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Cosa sappiamo sull’attacco israeliano a Isfahan, e perché Israele ha scelto proprio quel bersaglio

Giuseppe Dentice, analista del CeSI, spiega perché l’attacco israeliano è stato condotto proprio ad Isfahan: “Si tratta di un sito simbolicamente importante. Oltre ad essere stato colpito l’aeroporto che ospita una sezione militare, è stata attaccata anche la base aerea dell’esercito di Shekari. Inoltre, a Isfahan ha sede un’infrastruttura fondamentale nel processo di sviluppo del programma nucleare iraniano”.
Intervista a Giuseppe Dentice
Responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del CeSI, think tank indipendente focalizzato sull’analisi delle relazioni internazionali e delle dinamiche di sicurezza e difesa.
A cura di Davide Falcioni
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La risposta israeliana al massiccio attacco lanciato la notte tra sabato e domenica scorsi dall'Iran è arrivata questa mattina poco prima dell'alba: tre droni sono stati abbattuti dal sistema di difesa aereo della Repubblica islamica sulla città di Isfahan, nel centro del Paese. I più alti funzionari del governo di Teheran hanno immediatamente sminuito la portata del raid, annunciando che non sarebbero seguite repliche e che la situazione era presto tornata sotto controllo.

Il luogo prescelto da Israele per lanciare l'attacco non è però casuale: nel distretto di Isfahan infatti si trova l’impianto nucleare sotterraneo di Natanz, fulcro del programma di arricchimento dell’uranio del regime iraniano. Il sito, come ha confermato l'AIEA, non è stato colpito e di conseguenza non ha riportato danni. Il target individuato, tuttavia, dimostra la capacità di Tel Aviv di prendere di mira obiettivi strategici di vitale importanza per Teheran.

Come spiega a Fanpage.it Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del CeSI, think tank indipendente focalizzato sull’analisi delle relazioni internazionali e delle dinamiche di sicurezza e difesa, "a Isfahan ha sede un’infrastruttura fondamentale nel processo di sviluppo del programma nucleare iraniano; sempre nella medesima regione vi altre infrastrutture rilevanti, come il famoso impianto di arricchimento dell’uranio nella vicina Natanz o quello di conversione dell’uranio nella zona sudorientale di Zerdenjan". Insomma, sebbene i danni causati dall'attacco di stamattina siano stati nulli, Tel Aviv ha dimostrato di poter raggiungere un luogo cruciale per l'Iran.

Giuseppe Dentice
Giuseppe Dentice

Questa mattina all'alba Israele ha lanciato un attacco con dei droni alla città iraniana di Isfahan. È stata questa la risposta che ci si attendeva da Tel Aviv dopo gli eventi di domenica scorsa?

Le informazioni disponibili sono ancora scarse, di conseguenza avanzare ipotesi concrete su quello che è accaduto questa mattina è, allo stato attuale, molto difficile. Quello che sappiamo con relativa certezza è che c'è stato un attacco presumibilmente israeliano contro alcuni siti nei pressi di Isfahan, nell'Iran centrale. Ad essere presa di mira è stata sicuramente una base militare che ospita caccia F14 Tomcat, e non è chiaro se siano state colpite anche infrastrutture nucleari. Secondo quanto riferito dall'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica) non vi sarebbe stato comunque alcun danno a nessun sito nucleare. Questo è il quadro della situazione, per quello che ci è noto al momento. Ora occorre domandarci se quella di oggi sia stata una vera risposta da parte di Israele, oppure se si sia trattato del primo passo in vista di uno step successivo.

Cosa intende?

Quella di Israele potrebbe essere stata un'azione volta a ricordare all'Iran che può essere colpito in profondità. Finirà qui? Potrebbe essere. Ma quella di questa mattina all'alba potrebbe essere stata anche la prima azione di un'eventuale, ulteriore risposta, che magari arriverà più avanti, quando le attenzioni saranno scemate. Dal canto suo l'Iran può sfruttare questo attacco per affermare, anche a scopi propagandistici interni, che il raid israeliano è stato misero e che i danni non sono stati tali da non impensierire nessuno.

L’Iran effettivamente ha subito sminuito gli effetti dell’attacco e annunciato che non replicherà ulteriormente: è un segnale positivo di distensione, dopo settimane in cui si è temuto uno scontro diretto?

All'Iran ora conviene minimizzare quanto accaduto perché è interessato mostrarsi forte e credibile nella sua capacità di neutralizzare attacchi futuri. L'azione condotta da Israele stesso, oltre alle dichiarazioni di tutti i suoi alleati, sembrerebbero far propendere per l'ipotesi di una distensione, o almeno alla non volontà di proseguire la catena di attacchi e rappresaglie da parte degli attori coinvolti. Questo non significa necessariamente de-escalation, ma di certo lascia intendere che non vi è al momento la volontà di innalzare ulteriormente il livello dello scontro.

Il comandante in capo dell'Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, ha definito "assurdi" i rapporti che attribuiscono ad Israele gli attacchi a Isfahan.

Mi sembra inverosimile. Se non sono stati gli israeliani ad attaccare l'Iran chi altro avrebbe dovuto farlo? Non certo gli Stati Uniti, che hanno dichiarato pubblicamente di non essere coinvolti e di non aver approvato nessun raid contro Teheran.

Come mai l'attacco è stato condotto proprio ad Isfahan?

Si tratta di un sito simbolicamente importante. Oltre ad essere stato colpito l’aeroporto che ospita una sezione militare, è stata attaccata anche la base aerea dell’esercito di Shekari. Inoltre, a Isfahan ha sede un’infrastruttura fondamentale nel processo di sviluppo del programma nucleare iraniano; sempre nella medesima regione vi altre infrastrutture rilevanti, come il famoso impianto di arricchimento dell’uranio nella vicina Natanz o quello di conversione dell’uranio nella zona sudorientale di Zerdenjan. Con questo attacco, quindi, Tel Aviv ha voluto affermare di essere in grado di colpire luoghi strategici e di essere in grado di poter colpire il suolo iraniano. Si tratta di un messaggio forte inviato all'Iran, volto a lanciargli un’allerta più in chiave futura che all’oggi.

L’Iran ha ripetutamente affermato di "non avere intenzione di costruire armi nucleari", dichiarando al contempo di poter disporre di una quantità di uranio altamente arricchito adeguata allo sviluppo di "almeno tre bombe atomiche". Come stanno le cose? Teheran si sta dotando di queste armi? 

Le informazioni disponibili sono contraddittorie e ambigue. Di sicuro sappiamo che il programma nucleare iraniano nasce come un programma di tipo civile, ma non è da escludere che parallelamente i Pasdaran e le istituzioni di Teheran abbiano avuto interesse a sviluppare processi di tipo militare. Secondo un report 2023 dell’AIEA, l'Iran avrebbe arricchito uranio all’83,7%. Bisogna considerare che per produrre armi nucleari l’uranio deve essere arricchito al 90%. Quindi, vien da sé che l'ipotesi in questione non è da scartare o non deve essere sottovalutata, al netto delle informazioni contraddittorie e/o ambigue a disposizione. Non va dimenticato, infine, che negli ultimi 15-20 anni gli interventi più assertivi da parte di Israele contro l'Iran sono stati spesso giustificati dal timore che Teheran potesse sviluppare proprio un programma nucleare militare da usare contro Israele.

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Allo stato attuale, dunque, nessun dato indica che l'Iran sta sviluppando un programma nucleare di tipo militare. Ma questa ipotesi non può neppure essere esclusa. 

Chi possiede un'arma nucleare storicamente lo fa a scopo di deterrenza. Ma sviluppare un programma nucleare non significa "solo" dotarsi di una bomba atomica. Infatti, significa acquisire una certa capacità nello sviluppo di dotazioni, strumenti e tecnologia (ad esempio, missili balistici) in grado di poter fissare testate esplosive. Ad ogni modo, non esiste alcuna prova concreta che l'Iran si stia dotando o abbia già armamenti nucleari; tantomeno che voglia dotarsi di questo know-how e capacità per dare forza e credibilità al proprio strumento militare, né in funzione di deterrenza né in ottica di un ipotetico/futuro attacco contro Israele.

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