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Conflitto Israelo-Palestinese

Cosa sappiamo del bombardamento al rifugio MSF a Gaza: Israele sapeva che c’erano operatori umanitari

Stefano Di Carlo, direttore generale di Medici Senza Frontiere in Italia: “La posizione della nostra struttura era stata regolarmente condivisa con tutte le parti in conflitto ed era anche molto visibile, perché all’esterno c’era una grande bandiera di MSF. Quello che sappiamo con certezza è che a sparare il colpo che ha raggiunto il nostro rifugio è stato un carro armato israeliano”.
Intervista a Stefano Di Carlo
Direttore generale di MSF in Italia
A cura di Davide Falcioni
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Due morti, sei feriti. Di questi, cinque erano donne e bambini. È il bilancio definitivo del bombardamento israeliano di due notti fa al rifugio ad Al-Mawasi di Medici Senza Frontiere, struttura che in quel momento ospitava 64 persone, tra operatori umanitari dell'ONG e loro familiari. Il colpo che ha distrutto l'edificio è partito da un carro armato israeliano che in quel momento stava operando nell'area di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. E no, non si è trattato di un "danno collaterale" della guerra, né di un incidente: la posizione del rifugio, infatti, era stata ampiamente condivisa con le parti in conflitto. Israele dunque sapeva perfettamente che la struttura non ospitava membri di Hamas. Non solo: all'esterno dell'edificio sventolava, ben visibile, una bandiera di Medici Senza Frontiere.

L'attacco di Israele dunque si configura come l'ennesimo crimine di guerra commesso da uno stato che da oltre quattro mesi si arroga il diritto di agire al di fuori delle leggi di guerra, e che continua nonostante ciò a godere del supporto degli Stati Uniti, che non più di tre giorni fa hanno posto l'ennesimo veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che chiedeva un immediato cessate il fuoco.

Secondo Stefano Di Carlo, direttore generale di Medici Senza Frontiere in Italia, l'attacco di Israele a MSF dimostra lo sprezzo dello stato ebraico per il diritto internazionale umanitario. Ed è grave che l'esercito israeliano possa continuare ad agire del tutto indisturbato. "Trovo incomprensibile che da un lato gli Stati Uniti chiedano pubblicamente la protezione dei civili palestinesi, dall'altro pongano il veto a qualsiasi risoluzione ONU che chiede una tregua".

Stefano Di Carlo, direttore generale di MSF in Italia
Stefano Di Carlo, direttore generale di MSF in Italia

Alcune notti fa un rifugio di Medici Senza Frontiere ad Al Mawasi, nel sud della Striscia di Gaza, è stato colpito durante un'operazione militare israeliana. Il bilancio è di due vittime. Cosa sapete di quell’attacco?

Nella notte tra martedì e mercoledì Israele ha colpito un rifugio destinato allo staff di Medici senza Frontiere e alle loro famiglie, che ospitava in quel momento 64 persone. Sono state uccise due donne, la moglie e la nuora di un nostro collega, e altre sei persone sono rimaste ferite, cinque delle quali erano donne e bambini. Le ambulanze hanno potuto raggiungere la zona con grande ritardo a causa dei bombardamenti. I feriti sono stati condotti all'International Medical Corps (IMC) di Rafah. Alcuni dei nostri colleghi che si trovavano nella struttura erano già sopravvissuti a un altro attacco a una nostra sede dello scorso 8 gennaio. In quel caso morì la figlia di un nostro operatore umanitario.

Quello di Israele potrebbe essere stato un errore, un cosiddetto "danno collaterale" delle operazioni belliche? L’edificio era ben riconoscibile?

La posizione della nostra struttura era stata regolarmente condivisa con tutte le parti in conflitto ed era anche molto visibile, perché all'esterno c'era una grande bandiera di MSF. Quello che sappiamo con certezza è che a sparare il colpo che ha raggiunto il nostro rifugio è stato un carro armato israeliano che si trovava in quella zona nell'ambito di una più vasta operazione dell'esercito a Khan Younis. Non solo: dopo la cannonata l'edificio è stato raggiunto anche da raffiche di proiettili sparati da armi leggere. Evidentemente quindi non si è trattato di un incidente, ma di un attacco deliberato. Abbiamo chiesto spiegazioni all'esercito israeliano, ma al momento non c'è stata fornita nessuna risposta.

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Israele continua a sostenere che anche le sedi delle ONG, e persino quelle di agenzie ONU, sono nascondigli di membri di Hamas. 

È assurdo. Quello colpito due notti fa era un rifugio gestito direttamente da MSF, e che ospitava solo nostro personale e i loro cari. Speravamo che che fossero al sicuro. E per questo avevamo segnalato la posizione agli eserciti.

Non è la prima volta che operatori di Medici Senza Frontiere pagano con la vita per il loro lavoro. Continuerete a restare nella Striscia di Gaza, nonostante le condizioni di sicurezza siano assenti?

Noi abbiamo deciso di rimanere a Gaza e di continuare a svolgere attività umanitaria e medica. Non nascondo però che la situazione sul campo diventa giorno dopo giorno più complicata: le nostre attività, infatti, sono legate al trattamento dei feriti di guerra anche supportando le equipe locali, quelle composte da medici palestinesi operanti nella Striscia. Il vero problema è che gradualmente tutto il sistema sanitario è stato smantellato, di conseguenza la capacità di gestire l'afflusso di feriti è sempre minore. Insomma, a Gaza ci sono ottimi medici palestinesi e internazionali, ma mancano ormai le infrastrutture dove possano operare in condizioni di sicurezza. Inoltre è pressoché impossibile far arrivare nella Striscia una mole decente di aiuti umanitari: le quantità che arrivano dal valico di Rafah sono ridicole. Ed è anche per questa ragione che MSF continua a chiedere un cessate il fuoco permanente: in queste condizioni è impossibile effettuare qualsiasi intervento umanitario adeguato.

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Cosa chiedete alla comunità internazionale? E cosa pensate dell’ennesimo veto posto dagli USA alla risoluzione ONU per un cessate il fuoco a Gaza?

Ieri Christopher Lockyear, segretario generale di Medici Senza Frontiere (MSF), in un discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha esortato gli stati membri a chiedere un cessate il fuoco immediato e duraturo a Gaza e la protezione inequivocabile delle strutture mediche, del personale e dei pazienti, avvertendo che "le conseguenze di aver gettato al vento il diritto umanitario internazionale si ripercuoteranno ben oltre Gaza" e che quello che sta accadendo "sarà un peso duraturo per la nostra coscienza collettiva". L'ennesimo veto degli Stati Uniti continua ad ostacolare gli sforzi del Consiglio di Sicurezza dell'ONU affinché si raggiunga un cessate il fuoco immediato, condizione necessaria anche per organizzare una significativa assistenza umanitaria della Striscia di Gaza. Per MSF è incomprensibile che da un lato gli Stati Uniti chiedano pubblicamente e quotidianamente la protezione dei civili, dall'altro pongano il veto a qualsiasi proposta di tregua supportando fattivamente lo stato di Israele nelle sue operazioni militari.

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