Cosa prevede la riforma della giustizia in Israele che rischia di far cadere il governo Netanyahu
Da settimane a Tel Aviv e Gerusalemme, nello Stato d'Israele, migliaia di manifestanti stanno scendendo in piazza per protestare contro la riforma della giustizia voluta dal governo di Benjamin Netanyahu. La situazione è degenerata dopo la notizia del licenziamento del ministro della Difesa, Yoav Galant, che si opposto al processo di revisione. Spinto anche dal presidente israeliano Isaac Herzog, che ha invitato il governo a interrompere "immediatamente" il processo legislativo relativo alla riforma della giustizia, il premier Netanyahu potrebbe annunciare uno stop mettendo di fatto in crisi il futuro del suo governo.
Con la riforma del sistema giudiziario andrebbero a diminuire fortemente i poteri della Corte Suprema che invece oggi può intervenire sulle decisioni di governo e Parlamento. Si tratta di un aspetto fondamentale all'interno della Legge fondamentale perché garantisce la laicità del Paese.
“Questo governo, appoggiato dalle coalizioni di estrema destra, vuole togliere sempre più potere alla Corte Suprema, organo che finirebbe per essere così politicizzato – spiega a Fanpage.it Ugo Tramballi, consigliere scientifico Ispi – il sistema giudiziario finora è sempre stato indipendente rispetto al sistema politico, cosa che invece Netanyahu vuole cambiare, rendendo di fatto il Paese sempre meno laico. Vedere Israele diventare sempre più simile all'Ungheria di Orban e alla Turchia di Erdogan ha messo in allerta tutti, anche perché il rischio è il Paese somigli sempre di più all'Iran”.
Cosa sta accadendo in Israele?
La situazione è in una specie di stallo: l'ipotesi più probabile, come chiesto anche da Herzog, è che venga rinviato il voto sulla riforma giudiziaria che rischia di cambiare in maniera definitiva la democrazia israeliana, ma la verità è che il premier Netanyahu è all'angolo, costretto a fare quello che gli chiede la sua coalizione di estrema destra e di matrice religiosa. Oggi è la tredicesima settimana di manifestazioni in Israele, alle quali si sono aggiunti anche gli scioperi: dunque la situazione è di stallo ma resta pericolosa.
Che cosa è cambiato oggi rispetto alle ultime 13 settimane?
Manifestazioni con una percentuale così alta di partecipazione da parte dei cittadini le abbiamo viste solo nel 1982 col Massacro di Sabra e Shatila ed è per questo che Netanyahu, oggi dinanzi a tante persone scese in piazza, ha capito che la situazione è grave e che serve trovare una via di uscita.
Anche perché ci sono altre pressioni, non solo quelle della società civile israeliana: pensiamo agli Stati Uniti che, seppur presi dalla guerra in Ucraina e dal ruolo sempre più crescente della Cina a livello internazionale, spingono fortemente su Netanyahu. Vedere Israele diventare sempre più simile all'Ungheria di Orban e alla Turchia di Erdogan ha messo in allerta anche la comunità ebraica americana che è sempre stata storicamente democratica e libera, soprattutto sui diritti civili. Anche perché il rischio è che Israele somigli sempre di più all'Iran.
C'è la possibilità concreta di una caduta di governo?
A questo punto la ritengo la conclusione più logica, nonché più attesa dagli Israeliani. In piazza a manifestare sono scesi laici, religiosi, di destra e di sinistra, c'è anche l'apparato militare che certamente non è di sinistra. Ci sono tantissimi religiosi che però non vogliono uno Stato confessionale come i partiti della coalizione di governo. Di base tutti sono contro le decisioni prese da questo governo.
Come cambierebbe la democrazia israeliana con la riforma del sistema giuridico
Israele non ha una Costituzione ma una Legge fondamentale, perché quando fu fondato lo Stato non si volle affrontare il difficile scoglio dei rapporti con la Chiesa e di conseguenza i rapporti con i religiosi. All'interno di questa Legge fondamentale il sistema giudiziario è quindi indipendente rispetto al sistema politico, cosa che questo governo vuole cambiare, rendendo di fatto questo paese sempre meno laico.
E questo lo si fa diminuendo i poteri della Corte Suprema che ha il potere ad esempio anche di non ritenere all'altezza un primo ministro o di respingere le leggi del Parlamento se sono contro l'interesse generale. La riforma vuole invece che il governo e il Parlamento possano decidere anche di ignorare le decisioni della Corte Suprema, se necessario, e di nominare inoltre con nomina politica le figure più importanti del sistema giuridico.
Non meno importante è il palese interesse privato di questa riforma, primo tra tutti Netanyahu che vuole togliere potere alla Corte Suprema perché ha tre processi in corso per corruzione, accuse che cadrebbero immediatamente.
Cosa succederà nelle prossime settimane?
Davanti a noi abbiamo un mese di dibattito sulla riforma che getterà le basi del futuro del governo di Israele. Netanyahu al momento è politicamente morto: qualsiasi cosa farà si troverà isolato. La speranza è che il governo cada perché vengano meno i numeri visto che la maggioranza ha infatti solo 64 voti di scarto, e si sarà così costretti a nuove elezioni, ma non è un processo immediato.