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Presidenza Trump

Cosa c’è dietro la guerra dei dazi di Trump e cosa cambierà per i cittadini europei

Donald Trump, tornato alla guida degli Stati Uniti, ha subito ripreso a minacciare e mettere in atto dazi commerciali verso altri Stati. Con l’aiuto di due esperti del campo, Fanpage.it ha ricostruito come siamo arrivati fino a questo punto e soprattutto cosa può succedere in Europa: dalle mosse politiche di Usa e Ue dipenderà il futuro di molti consumatori.
Intervista a Raul Caruso e Claudio Dorde
Professore di Politica economica all'Università Sacro Cuore e professore di Diritto commerciale all'università Bocconi
A cura di Luca Pons
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Ora che l'amministrazione di Donald Trump è entrata pienamente in carica, uno dei primi temi che hanno attirato l'attenzione internazionale – almeno sul piano economico – è quello dei dazi. Come promesso in campagna elettorale, Trump è partito subito con tariffe nei confronti di alcuni Paesi: Canada, Messico e Cina sono stati i primi. L'Unione europea, stando a quanto ha detto lui stesso, potrebbe seguire tra non molto.

Fanpage.it ha quindi contattato due esperti del settore – Raul Caruso, professore ordinario di Politica economica all'Università cattolica del Sacro cuore, e Claudio Dordi, docente della Bocconi ed ex direttore del programma di dottorato in Diritto internazionale ed economia. Con i due professori, abbiamo provato a fare chiarezza per capire come siamo arrivati in questa situazione, cosa può succedere ora e quali sono le possibili conseguenze per i consumatori europei. La risposta all'ultima domanda, in sintesi, è questa: potrebbe non succedere nulla, ma tutto dipenderà dalle mosse politiche di Trump e dell'Ue.

Cosa sono e come funzionano i dazi

Innanzitutto, un po' di contesto. I dazi, tariffe aggiuntive che deve pagare chi vuole importare dei prodotti da un certo Paese, "sono sempre esistiti nel commercio internazionale", come ha spiegato il professor Dordi. Solitamente servono per "proteggere i prodotti nazionali, perché se c'è un dazio sui beni importati, questi costano di più". Nello scorso secolo, i dazi giocarono un ruolo importante anche nei rapporti politici tra i Paesi: tra le due guerre mondiali scoppiò una vera e propria "guerra commerciale, perché naturalmente quando uno mette un dazio nei confronti di un altro Stato, quello risponde alla stessa maniera".

Nel secondo dopoguerra "gli Stati capirono che il sistema delle guerre commerciali non beneficiava nessuno". Nacquero così gli accordi internazionali sul tema, fino all'Organizzazione mondiale del commercio (o Wto) fondata nel 1995. L'equilibrio imposto in questo modo ha iniziato a vacillare con l'arrivo della Cina, che negli anni è diventata un concorrente sempre più temibile per gli Stati Uniti. Ma se "durante i due mandati di Obama non c'è stata una reazione molto forte", dall'arrivo alla presidenza di Trump "la situazione è cambiata completamente".

Perché Trump usa dazi e tariffe in questo modo

L'amministrazione Trump, ha spiegato Caruso, segue un'idea "un po' antica" dei dazi. Ritiene che "possano sostenere le imprese americane – svantaggiando le imprese straniere – e quindi portare maggiore occupazione e maggiori investimenti". Ma ci sono anche degli scopi politici: "Uno degli obiettivi non dichiarati di Trump è colpire indirettamente la Cina".

In generale, l'amministrazione Usa ha deciso di usare le tariffe come mezzo di pressione in di politica estera: "Trump si autodefinisce il più bravo negoziatore al mondo, e i dazi sono un modo per darsi un vantaggio futuro nei rapporti con gli Stati coinvolti. Alzando il livello dello scontro, i negoziati diventano più semplici per lui".

Finora i dazi hanno colpito Canada, Messico e Cina. "Cina e Messico sono i primi due Paesi con surplus commerciale sugli Stati Uniti, il Canada è il sesto", ha sottolineato Dordi. Per i primi due Paesi le tariffe sono state sospese in cambio di impegni su temi specifici: dal Canada, un freno all'importazione di Fentanyl negli Usa, e dal Messico maggiori controlli sull'immigrazione.

Usare i dazi come strumento di politica estera è proprio ciò che l'Organizzazione mondiale del commercio cercava di impedire, per "non ripetere quello che è successo tra le due guerre, quando il protezionismo degli Stati era servito anche a creare alleanze strategiche". Ma ormai Trump "considera l'Organizzazione mondiale del commercio carta straccia". E lo aveva dimostrato già nel suo primo mandato.

Come andò il primo mandato di Trump

Durante la prima amministrazione Trump, in carica dal 2017 al 2020, erano partiti dei dazi con modalità non molto diverse da quelle che vediamo oggi. "Cercava di rispondere al grave deficit commerciale degli Usa nei confronti della Cina – cioè, al fatto che gli Stati uniti importano molto più dalla Cina di quanto esportano in Cina", ha spiegato Dordi. Questo ‘sbilanciamento' negli anni ha fatto in modo che "i cinesi avessero un sacco di liquidità, cosa che ha consentito loro di entrare nel mercato americano: gli investitori dalla Cina hanno acquisito imprese, immobili, e anche debito pubblico statunitense".

I dazi però "non sono serviti a ridurre il disavanzo commerciale con la Cina", perché come ‘effetto collaterale' delle tariffe il dollaro si è rinforzato rispetto allo yen. Questo ha fatto sì che anche chi voleva importare dagli Usa alla Cina affrontasse costi più alti.

Ma al di là delle questioni strettamente economiche, già nel primo mandato di Trump i dazi avevano avuto obiettivi politici: "Nel 2018-2019 gli Usa imposero alla Cina tariffe su un totale di 360 miliardi di dollari di beni importati. Quando Trump concluse un accordo commerciale nel 2020, dimezzò le tariffe su un terzo di quelle importazioni". Va poi detto che i dazi in questione non sono stati rimossi da Joe Biden nel corso della sua amministrazione.

Cosa farà l'Europa in risposta agli Usa

In tutto questo, come si pongono l'Unione europea e l'Italia? Innanzitutto, anche in questo caso c'è un precedente. Nel 2018, gli Usa imposero dei dazi all'Ue su alluminio e acciaio. Caruso ha riassunto così gli sviluppi: "L'Europa rispose con dei contro-dazi e, in sostanza, tutto venne poi ritirato da entrambe le parti".

È troppo presto per dire se succederà la stessa cosa. Innanzitutto bisognerà aspettare di capire quanto varranno i dazi, e quali merci riguarderanno. E poi come si muoverà l'Ue in risposta. Dordi ha sottolineato che "la politica commerciale dell'Unione Europea è esclusiva", cioè tutti i Paesi dovranno trovare una soluzione concordata. Anche se "Trump potrebbe anche imporre dazi variabili da Stato a Stato".

Storicamente, ha ricordato Caruso, l'Europa ha mostrato "compattezza su questi temi, perché ci perdono un po' tutti, o almeno ci perdono i Paesi più forti". La decisione "passerà dagli Stati che pesano di più nel commercio estero dell'Unione europea: Germania, Francia, Italia".

Proprio per questo potrebbero avere un ruolo significativo le prossime elezioni tedesche, in programma il 23 febbraio. "Se vanno in una direzione meno europeista, le tariffe di Trump potrebbero incontrare una risposta più ‘ambigua'". Anche se, ha sottolineato il professore, "se i tedeschi e gli europei dovessero davvero seguire i consigli di Elon Musk e del Make Europe Great Again, dovrebbero essere i primi a mettere dazi alle importazioni".

Perché tassare l'Ue potrebbe non convenire a Trump

Un ultimo aspetto da considerare sui dazi che potrebbero colpire l'Europa: i rapporti commerciali tra Usa e Ue sono molto, molto stretti. Oggi la tariffa media è del 3%, "praticamente più simbolica che altro", perché i due sono "grandi partner commerciali", tanto che "i numeri della Cina nel commercio con l'Ue sono ancora incredibilmente lontani da quelli degli Usa", ha sottolineato Caruso.

Proprio perché l'Europa è così integrata nell'economia statunitense e viceversa, i dazi potrebbero non aiutare. "Tante imprese europee investono negli Stati Uniti, e ancor di più tante imprese americane investono in Europa. Il paradosso è che i dazi potrebbero colpire le sussidiarie delle aziende americane in Europa". È possibile, insomma che ci saranno "alcuni dazi per lanciare più che altro un segnale, e poi la situazione si chiuderà senza arrivare a una vera guerra commerciale. Sicuramente il punto che interessa di più a Trump è negoziare con l'Europa".

Cosa cambia per i cittadini italiani e europei se scoppia una guerra commerciale

Ma se effettivamente i dazi arriveranno, cosa succederà ai cittadini? A quelli europei, almeno all'inizio, poco o nulla. "I gruppi di interesse maggiormente colpiti sono i produttori e gli esportatori europei", ha spiegato Dordi. "Le merci europee esportate negli Stati Uniti costeranno di più al consumatore americano", e questo poi potrebbe "ridurre le nostre esportazioni, con un impatto indiretto sui lavoratori delle aziende".

Caruso ha concordato: "Per i consumatori europei al momento non dovrebbe succedere niente, a meno che la risposta europea non sia davvero ampia". Se infatti l'Ue decidesse di applicare a sua volta dei dazi, allora scatterebbero degli aumenti per chi fa la spesa: tutti i prodotti importati dagli Stati Uniti e colpiti dalle tariffe costerebbero di più. "Se l'Ue applica dei dazi del 25% a un prodotto statunitense che costa 10 euro, questo costerà 2,50 in più", ha detto Dordi.

Se quindi si dovesse arrivare a una vera e propria guerra commerciale, gli aumenti nei prezzi ci sarebbero per tutti. Poi scatterebbero una serie di dinamiche economiche più complesse. Ad esempio, è possibile che il valore dell'euro rispetto al dollari scenderebbe in conseguenza dei dazi Usa. Questo renderebbe i prodotti europei nuovamente più competitivi negli Stati Uniti, ma dall'altra parte "potrebbe far crescere nuovamente l'inflazione in Europa", ha stimato Caruso.

Si parla, però, di conseguenze piuttosto lontane. Per adesso resta da capire come sarà gestita la questione sul piano politico. È sempre possibile che Trump, dopo aver minacciato i dazi e ottenuto magari qualche impegno su altri punti – ad esempio la spesa militare dei Paesi Ue – si convinca poi a fare un passo indietro.

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