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Conflitto Israelo-Palestinese

Cosa cambia nella guerra tra Israele e Hamas dopo la risoluzione Onu per il cessate il fuoco a Gaza

L’intervista di Fanpage.it a Chiara Lovotti, ricercatrice Ispi, sul futuro della guerra a Gaza dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea generale Onu del cessate il fuoco: “Sul campo cambia poco, ma è un segnale positivo da parte della comunità internazionale sempre più compatta”.
Intervista a Chiara Lovotti
ricercatrice Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
A cura di Ida Artiaco
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"Il voto dell'Assemblea generale Onu per il cessate il fuoco a Gaza è un segnale importante da parte della comunità internazionale. Ma resta solo un segnale, non essendo vincolante. Per questo, credo che Israele continuerà in maniera indisturbata con la propria politica e visione della guerra. In altre parole, sul campo cambia poco".

Così Chiara Lovotti, ricercatrice Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), ha commentato a Fanpage.it l'approvazione da parte dell'Assemblea generale dell'Onu della risoluzione che chiede un "cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza", con 153 voti a favori, 10 contrari e 23 astenuti, tra cui l'Italia.

Lovotti, come potrebbe cambiare la guerra tra Israele e Hamas dopo la votazione di ieri a New York?

"Il voto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite rappresenta di sicuro un segnale positivo rispetto alla risoluzione precedente del 27 ottobre sulla tregua umanitaria a Gaza, che aveva aveva visto molti più voti contro e astenuti. Ora invece la comunità internazionale si è espressa in maniera più compatta a favore del cessate il fuoco. Però purtroppo la votazione rimane rimane solo un segnale, nel senso che le risoluzioni dell'Assemblea generale Onu non sono vincolanti. Ciò significa che ciò che esce dal Palazzo di Vetro non necessariamente deve essere poi messo in pratica dagli Stati interessati. In altre parole, sul campo cambia poco".

Come ha preso Israele questo risultato?

"Chiaramente Israele non accoglie di buon grado una risoluzione che, seppure in maniera non vincolante, gli richiede di fermare il fuoco. Ma, nonostante ciò, continua nella propria politica e nella propria visione sulla guerra. Non dimentichiamo che tra i 10 che hanno votato contro la risoluzione ci sono anche gli Usa e Israele finché avrà il supporto almeno formale di Washington andrà avanti senza problemi. È vero che Biden sta cominciando a dire a Netanyahu di ammorbidire le sue posizione e cambiare passo, ma rimane il fatto che se gli Usa in sede di Assemblea generale votano contro, Tel Aviv va avanti. Non ci sono conseguenze dal punto di vista strategico-militare, tanto è vero che nelle ultime ore, mentre alle Nazioni Unite votavano questa risoluzione, l'esercito israeliano stava intensificando le sue azioni al Sud di Gaza e anche le azioni in Cisgiordania. Pare che la Marina militare stia facendo addirittura entrare acqua dal mare dentro ai tunnel nella Striscia. L'operazione, dunque, si intensifica, facendoci vedere lo scollamento tra le risoluzioni adottate in sede di Nazioni Unite e la realtà sul campo".

Per altro, proprio Biden ieri ha detto che il sostegno a Israele sta calando nel mondo occidentale….

"Anche se ancora una condanna formale da Washington non è arrivata, il fatto che Biden si sia sbilanciato con queste parole è un segnale forte di un principio di sgretolamento del supporto americano a Israele, supporto americano che si trascina dietro il supporto del resto dei paesi occidentali. E questo perché sicuramente la situazione umanitaria a Gaza è diventata totalmente insostenibile, il numero dei morti ha toccato quota 18mila, la gente se non è uccisa dalle bombe muore di fame o per le infezioni, non c'è più un posto sicuro, nemmeno a Sud dove pure sono arrivate le operazioni militari. È insostenibile per tutti gli osservatori".

Come giudica la decisione dell'Italia di astenersi?

"Astenersi purtroppo significa accettare quello che sta succedendo a Gaza. Sono 23 i paesi che si sono astenuti. Tutti si giustificano alludendo a imprecisioni nella scrittura della risoluzione, principalmente perché non condanna chiaramente Hamas, però attaccarsi ai tecnicismi in una situazione in cui civili palestinesi stanno morendo come mosche è doloroso. Seppure l'Italia abbia condannato la violenza tout court, non ha voluto compromettere le relazioni con americani e israeliani. Non ha voluto esporsi troppo. Ma questo atteggiamento, in questa situazione, a mio avviso equivale ad accettarla".

Dopo il voto dell'Assemblea generale, che è un segnale, secondo lei cosa potrebbe convincere Netanyahu a fermarsi?

"In questo momento, temo niente. Nei prossimi mesi l'obiettivo resterà distruggere Hamas militarmente, fino ad allora non ci sarà nulla che potrà convincerlo a fermarsi. Netanyahu per altro è stato anche chiaro sul post guerra: la soluzione a due stati per lui non è una opzione, ma sarebbe l'unica per provare a far sì che anche i palestinesi abbandonino le armi. Nell'ottica di un dopo Hamas probabilmente l'unica autorità che per il governo israeliano potrebbe farsi carico della gestione dei territori rimane l'Autorità nazionale palestinese che ad oggi gestisce i territori in Cisgiordania, dove però pure la situazione peggiora giorno dopo giorno".

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