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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Cosa potrebbe decidere domani la Corte Internazionale di Giustizia sull’accusa di genocidio a Israele

Domani i giudici della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia decideranno sulla causa intentata per genocidio contro Israele dal Sudafrica. Il tribunale potrebbe ordinare la rimozione di ogni ostacolo alla consegna degli aiuti umanitari, e non è da escludere che venga ordinata anche la cessazione delle ostilità.
Intervista a Professor Luigi Daniele
Docente di diritto dei conflitti armati e diritto Internazionale Umanitario e penale alla Nottingham Trent University.
A cura di Davide Falcioni
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Domani, venerdì 26 gennaio, la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia annuncerà la decisione sulle misure di emergenza contro Israele dopo le accuse presentate nelle scorse settimane dal Sudafrica. Pretoria sostiene che l'intervento militare di Tel Aviv nella guerra a Gaza costituisca un genocidio. Lo stato ebraico respinge invece le accuse, che definisce "grossolanamente distorte", e sostiene che la sua azione costituisca legittima difesa contro Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre. I numeri però parlano da soli: secondo l'OCHA, Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, le vittime israeliane sono circa 1.200 mentre quelle palestinesi venti volte tante, e ormai più di 25mila.

Ieri la Corte Suprema delle Nazioni Unite ha spiegato che il collegio di 17 giudici annuncerà la sua risposta domani a mezzogiorno (le 13 ora italiana). Il tribunale dell'Aia emetterà sul caso solo una sentenza provvisoria: non affronterà quindi la questione principale, ovvero se Israele stia commettendo o meno un genocidio. Il Tribunale stabilirà solo se adottare delle misure cautelari di emergenza; una sorta di "ordine restrittivo", insomma, per evitare che la controversia degeneri ulteriormente. Ma cosa potrebbero decidere i giudici, nel concreto? E quali obblighi deriveranno per Israele dalla loro sentenza? Fanpage.it ha interpellato il professor Luigi Daniele – docente di diritto dei conflitti armati e diritto Internazionale Umanitario e penale alla Nottingham Trent University.

Il professor Luigi Daniele
Il professor Luigi Daniele

Qual è stata la richiesta del Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia nella sua causa intentata contro Israele per genocidio?

Il Sudafrica chiede alla Corte di ordinare nove misure cautelari, tutte incentrate sugli obblighi giuridici che Israele starebbe violando. Pretoria considera quelle a Gaza condotte di genocidio in corso, di conseguenza chiede che la Corte ordini di interromperne la commissione, di prevenirne di ulteriori e di punire le istigazioni pubbliche e dirette al genocidio. Tra le misure richieste, la prima è quella di interruzione immediata delle ostilità.

In che modo il Sudafrica motiva questa richiesta di stop alle ostilità?

Pretoria sostiene che, al di là dell'uccisione sistematica di masse di civili palestinesi, a Gaza sussista l'impossibilità di consegnare aiuti umanitari indispensabili alla sopravvivenza della popolazione tutta. Il Sudafrica quindi sostiene che – anche qualora venissero rimossi gli ordini di assedio totale che hanno spinto oltre due milioni di persone nella Striscia di Gaza verso condizioni di carestia, sete e malattie – comporti rischi mortali anche solo tentare di consegnare gli aiuti, perché non esistono né corridoi umanitari, né zone sicure risparmiate dai bombardamenti. Questo è un dato di fatto, tant'è vero che negli ultimi giorni le ostilità si sono intensificate anche nel sud della Striscia, fino al confine con l'Egitto, dove un milione e mezzo di sfollati del nord sono concentrati in zone a già altissima densità abitativa, in condizioni disperate. Secondo Pretoria, quindi, senza uno stop ai combattimenti è sostanzialmente impossibile consegnare aiuti umanitari alla popolazione civile sull'orlo dell'ecatombe. Il Sudafrica, contestualmente, chiede la rescissione di tutti gli ordini di assedio e la rimozione di ogni ostacolo alla consegna di aiuti ai non belligeranti. Il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia quindi verte in maniera decisiva su queste due misure cautelari: stop alle ostilità e fine dell'assedio.

Alla luce delle prove raccolte dal Sudafrica, e della successiva replica israeliana, che cosa potrebbero decidere domani i giudici della Corte Internazionale di Giustizia?

Credo sia verosimile che ordinino la rimozione di ogni ostacolo alla consegna degli aiuti umanitari, e non è da escludere che venga ordinata anche la cessazione delle ostilità. A questo punto sovviene un problema: poiché gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia sono rivolti ai soli Stati, formalmente solo Israele sarebbe tenuto a rispettarli. Come imporre lo stesso, dunque, ai gruppi armati palestinesi (che sono gruppi non statuali)? Questo problema potrebbe essere facilmente aggirato se i giudici formulassero questa misura cautelare in modo da imporre una simmetrica responsabilità dei gruppi armati palestinesi, ad esempio ordinando lo stop alle ostilità da parte di Israele a meno che non sopraggiungano nuovi attacchi armati da parte palestinese. In questa maniera la decisione dei giudici vincolerebbe di fatto entrambe le parti combattenti e potrebbe essere il passo decisivo per un cessate il fuoco bilaterale.

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Nel caso in cui la Corte dell'Aia dovesse stabilire misure cautelari cosa è tenuta a fare Israele? E qualcuno può far rispettare quegli obblighi? Ricordiamo che Benjamin Netanyahu ha già dichiarato: "Nessuno ci fermerà, né l'Aia né l'asse del male", quasi a voler equiparare la Corte Internazionale di Giustizia e Hamas…

È giusto ricordare quella dichiarazione di Netanyahu, giunta a meno di 24 ore dopo la seconda udienza all'Aia, sconfessando di fatto il lavoro dello stesso team legale israeliano che aveva appena concluso le proprie osservazioni. Ecco, Netanyahu ha sostanzialmente promesso che violerà un ordine vincolante della Corte ancor prima che venga emesso. Detto ciò, cosa succede se i giudici dovessero stabilire misure cautelari e Israele si rifiutasse di eseguirle? Della materia potrebbe essere investito il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Di fronte a questa ipotesi in molti immaginano che potrebbe esserci un nuovo veto degli Stati Uniti, ma io non ne sarei così sicuro. È ormai noto, infatti, che a ogni veto USA contro un cessate il fuoco a Gaza l'amministrazione Biden ha perso milioni di voti delle comunità arabe e musulmane statunitensi. Il costo politico di un veto contro l'esecuzione di un ordine della Corte Internazionale di Giustizia avrebbe quindi per Biden e i democratici americani un costo politico ancor più drammatico e senza precedenti. Gli Stati Uniti rischierebbero di degradare se stessi a una potenza con la stessa considerazione del diritto internazionale della Federazione Russa.

Da un’eventuale imposizione di misure cautelari a Israele, ad esempio lo stop ai bombardamenti, deriverebbero obblighi anche per gli Stati terzi, ad esempio gli alleati di Tel Aviv (quindi Italia compresa)?

Dal punto di vista strettamente formale le misure cautelari della Corte dell'Aia vincolano solo agli stati a cui sono rivolte. Qui però parliamo di violazioni di obblighi imposti dalla Convenzione per la Prevenzione e Repressione del Crimine di Genocidio. Bisogna notare che qualsiasi misura cautelare, anche la più debole, significherebbe che la Corte ritiene le accuse del Sudafrica ‘plausibili' (è questo uno dei parametri chiave utilizzati in passato per ordinare queste misure urgenti).

In casi analoghi, la Corte Internazionale di Giustizia si è soffermata sugli obblighi di prevenire genocidi in capo a tutti gli Stati parte della Convenzione. Tali obblighi sono stati interpretati come autenticamente universali, vanno cioè adempiuti, secondo la Corte, a prescindere da pregiudizi o interessi specifici degli altri Stati parte. Sono inoltre, a detta della Corte, obblighi di condotta e non di risultato. Gli Stati terzi, quindi, hanno il dovere di utilizzare ogni mezzo a loro disposizione per prevenire genocidi, in particolare quando ciò sia possibile sulla base della capacità di questi stati di influenzare l'azione dello Stato accusato, per esempio in virtù della "forza dei nessi politici o di qualsiasi altro tipo" (par. 430) tra Stato terzo e Stato sotto accusa. Ciò pone gli altri Paesi, in particolare gli alleati del Governo israeliano, in posizione di grave rischio di complicità (non solo politica e morale, ma giuridica): sono proprio questi Stati a doversi chiedere e, soprattutto, a dover chiedere alla Corte stessa (intervenendo nel procedimento) quali azioni intraprendere per prevenire che un genocidio si compia e per non incorrere essi stessi in gravi violazioni di norme perentorie di diritto internazionale.

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