
Dal 1973 al 2023 i decessi per overdose complessivamente rilevati in Italia sono stati circa 27 mila. Solo nel 2023, la crisi del fentanyl negli Stati Uniti ha raggiunto proporzioni allarmanti, con oltre 74 mila morti per overdose. Questo significa che per la stessa proporzione di abitanti, in Italia avremmo avuto 12 mila vittime. Se a questo aggiungiamo che l’oppioide in questione è descritto come 50 volte più potente dell’eroina e 100 volte la morfina, il quadro inizia ad acquisire quei tratti che possono far rabbrividire persino il più sprovveduto con l’argomento tra tutti noi.
Da emergenza sanitaria a leva geopolitica
Il fentanyl è un analgesico, un oppiode sintetizzato dal dottor Paul Janssen negli anni 60, utilizzato prevalentemente come farmaco per la cura del dolore severo e cronico in ambito chirurgico, oncologico e per le cure palliative. Ad oggi è la droga più mortale al mondo. Per comprendere la dimensione del problema in questione, basti pensare che per la Joint economic commission Usa, il costo pubblico per l’epidemia di oppioidi ($1.5 Triliardi) supera quello del sistema sanitario ($1.2T), del welfare ($1.2T) e della difesa nazionale ($1.1T).
Tale epidemia, ha fornito ancora una volta all’amministrazione Trump un pretesto per inasprire la guerra commerciale con Pechino. L’accusa degli Stati Uniti è chiara: la Cina non sta facendo abbastanza per contrastare la produzione e l’esportazione dei precursori chimici necessari alla sintesi del fentanyl, usati poi dai cartelli messicani per produrre il farmaco oppioide.
Questa problematica è diventata centrale nel dibattito politico statunitense, con esponenti dell'amministrazione Trump che hanno insistito sulla necessità di azioni più severe contro il governo di Xi. Il problema del fentanyl è stato quindi trasformato in un’arma geopolitica, utilizzata per giustificare sanzioni e misure economiche contro Pechino e altri.
Trump e l'uso politico del fentanyl
Trump ha imposto una serie di dazi contro Cina, Canada e Messico, citando la mancata collaborazione nella lotta al narcotraffico come una delle giustificazioni e annunciando tariffe del 10% sulle importazioni cinesi e del 25% su quelle canadesi e messicane, aggravando così le tensioni economiche. Pechino ha reagito accusando Washington di "ricatto commerciale", sottolineando come la Cina fosse stata il primo Paese a regolamentare il fentanyl nel 2019 e a introdurre misure di controllo severe.
Oltre alle tariffe, Trump ha legato la questione fentanyl a un più ampio discorso sulla sicurezza nazionale, affermando che Pechino potrebbe deliberatamente permettere il traffico di questa sostanza per destabilizzare gli Stati Uniti. In un'intervista il neo Segretario di Stato Marco Rubio ha accusato la Cina di condurre una "guerra dell’oppio al contrario", in riferimento alle guerre dell'oppio del XIX secolo.
Trump ha anche accusato il Messico di non fare abbastanza per fermare il flusso di fentanyl verso gli Usa, arrivando a minacciare la chiusura del confine o azioni dirette contro i cartelli. Nel frattempo i vicini hanno lanciato l’operazione "Northern Border", schierando 10 mila truppe della Guardia Nazionale per contrastare il traffico di droga. Tuttavia, la cooperazione tra i paesi in materia di sicurezza è rimasta problematica, con tensioni diplomatiche che hanno complicato le operazioni congiunte e che mettono in evidenza anche le difficoltà dell’apparato pubblico di Città del Messico nel gestire la corruzione, la debolezza istituzionale e le dinamiche politiche interne.
Dipendenze da storie già viste
La guerra commerciale tra Usa e Cina non è una novità degli anni recenti, ma ha radici che risalgono agli anni '90, con una crescente preoccupazione degli Stati Uniti per la dipendenza dai prodotti cinesi e le pratiche di commercio sleale. L'ascesa economica della Cina ha portato a scontri sistematici, culminati nelle misure tariffarie imposte da Trump nel 2018. Il fentanyl è diventato un nuovo capitolo di questo conflitto, con Washington che lo utilizza nuovamente come strumento di pressione per ottenere concessioni.
Parallelamente, il commercio illegale di precursori chimici si è evoluto nel tempo: le aziende cinesi hanno trovato modi sempre più sofisticati per aggirare le normative, tra cui la vendita attraverso intermediari in altri Paesi. Inoltre, i cartelli messicani hanno sviluppato metodi avanzati di produzione e distribuzione, rendendo l’oppioide una delle droghe più redditizie sul mercato nero.
Le ripercussioni dei dazi
Le tensioni commerciali tra Stati Uniti, Cina, Canada e Messico stanno avendo ripercussioni significative sull'economia globale. L’inasprimento dei dazi ha portato a una riduzione del commercio bilaterale, a un aumento dei costi per le aziende e a una crescita dell’incertezza nei mercati. Le ritorsioni cinesi hanno colpito in particolare settori strategici come l’agricoltura americana con tariffe del 15%.
La decisione di Trump di introdurre nuovi dazi ha suscitato critiche anche tra gli esperti economici, che temono ripercussioni sulla filiera globale, già colpita dalle restrizioni su tecnologie avanzate come i semiconduttori e le batterie per veicoli elettrici. Inoltre, il Canada ha risposto con dazi del 25% su 30 miliardi di dollari di prodotti statunitensi, con un’espansione prevista su altri 125 miliardi nei successivi 21 giorni.
Il fentanyl come arma cinese o americana?
L’amministrazione Trump ha spesso descritto il commercio illegale di fentanyl come una "guerra chimica" orchestrata da Pechino. Tuttavia, gli esperti sottolineano che la realtà è più complessa: mentre la Cina produce i precursori, è il Messico a trasformarli in fentanyl e a distribuirli negli Stati Uniti. Il coinvolgimento di organizzazioni criminali come il cartello di Sinaloa complica ulteriormente la situazione.
Le statistiche della DEA mostrano che il 98% del fentanyl sequestrato entra negli USA attraverso il confine con il Messico, mentre meno dell'1% proviene dal Canada. Questo ha portato Trump a minacciare un intervento militare diretto contro i cartelli messicani, un'ipotesi accolta con ostilità dal governo.
Gli sforzi cinesi nel contrasto al traffico di fentanyl
La Cina è stata identificata come il principale produttore di fentanyl e dei suoi precursori che -a differenza dell’eroina- permettono la produzione di oppiodi -per l’appunto sintetici- che non richiedono l’utilizzo di oppio naturale. Nonostante nel 2019 Pechino abbia implementato una legge che vieta la produzione e l'esportazione di tutte le varianti del fentanyl, le sfide nel controllo delle esportazioni illegali persistono. Le autorità affermano di aver adottato misure rigorose per controllare queste sostanze e di aver collaborato con altri paesi, inclusi gli Usa.
Tuttavia, la complessità del monitoraggio delle numerose aziende chimiche e la continua domanda globale rendono difficile l'eliminazione completa del traffico illecito. Gli ufficiali cinesi ritengono che il problema risieda più nella domanda americana che nell’offerta asiatica. Secondo Pechino, gli Usa dovrebbero concentrarsi su misure di riduzione del danno e su un maggiore controllo interno, invece di scaricare la responsabilità sull’estero.
Il governo, attraverso un recente white paper rilasciato il 4 marzo dal China's State Council Information Office, ha ribadito il suo impegno nella lotta al fentanyl, sottolineando la cooperazione con gli Stati Uniti e il rafforzamento delle misure di controllo. Nell’ultimo anno, Pechino ha inserito nuovi precursori chimici nella lista delle sostanze regolamentate e ha avviato indagini su centinaia di aziende sospettate di vendere illegalmente questi composti.
Per le autorità cinesi, gli Usa utilizzano l’epidemia come pretesto per giustificare un atteggiamento aggressivo sul piano commerciale. Il Ministero del Commercio cinese ha definito i dazi "una manovra di distrazione per evitare di affrontare le vere cause interne dell'epidemia di oppioidi".
Il business del fentanyl e le responsabilità di Big Pharma
Infatti, un altro aspetto fondamentale della crisi del fentanyl riguarda non solo la produzione, ma la richiesta e il ruolo dell'industria farmaceutica americana. Aziende come Purdue Pharma, Johnson & Johnson e altre hanno promosso per anni l’uso di oppioidi per il trattamento del dolore, spesso minimizzando i rischi di dipendenza. La promozione aggressiva di farmaci come l’OxyContin ha creato milioni di pazienti dipendenti, contribuendo alla diffusione dell’uso di fentanyl come sostituto economico e facilmente reperibile sul mercato nero.
Le aziende farmaceutiche hanno affrontato cause legali per miliardi di dollari, con accordi di risarcimento che hanno superato i 26 miliardi di dollari. Tuttavia, molti esperti sostengono che questi risarcimenti non siano sufficienti a coprire i danni causati alla società americana.
Il fentanyl in Italia
Secondo Statista, nel 2022, l’Italia è risultata quinta al mondo, con il 4,6% del consumo globale di fentanyl e proprio a marzo dell’anno scorso ha lanciato il Piano Nazionale contro l’uso improprio di fentanyl. Come riportato da Formiche.net nell’intervista a Antonio Cuomo, direttore della struttura complessa di Anestesia, rianimazione e terapia antalgica presso l’Istituto nazionale tumori Irccs Pascale di Napoli: “in Italia, il recente Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio di fentanyl, riflette l’urgenza di affrontare il problema dell’uso improprio. Ma al di là delle paure, resta il fatto che, nel contesto appropriato e controllato, il fentanyl è uno strumento terapeutico cruciale per migliorare la qualità della vita dei pazienti”.
Quale futuro per le relazioni sino-americane?
Con Trump di nuovo alla Casa Bianca e una crescente pressione sugli alleati commerciali, la situazione rimane tesa. L’inasprimento delle tariffe e l’accusa di "guerra chimica" contro la Cina potrebbero portare a un escalation di rappresaglie economiche, mentre la crisi del fentanyl continua a mietere vittime negli Stati Uniti e gli esperti ritengono improbabile che l’inasprimento delle tariffe abbia un impatto diretto sull’epidemia in corso.
Se da un lato Pechino mostra un'apertura al dialogo per evitare un ulteriore deterioramento delle relazioni, dall'altro l'amministrazione Trump sembra determinata. L’incertezza rimane alta, con possibili ripercussioni sulla stabilità globale e sulle strategie commerciali delle principali potenze economiche mondiali. La lotta contro l’oppioide si è così trasformata in un nuovo terreno di scontro tra Washington e Pechino, con conseguenze che vanno ben oltre la questione della sanità pubblica e che -sommandosi al quadro europeo e russo- rendono la crisi del fentanyl una perfetta metafora dello stato di salute della geopolitica attuale e delle relazioni tra grandi potenze.
