Quali sono le condizioni per la firma di un accordo di tregua tra Israele ed Hezbollah in Libano
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe accettato "in linea di principio" la proposta di tregua con Hezbollah avanzata dagli Stati Uniti. Lo riportavano stamattina i media israeliani riferendo di consultazioni ad alto livello tra il primo ministro e funzionari del suo governo, ma la notizia è stata confermata da fonti di Tel Aviv anche nel pomeriggio di oggi.
I dettagli saranno resi noti domani mattina ma l'ipotesi al vaglio sarebbe strutturata prevalentemente in tre fasi: una tregua seguita dal ritiro dei miliziani di Hezbollah a nord del fiume Litani; il ritiro completo delle truppe israeliane dal Libano meridionale e, infine, negoziati tra Israele e Libano sulla demarcazione dei rispettivi confini. Inoltre, sempre secondo i termini della proposta, l'esercito libanese dovrebbe avere il compito di prendere il controllo della zona di confine e impedire il ritorno di Hezbollah.
Ma come si è arrivati all'ipotesi di una tregua tra Israele ed Hezbollah nel mezzo di un conflitto che ha già causato migliaia di morti e feriti? Fanpage.it l'ha chiesto a Giuseppe Dentice, analista del CESI specializzato in Medio Oriente: "La richiesta di arrivare a una tregua – spiega l'esperto ai nostri microfoni – giunge più da parte israeliana che libanese: oltre agli USA, sono stati infatti i militari dello stato ebraico a chiedere che Netanyahu accetti di fermare almeno temporaneamente il conflitto".
Per quale ragione?
Le operazioni militari non stanno andando come immaginava il governo Israeliano perché l'IDF è riuscito solo in parte a debellare la minaccia di Hezbollah. Se i pericoli lungo il confine sono stati parzialmente attenuati, le operazioni terrestri allargate anche in altre aree – come il confine con la Siria – dimostrano che la resistenza del Partito di Dio è stata finora decisamente superiore alle attese. Lo è stata per una maggiore conoscenza del territorio e per le caratteristiche stesse del terreno, non adatto in questa stagione dell'anno all'avanzamento dei corazzati israeliani. Le aree in cui si combatte sono per lo più montagnose e boschive, si tratta di zone nelle quali è molto complicato operare per le forze armate di Tel Aviv. Gli strike aerei israeliani a Beirut – e non solo – hanno indebolito la catena di comanda di Hezbollah e colpito i suoi operativi, ma il Partito di Dio mantiene ancora un grande potenziale bellico, come dimostra il fitto lancio di razzi sulle città israeliane dell'ultimo weekend.
Insomma, come quella di Hezbollah è una milizia che sta dimostrando di poter tenere testa a uno degli eserciti più potenti del mondo…
Sì, il Partito di Dio è stato indebolito ma mostra ancora un'ottima capacità di resistenza. Ha ingabbiato l'esercito israeliano nel sud del Libano senza permettere reali avanzamenti e continua a colpire il nord di Israele con grande determinazione.
Nelle ultime ore si discute con una certa insistenza di una possibile tregua tra Israele ed Hezbollah. Ma a quali condizioni?
Non sono disponibili molte informazioni al riguardi. Di certo si sta chiedendo un ritiro di Hezbollah al nord del fiume Litani. Nella fascia di 20-30 chilometri che separa il fiume dai miliziani dovrebbe operare, oltre a Unifil, anche l'esercito libanese, che si occuperebbe anche del pattugliamento dei confini. A tutela di Israele dovrebbero intervenire anche gli Stati Uniti, che sosterrebbero militarmente lo stato ebraico in caso di necessità e sosterrebbero l'esercito libanese con un impegno ancora più forte rispetto al passato. La bozza in discussione dovrebbe prevedere una tregua di 60 giorni, periodo nel quale le popolazioni che risiedevano nei pressi del confine dall'una e dall'altra parte dovrebbero poter fare ritorno nelle loro case. C'è poi un altro punto dirimente: Israele pretende libertà di azione, vuole intervenire liberamente ogni qualvolta ne venga messa in discussione, a sua totale discrezione, la sicurezza nazionale. Tel Aviv vuole avere mano libera per invadere di nuovo il sud del Libano o lanciare nuovi strike aerei sulle città libanesi. Questo è l'elemento che più di tutti rischia di mandare all'aria le trattative.
Oltre la tregua di 60 giorni, qual è la posta in gioco di medio-lungo periodo?
L'obiettivo di Israele resta quello di eliminare Hezbollah, che costituisce la principale minaccia alla sua sicurezza. È molto difficile che però questo avvenga: significherebbe lasciare mano libera a Tel Aviv e questo non verrebbe tollerato neppure dagli Stati Uniti. Fino al 20 gennaio, Biden farà probabilmente di tutto per passare alla storia come il presidente che ha cercato di ripristinare la pace in Medio Oriente.
Chi potrebbe ostacolare il raggiungimento di un'intesa tra Israele ed Hezbollah?
Innanzitutto il ministro israeliano della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, che ha detto apertamente che il suo obiettivo è e resta distruggere il Partito di Dio, e che di conseguenza non accetta di buon grado la possibilità che si giunga a una tregua. Ma anche in Libano ci sono forze dell'arco parlamentare che tenteranno di estromettere Hezbollah da qualsiasi posizione di forza. Insomma, affinché un accordo venga effettivamente raggiunto devono mettersi insieme ancora molti tasselli del puzzle. E non è detto che avvenga.
Un'ultima domanda: se si dovesse raggiungere un cessate il fuoco duraturo tra Israele ed Hezbollah quale sarà il ruolo di UNIFIL?
Si presume che UNIFIL continuerà ad operare ma che le regole d'ingaggio della forza multinazionale delle Nazioni Unite possano essere rimodulate. È verosimile anche che il contingente ONU possa essere affiancato dall'esercito libanese, che tuttavia avrebbe bisogno di essere sensibilmente rafforzato.