa per reati che vanno dalla pirateria informatica al riciclaggio e al contrabbando di tecnologia, sono spariti dal registro informatico dell’Fbi sui carcerati, sostiene Pyotr Kozlov.
Prudente ma significativa la risposta data in merito ai cronisti da Karine Jean-Pierre, ufficio stampa della Casa Bianca: “Siamo impegnati a riportare a casa i prigionieri americani in Russia”, ha detto. “Ma non possiamo entrare nei particolari: non negoziamo in pubblico, proprio perché vogliamo arrivare a un risultato”.
“Se è vero che ci sarà uno scambio, deve per forza esserci un mediatore”, ci spiega Trudolubov.
“Potrebbe essere il governo turco, quello saudita o quello degli Emirati. Ma più probabilmente di tratta di un agente più o meno indipendente, che non teme di compromettere la politica estera di un Paese. Qualcuno come Roman Abramovich”.
Il miliardario russo ex proprietario del Chelsea era stato indicato come mediatore occulto nei primi mesi dopo l’invasione, quando tra Mosca e Kyiv si cercò di trattare. Inutilmente, vista la rigidità delle posizioni del Cremlino e la crescente insofferenza da parte ucraina.
“Il Cremlino considera i prigionieri politici, russi e stranieri, come semplici spie. Quindi, possibili oggetti di scambio”, nota Maxim Trudolubov. Nel mondo di Putin, le logiche della Guerra fredda e del confronto tra Urss e Usa continuano a valere. Anche se l’Unione Sovietica non esiste più da oltre trent’anni.
“A Mosca, si vede la cosa in modo pragmatico”, continua il politologo: “Putin potrebbe dimostrare ai suoi concittadini che difende i russi ovunque nel mondo”. Ma un eventuale scambio non avrebbe certo solo motivazioni di politica interna, per la Russia: “Indicherebbe l’inizio di un processo negoziale ampio, di un percorso verso trattative per una pace in Ucraina”.
Il politologo sottolinea come “un’ampio scambio di prigionieri del calibro di Gershkovich, Kara-Murza, Yashin, Orlov e gli altri, soprattutto se davvero si trattasse di così tante persone, significherebbe che l’Occidente è disponibile a riconoscere le posizioni del Cremlino”.
Visto il sostanziale stallo sui campi di battaglia ucraini, la Russia vuole qualcosa da poter vendere come una vittoria. Kyiv, dal canto suo, soffre della “stanchezza di guerra” dopo due anni e mezzo di resistenza in una lotta in teoria impari. E sa che il tempo non gioca dalla sua parte: anche se per ora gli aiuti occidentali continuano ad arrivare e l’ipotesi di una presidenza Trump che li fermi è diventata meno incombente, il flusso di armamenti e denaro non può continuare per sempre.
“È il momento giusto, da entrambe le parti, per iniziare un processo che sfoci in un negoziato. Ci vorrà molto tempo. Ma l’apertura di Zelensky alla partecipazione della Russia alla conferenza sull’Ucraina prevista per novembre è una novità di grande portata”. E, al di là della propaganda, la Russia ha bisogno di veder alleggerire le sanzioni che la colpiscono. E che stanno facendo danni molto più pesanti dei quanto ci possiamo immaginare”.
Il rilascio di trenta prigionieri, “sarebbe un primo passo”. Poi, un alleggerimento delle sanzioni. Altra cosa “che Putin venderebbe come una grande vittoria”. Infine, un processo di pace vero e proprio, sostiene l’analista Maxim Trudolubov.
Per ora restano speculazioni. Se nelle prossime ore lo scambio avverrà, e nelle dimensioni indicate da Politika.Kozlov, le conseguenze diplomatiche sarebbero con ogni probabilità quelle ipotizzate da Trudolubov.
Uno scambio del genere sarebbe il maggiore da quello avvenuto nel luglio del 2010, e che portò alla liberazione di 10 spie russe, tra cui Anna Chapman. La bellissima “Anna la rossa”, che aveva infiltrato l’alta società di New York per carpire segreti utili ai suoi capi a Mosca.