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Guerra in Ucraina

Cosa c’è dietro le dimissioni di cinque ministri ucraini, l’esperto: “Una mossa disperata”

Guerra Russia-Ucraina. Oltre al Ministro degli Esteri Dmytro Kuleba hanno rassegnato le dimissioni altri esponenti del governo di Kiev. Zelensky parla di “rimpasto necessario”, intanto nel Donbass la situazione è sempre più critica. Aldo Ferrari (ISPI): “Stiamo camminando sull’orlo di un precipizio, speriamo di non finirci dentro”.
Intervista a Professor Aldo Ferrari
Direttore del Programma Russia-Caucaso-Asia Centrale dell'ISPI e docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia.
A cura di Davide Falcioni
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La guerra in Ucraina è giunta a uno snodo fondamentale. Dopo la strage  di ieri nella città di Poltova, che ha causato più di 50 morti e 270 feriti, la Russia è tornata a colpire duramente questa mattina la città occidentale di Leopoli provocando almeno altre sette vittime, tra le quali un ragazzo di 14 anni. In questo quadro, con gli attacchi missilistici di Mosca che si sono significativamente intensificati negli ultimi giorni, il presidente Zelensky ha avviato quello che ha definito un "rimpasto di governo", un "reset" che dovrebbe rafforzare l'esecutivo in vista di mesi delicati. "L'autunno – ha detto Zelensky – sarà estremamente importante per l'Ucraina. E le nostre istituzioni statali devono essere impostate in modo che il Paese ottenga tutti i risultati di cui ha bisogno".

Oltre al Ministro degli Esteri Dmytro Kuleba hanno rassegnato le dimissioni altri esponenti dell'esecutivo: il ministro responsabile della supervisione della produzione di armi durante la guerra, Oleksandr Kamyshin, in carica dal marzo 2023, e anche consigliere del presidente; il ministro della Giustizia Denys Maliuska e il ministro dell’Ambiente, Ruslan Strilets. Ha fatto un passo indietro anche il presidente del Fondo demaniale dell’Ucraina Vitalii Koval. Il cambio di figure chiave per Kiev arriva mentre prosegue l'azione ucraina nell'oblast russo di Kursk e soprattutto mentre il fronte del Donbass vive uno dei periodi più difficili dall'inizio della guerra. Con Aldo Ferrari, direttore del Programma Russia-Caucaso-Asia Centrale dell'ISPI, abbiamo provato a capire quale sia la ratio delle ultime decisioni di Zelensky. E soprattutto quale sia la situazione sul campi, dopo oltre due anni e mezzo di combattimenti.

Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.
Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.

Alcuni importanti esponenti del governo ucraino, a partire dal ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, hanno rassegnato le loro dimissioni nelle ultime 24 ore. Come si spiega questo scossone politico, presentato da Zelensky come un "rimpasto"?

Cambiare mezzo governo a guerra in corso è una mossa disperata. Per dirla con una battuta – sebbene la situazione sia molto seria – quella di Zelensky sembra la scelta di un allenatore di calcio che, vedendo che le cose si mettono male, fa entrare in campo cinque giocatori dalla panchina. La scelta del leader ucraino non può che essere dettata da una grave preoccupazione in primo luogo per una situazione militare che è molto peggiore di come noi la descriviamo. Faccio notare che in Europa abbiamo esaltato l'invasione ucraina nella regione russa di Kursk, che tutti gli esperti militari degni di questo nome considerano un'avventura sconsiderata. Intanto il fronte ucraino sta collassando nel Donbass e la Russia colpisce con sempre maggiore violenza città ucraine ed installazioni, come dimostrano gli eventi degli ultimi giorni. Insomma, quella di Zelensky ha tutta l'aria di essere una mossa della disperazione. Avrebbe probabilmente fatto molto meglio a dimostrare fiducia nei suoi principali collaboratori e compattezza della sua squadra.

L'attacco a Leopoli di stamattina
L'attacco a Leopoli di stamattina

Crede che la scelta del "rimpasto di governo" preluda a un cambio di strategia dell’Ucraina nella guerra contro la Russia?

Il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba non era uno sprovveduto. Aveva una seria cultura diplomatica ed era un uomo molto intelligente, ma ha fatto parte di una squadra di governo che ha lavorato con compattezza in una direzione, esprimendo la volontà politica del Presidente Zelensky ma anche rappresentando con forza la vicinanza di Kiev all'Occidente. Io non credo che chi lo sostituirà cambierà radicalmente la politica estera ucraina. Ma mi lasci dire un'altra cosa: è pura finzione sostenere che l'Ucraina prenda le sue decisioni in modo indipendente. L'Ucraina si può muovere solo nel quadro di ciò che è consentito dalle indicazioni occidentali. Non esiste una volontà politica o militare ucraina che possa prescindere da ciò che decide Washington.

Lei ha parlato di una situazione militare disastrosa per l'Ucraina…

Chi mi segue sa come la penso sul conflitto. In Occidente facciamo una narrazione della guerra piuttosto poco corrispondente alla realtà, e questo sta continuando ad avvenire. La situazione militare imporrebbe a menti lucide un rapido avvicinamento a una soluzione diplomatica. Ma noi europei in primis stiamo facendo di tutto per allontanare tale ipotesi, con lo stesso Borrell che solo pochi giorni fa ha chiesto nuovamente di intensificare il sostegno militare a un Paese, l'Ucraina, che francamente non regge più. Kiev sta combattendo da due anni molto bene grazie al forte sostegno occidentale contro un nemico che nella prima fase ha commesso gravissimi errori, ma che da tempo ne sta commettendo assai meno. Ora invece è l'Ucraina a commettere gravi errori: penso alla fallimentare offensiva del 2023 e a questa azione dissennata a Kursk. Kiev sta dilapidando le sue esigue risorse umane con il sostegno entusiastico e sprovveduto dell'Occidente, che oggettivamente rifiuta di accettare la realtà per quella che è. Ed è che bisogna porre fine al più presto a questa guerra attraverso un'azione diplomatica di lungo respiro.

Un villaggio del Donbass ridotto in macerie
Un villaggio del Donbass ridotto in macerie

L'azione ucraina nell'oblast russo di Kursk è stata spesso esaltata nelle ultime settimane. Perché lei la ritiene invece del tutto sconsiderata?

Mentre il fronte ucraino principale, quello del Donbass, sta collassando Kiev ha inviato le sue migliori risorse a compiere quella che in termini militari viene chiamata diversione, entrando cioè in un territorio sterminato come quello russo e avanzando di pochi chilometri. Presto questi territori verranno riconquistati da Mosca. Molto più intelligente per l'Ucraina sarebbe stato inviare quei soldati ben addestrati a sostenere il fronte nel Donbass. Quella che ha fatto Kiev è stata quindi un'azione militarmente errata e una dispersione delle sue scarse forze. Il fatto che i nostri media e politici fingano di non accorgersene è l'ennesima prova di quanto sia viziata la nostra percezione e narrazione della guerra.

Intanto nel Donbass come sta andando?

Nel Donbass sta andando come va spesso nelle guerre. La parte più debole si difende con tutti i mezzi, ma alla fine deve cedere. E questo cedimento si sta intensificando molto negli ultimi dieci giorni. Per adesso la ritirata ucraina è ancora controllata, ma nelle guerre si rischia sempre che una ritirata di questo tipo di trasformi in una "rotta". Se dovesse avvenire i russi arriverebbero abbastanza rapidamente sulle sponde del Dnepr e questo sarebbe estremamente pericoloso. In primis per l'Ucraina, poi anche per l'Occidente, che di fronte a un tracollo di Kiev potrebbe essere tentato di usare mezzi e uomini della NATO. Credo che stiamo camminando sull'orlo di un precipizio, speriamo di non finirci dentro. Ma più va avanti questa guerra, più valutiamo gli eventi in modo propagandistico, e più aumenta il rischio di una pericolosa escalation.

Gli eventi delle ultime settimane sul campo di battaglia e le dimissioni di molti ministri ucraini allontanano o avvicinano all'avvio di un serio negoziato tra Kiev e Mosca?

Gli eventi delle ultime settimane possono sia avvicinare che allontanare da un negoziato. Da un lato il crescente indebolimento dell'Ucraina dovrebbe indurla – ed indurci – ad intavolare trattative serie. Il buon senso però finora è sempre mancato e non tanto agli ucraini, che del tutto legittimamente combattono per difendere il loro territorio, quanto a noi occidentali che ci ostiniamo a credere che l'Ucraina possa vincere. Le vicende dell'ultimo mese possono portare in una direzione o nell'altra, dunque, ma questo dipende solo ed esclusivamente dalle scelte politiche dei veri decisori. Che però non stanno a Kiev, bensì a Washington.

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