La dottoressa dell’ospedale di Wuhan: “Lanciai allarme Coronavirus il 30 dicembre ma venni punita”
Il 30 dicembre scorso la dottoressa Ai Fen, responsabile della terapia d'urgenza all'ospedale centrale di Wuhan, era come ogni giorno al lavoro quando si presentò un paziente che lamentava sintomi influenzali, ma su cui le terapie tradizionali non avevano sortito alcun effetto. La dottoressa le fece un prelievo del sangue ed inviò le provette al laboratorio analisi ricevendo il risultato: Sars coronavirus. Quando lessi la diagnosi rimase sbalordita: cerchiò a penna la parola Sars, fotografò il referto e lo inviò a un ex collega di università, medico in un altro ospedale di Wuhan. L'immagine fece il giro dei colleghi quella sera stessa, ma durante la notte la dottoressa ricevette un messaggio dall'ospedale: le notizie sul caso misterioso non dovevano essere diffuse per evitare il panico.
Due giorni dopo, il responsabile disciplinare dell'ospedale inviò una lettera di richiamo alla dottoressa per "avere diffuso voci che turbano la stabilita'". Anche allo staff del suo reparto venne intimato di non diffondere immagini o messaggi sul caso. La dottoressa potette fare solo una cosa: chiese ai colleghi di indossare maschere e indumenti protettivi sotto il camice, malgrado le autorità ospedaliere le avessero detto di non farlo.
Ora che il virus ha causato oltre tremila vittime in Cina, tra cui quattro medici nel suo ospedale, uno dei quali era l'oftalmologo Li Wenliang, Ai Fen ha deciso di unirsi ai tanti personaggi critici con la gestione della situazione da parte del governo, correndo anche il rischio di essere arrestata: “Se avessi saputo cosa sarebbe successo, non mi sarei preoccupata del rimprovero dei miei superiori. Ne avrei parlato con chiunque”, ha detto la dottoressa in un'intervista rilasciata alla rivista cinese Renwu. Ai Fen ha raccontato che, dopo il primo allarme rimasto inascoltato, il numero di malati di coronavirus è iniziato ad aumentare giorno dopo giorno fino a quando i pazienti non sono diventati troppi per tacere sull'emergenza in corso. Secondo la dottoressa se i suoi allarmi fossero stati ascoltati subito sarebbe stato possibile ostacolare l'epidemia.