Cosa può succedere con il mandato di arresto a Netanyahu e Sinwar e che significa: l’analisi della giurista
“La richiesta di un mandato di arresto per Nethanyahu e gli altri accusati ha una portata storica, servirà da deterrente per la continuazione dei crimini individuati e potrebbe individuarne di ancor più gravi. Come il genocidio”: Micaela Frulli insegna diritto internazionale all’Università di Firenze ed è allieva di Antonio Cassese, il giurista a cui più di altri si deve lo sviluppo del diritto penale internazionale. Che è quello di cui si occupa la Corte penale internazionale (Cpi). Da non confondersi con la Corte di giustizia internazionale, organo giudiziario dell’Onu deputato a giudicare i comportamenti degli Stati, la Cpi giudica gli individui ritenuti colpevoli di reati internazionali.
La Cpi ha competenza su crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di aggressione e genocidio. Rappresenta 124 Paesi che aderiscono allo Statuto di Roma, l’atto stipulato il 17 luglio 1998 che ha fondato la Corte definendone giurisdizione e funzionamento.
“C’era già la Corte internazionale di giustizia ad ipotizzare il genocidio per quanto Israele sta facendo a Gaza. Ora un altro organismo accusa il primo ministro dello Stato ebraico e il maggior esponente del suo governo di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità”, sottolinea la professoressa Frulli. “Qualche problema Israele e chi gli fornisce armi a questo punto ce l’ha”.
Intanto, chi accusava la Cpi di avere doppi standard e di perseguire solo individui del Sud globale e mai gli occidentali, con l’annuncio di questo procedimento viene smentito. Il premier israeliano Netanyahu e il capo di Hamas a Gaza Sinwar sono messi sullo stesso piano. La Corte assume autorevolezza e credibilità. Qualità che rafforzano il potere di deterrenza dei suoi procedimenti.
Professoressa Frulli, quanto ci metterà la Camera preliminare della Cpi a decidere sulla richiesta di mandati di cattura per Netanyahu, del suo ministro degli esteri e dei tre capi di Hamas?
In teoria, tutto il tempo che vuole. In pratica, nel caso della richiesta di mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin ci ha messo meno di un mese. Ma questo caso è più complesso. Ci sono più persone coinvolte e le accuse sono numerose e variegate.
Ma siamo sicuri che i giudici della Camera preliminare siano davvero indipendenti?
Il messaggio lanciato dal procuratore Karim Khan è chiaro: "rifiutiamo ogni forma di pressione e ricordiamo che ogni forma di pressione è illegale", ha detto. Richiamando proprio all’indipendenza del suo ufficio e di tutti i membri della Corte. E, citando le procedure ex articolo 70 dello Statuto di Roma (il trattato istitutivo della Corte penale internazionale, ndr), dove si prevedono i reati che ostacolano la giustizia, in pratica ha fatto presente che intimidazioni corruzione e quant’altro si pagano con l’incriminazione. È importante che Khan lo abbia sottolineato, perché ritengo che in questo momento i giudici della Cpi rischino effettivamente di esser sottoposti a fortissime pressioni.
Nella storia della Cpi, la Camera preliminare normalmente accetta le richieste del procuratore?
Nella stragrande maggioranza dei casi le hanno confermate. A volte con alcune modifiche. In questo caso potrebbero, per esempio, cassare alcune delle numerose accuse mosse dalla Procura.
Sia per i due israeliani che per gli uomini di Hamas, il procuratore Khan ipotizza la perpetrazione di crimini contro l’umanità. Nel caso di Netanyahu e Gallant una delle accuse è di aver affamato i civili di Gaza. È un inedito, per il diritto penale internazionale?
È un terreno finora non battuto. Non ci sono mai stati processi per questo che è comunque considerato un crimine grave, un crimine di guerra. E che, abbinato ad altri dei capi di imputazione presenti nella richiesta, come quelli per sterminio e persecuzione, formano un quadro che porta all’accusa di crimini contro l’umanità.
Perché il procuratore non ha formulato l’accusa di genocidio a carico di Netanyahu e Gallant per il comportamento di Israele a Gaza?
Il procuratore ha detto chiaramente che la partita non è chiusa. Le indagini continuano e il procedimento potrà in futuro essere aggiornato. Con ulteriori imputati e ulteriori ipotesi di reato. È L’aspetto più importante del documento dell’accusa è che vi si sottolinea più volte che Israele ha deliberatamente e sistematicamente deprivato la popolazione civile di beni di sussistenza. E questo è tipico di un caso di genocidio. Credo che il procuratore non abbia formulato più esplicitamente questa particolare accusa per non rendere il procedimento troppo complesso e “pesante” politicamente. Per una conferma dell’accusa di genocidio, la Camera preliminare potrebbe impiegare anni. Così invece probabilmente le cose saranno più spedite. E la possibilità di aggiungere capi di imputazione resta aperta.
Quali altri punti sono cruciali nel documento della Procura?
Per esempio il fatto che, a proposito di Netanyahu e Gallant, si parli di “punizione collettiva” contro Gaza. E che si trovi criminale il modo di agire, qualunque siano gli obiettivi strategici o politici. Inoltre le accuse di sterminio e procurata carestia nei confronti degli israeliani possono contribuire a dimostrare la sistematicità e la larga scala dei comportamenti sotto scrutinio. Fino ad arrivare all’imputazione di crimini contro l’umanità.
Il procuratore nel suo lavoro di indagine e di individuazione delle cause ha utilizzato anche un team di avvocati internazionali esterno alla Cpi. Tra questi Amal Clooney, la moglie dell’attore George. Oltre al rispettatissimo novantenne Lord “Justice” Fulford, per dieci anni alla Corte internazionale di Giustizia e ad altri prestigiosi giuristi. Perché?
Per rendere quanto mai credibile la stessa indagine. Si tratta di personaggi che in generale potremmo dire “conservatori”…
Sì, non si tratta di gente che scende in piazza con le bandiere della Palestina…
Appunto. Il procedimento coinvolge pesantemente Israele e forse il procuratore ha voluto metter le mani avanti rispetto a eventuali accuse di partigianeria filo-palestinese. E se è così, forse ha fatto bene.
Siamo alla prima fase di un processo che, in teoria, potrebbe comportare condanne a molti anni di galera per gli imputati. Ma se fossero emessi i mandati di arresto chiesti dal procuratore, chi arresterebbe Netanyahu? Israele non riconosce la Cpi, gli Usa nemmeno e quindi l’attuale premier israeliano potrebbe andarci senza problemi. E gli altri Stati si troverebbero comunque di fronte all’immunità garantita da diritto diplomatico ai capi di governo…
Un mandato di arresto comunque limiterebbe notevolmente la sua libertà di movimento. I 124 Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma avrebbero l'obbligo di arrestarlo. E l’immunità ce l’ha solo finché rimane primo ministro. Mi pare che le cose potrebbero presto variare, da questo punto di vista. Inoltre, anche gli Stati che non riconoscono la Cpi hanno la necessità di non perder la faccia. Gli Stati Uniti, per esempio: hanno lodato la Corte per il mandato di arresto contro Putin. E hanno detto di voler collaborare con la Cpi. Si pone un problema di coerenza che non sembra favorevole a Netanyahu.
Più in generale, che effetti politici potrebbe avere una risposta positiva alla richiesta di questi mandati d’arresto?
Per esempio, gli Stati che forniscono armi a Israele si troverebbero sempre più a disagio nel continuare a farlo. Con la Corte internazionale di giustizia che definisce “plausibile” il rischio di un genocidio a Gaza e la Cpi che sospetta ufficialmente i vertici del governo israeliano di crimini di guerra e contro l’umanità, gli alleati che armano Netanyahu un problemino ce l’hanno. Si tratta di Stati che hanno ratificato le Convenzioni di Ginevra. Gli attacchi alla popolazione civile e crimini di guerra violano quelle convinzioni. In teoria, gli Stati contraenti potrebbero esercitare direttamente la loro giurisdizione per sanzionare le violazioni perpetrate.
Quanto è importante per il diritto internazionale l’ufficializzazione delle accuse per Netanyahu, Gallant, Synwar, Deif e Haniyeh?
Molto. Si è messo nero su bianco sul caso mentre il conflitto è ancora in corso, mentre le violazioni del diritto continuano. Senza ascoltare gli argomenti di chi sostiene che era meglio attendere per non ostacolare la possibilità di un processo di pace. Che comunque in questo caso è assente da una trentina d’anni. Sono del parere opposto: credo che la giustizia internazionale debba avere anche un effetto deterrente. È chiaro che lo scopo principale rimane quello di reprimere i crimini e di accertare le responsabilità. Ma si tratta pure di mandare un segnale a chi è coinvolto direttamente e indirettamente. Di far presente in modo inequivocabile che le violazioni in questione non sono tollerate.
Non è un po’ tardi, dopo la morte di decine di migliaia di civili a Gaza?
Sì, ma l’effetto deterrente può ancora contribuire a fermare chi sta commettendo questi crimini. Per questo è fondamentale che vengano colpiti non solo gli individui che li stanno materialmente perpetrando ma anche i loro comandanti. I vertici di uno Stato, Israele, e quelli di un’organizzazione armata, Hamas. E proprio questo fa il procuratore, che accusa sia i “perpetretor” che i “commander”, come si legge nel comunicato della Procura della Cpi. Nel caso di Israele, è vero che a essere nel mirino è in fondo la politica di un governo rappresentativo e quindi, almeno in teoria, la politica compatta di uno Stato. Ma sono le singole persone, poi a prendere le decisioni. Ed è giusto indagare le loro responsabilità ed eventualmente sanzionarle.
Il valore di questo procedimento potrebbe restare più che altro simbolico…
Ma anche questo livello simbolico è comunque significativo. Si tratta di una svolta storica. Anche rispetto ai tanti che da decenni accusano la Corte penale di essere di parte, di avere “doppi standard” e di processare solo individui del Sud globale. Da oggi la Corte è più credibile. Con tutto ciò che ne consegue per l’autorevolezza e l’aspetto deterrente delle sue decisioni.