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Cosa ci sta dicendo Donald Trump con la cancellazione dei programmi di diversità e inclusione

Le iniziative di Trump sui programmi di diversità e inclusione, semplicemente, danno il via alle discriminazioni legalizzate nel territorio degli Stati Uniti. Con conseguenze enormi, per tutti.
A cura di Jennifer Guerra
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Come promesso, tra le decine di ordini esecutivi firmati da Trump nei primi giorni di presidenza, c’è anche quello che sospenderà tutti i programmi di diversità e inclusione in tutti i dipartimenti e le agenzie governative. I dipendenti avevano tempo fino alle cinque di pomeriggio del giorno stesso per cancellare i programmi e il presidente ha firmato un ulteriore ordine che dà loro dieci giorni di tempo per denunciare senza ripercussioni possibili programmi sfuggiti alla chiusura o presentati sotto un’altra veste ma che si rifanno comunque ai principi della diversità, dell’equità e dell’inclusione. Nel suo discorso di inaugurazione, Trump aveva detto che la diversity “ingegnerizza socialmente la razza e il genere in ogni aspetto della vita pubblica e privata”, impedendo la costruzione di una “società basata sul merito”.

Il provvedimento fa il paio con un altro ordine firmato da Trump, intitolato “Difendere dalle donne dall’ideologia gender estremista e ristabilire la verità biologica nel governo federale”, che impone il riconoscimento soltanto del sesso femminile e del sesso maschile. Oltre alle controverse (e assai poco scientifiche) definizioni di “maschio” e “femmina”, la norma prevede anche che tutte le leggi, i documenti e i regolamenti federali modifichino il linguaggio eliminando di fatto ogni riferimento al genere o all’identità di genere e l’interruzione del finanziamento di ogni iniziativa “che promuove o in altro modo inculca l’ideologia gender”. Questo avrà un impatto significativo in particolare sulla sospensione degli strumenti di contrasto all’omofobia e alla transfobia nelle scuole, come dimostra l’elenco di documenti incluso nella norma che verranno modificati secondo le nuove linee guida.

I programmi di diversità e inclusione (DEI) negli Stati Uniti sono stati sviluppati a partire dagli anni ’90 per garantire ambienti di lavoro o educativi più inclusivi e maggiori opportunità per donne, persone di colore e minoranze sessuali. Questa esigenza era nata sulla spinta dei movimenti per i diritti civili e sociali che, tra gli anni ’60 e gli anni ’80, portarono alla fine della segregazione razziale e all’approvazione delle leggi per la parità di genere. Con i cambiamenti sociali degli ultimi anni, aziende e istituzioni hanno rafforzato questi strumenti, spesso finendo al centro di polemiche. Da un lato, si è imposta la percezione che strumenti come le quote di genere o le quote razziali siano in realtà forme di discriminazione nei confronti del gruppo sociale che non ne può usufruire, cioè quello dei maschi bianchi; dall’altro si è costituito un fronte che avversa ogni forma di sapere non tradizionale, come gli studi di genere o gli studi postcoloniali, bollandolo come “politicamente corretto” o “woke”. I programmi DEI spesso si basano sulle teorie proposte da questi campi di studio. L’avversione verso la DEI è stata spesso accompagnata da vere e proprie teorie del complotto, come l’idea che esista un’élite culturale, ormai in pieno controllo di aziende private e istituzioni, che vuole imporre con la forza il “marxismo culturale” o il “razzismo al contrario”.

Trump ha cavalcato questi timori, trascinando con sé anche diverse imprese private: negli ultimi mesi, aziende come Meta (proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp), Amazon, la catena di supermercati Walmart e la Ford hanno sospeso o ridimensionato i propri programmi di diversità e inclusione. Le conseguenze del divieto sulla pubblica amministrazione saranno però molto più gravi: non solo migliaia di dipendenti pubblici verranno licenziati, ma il governo smetterà di raccogliere dati su questioni importanti come le discriminazioni razziali o il gender pay gap. Non è ancora chiaro poi se la norma impatterà sull’assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette, visto che in passato Trump si era lamentato del fatto che le assunzioni di “persone con serie infermità” nell’Amministrazione federale dell'aviazione avevano messo a rischio la sicurezza dei passeggeri degli aerei. Secondo il New York Times, alcune agenzie federali starebbero addirittura sospendendo eventi pubblici di commemorazione di Martin Luther King, previsti per la festività nazionale dedicata all’attivista per i diritti civili.

Infine, anche le scuole e le università potrebbero essere colpite dal provvedimento. Una sentenza della Corte Suprema a maggioranza repubblicana e le leggi approvate in alcuni stati avevano già messo fortemente in discussione il sistema delle ammissioni alle università basato sull’“azione positiva”, che promuove attivamente la partecipazione di alcuni gruppi etnici. Ora il Senato vuole fare passare una legge che non solo vieti per tutti questo sistema, ma che tagli tutti i fondi pubblici alle scuole che aderiscono a programmi di diversità e inclusione e che trattano argomenti come “la giustizia sociale, l’oppressione sistemica e l’antirazzismo”. I siti di alcune università hanno già oscurato le pagine dedicate a questi temi, sollevando dubbi anche sul proseguimento dei corsi di studio che se ne occupano. Nelle università che hanno sospeso i programmi di inclusione, il numero delle iscrizioni degli studenti non bianchi è crollato.

Le iniziative di Trump sembrano essere in aperta violazione con la Costituzione, che nel 1968 inserì delle clausole per la piena partecipazione di tutte le minoranze a tutti gli aspetti della società. Ma né per il presidente né per la Corte Suprema questo sembra essere un gran problema.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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