Coronavirus, l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara la pandemia
La decisione era nell'aria da qualche giorno ed ora è arrivata la conferma: l'Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato "pandemia" l'emergenza Coronavirus, spiegando che nelle ultime due settimane i casi fuori dalla Cina sono aumentati di 13 volte. L'infezione, scoppiata in Cina, precisamente nella città di Wuhan, alla fine dello scorso mese di dicembre, si è diffusa in oltre novanta paesi, per un bilancio totale, aggiornato ad oggi – 11 marzo – di 119.711 contagiati e 4.350 morti, di cui oltre 800 anche in Italia. Ciò significa che da questo momento in poi i singoli stati potrebbero dover fare un passo indietro ed eseguire i piani dell’Oms per impedire che il nuovo virus dilaghi ulteriormente. Gli esperti potrebbero richiedere una serie di misure anche drastiche, come lo stop alle attività produttive e i limiti alla circolazione anche via terra. Provvedimenti che potrebbero essere applicati in primis proprio nel nostro Paese, il secondo per numero di contagi dopo la Cina.
Cosa comporta la dichiarazione di pandemia da parte dell'Oms
La dichiarazione di pandemia, che si differenzia dalla semplice epidemia, si è resa necessaria per impedire ulteriori casi di infezioni. D'altronde, da giorni c'erano almeno due criteri per tale definizione per l'infezione da Covid-19: si diffonde tra le persone e può essere mortale. La sua caratteristica globale è stata infine confermata dai dati certi sui primi focolai africani e sudamericani. Walter Ricciardi dell'Oms, consigliere per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali del ministro della Salute italiano Roberto Speranza, aveva dichiarato: "Con la dichiarazione dello stato pandemico l’Oms può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’Onu e chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra". Tuttavia, ha sottolineato l'esperto, non c’è obbligo, "ma il non rispetto delle disposizioni equivarrebbe alla mancata applicazione di norme internazionali, che implica l’applicazione di sanzioni". A lui aveva fatto eco il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus: "Ci sono paesi però che hanno mostrato che questo virus può essere contenuto, quindi non dobbiamo arrenderci e adottare un approccio globale". Sulla base di ciò che è stato fatto in Cina, dunque, per gli esperti c'è la speranza di controllare il virus, ma la preoccupazione è soprattutto per i paesi in cui il sistema sanitario non è così sviluppato da poter arginare il dilagare dei contagi.
Le pandemie della storia
Quella dell'infezione da Covid-19 non è la prima pandemia che il mondo si trova ad affrontare. Una delle prime di cui si ha traccia è quella di febbre tifoide durante la guerra del Peloponneso, nel V secolo avanti Cristo. Il focolaio della cosiddetta “peste di Atene” colpì gran parte del Mediterraneo orientale. Ma la madre di tutte le pandemie, arrivando al ventesimo secolo, è di certo l’influenza Spagnola, chiamata così perché le prime notizie su di essa furono riportate dai giornali della Spagna che, non essendo coinvolta nella Prima Guerra Mondiale, non era soggetta alla censura di guerra. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni, anche se alcune stime parlano di 50-100 milioni di morti. Sono state dichiarate pandemiche anche l'influenza asiatica nel 1957, l'influenza di Hong Kong nel 1968 e l'HIV.