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Guerra in Ucraina

Come Putin ha messo Varsavia contro Kiev affossando l’accordo sul grano: l’analisi dell’esperto polacco

“Era un obbiettivo strategico del Cremlino”, dice Adam Jasser a Fanpage.it “Tra Polonia e Ucraina esistono motivi storici ed economici per una contrapposizione” che “diventerà ancor più evidente in una Ue allargata”. Anche per questo, “lo spostamento ad Est del baricentro europeo è da considerarsi un illusione”. L’ intervista all’ex grand commis del governo Tusk.
A cura di Riccardo Amati
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Non ha solo colpito l’economia ucraina e, forse, stretto a sé qualche governo africano: Vladimir Putin, scegliendo di far uscire la Russia dall’accordo sul grano e rendendolo decaduto dopo un anno di esistenza, “ha anche coscientemente minato i rapporti tra Kiev e i suoi alleati europei”. È il commento a Fanpage.it di Adam Jasser, in passato capo della Cancelleria del governo di Donald Tusk e poi presidente dell’Antitrust polacca, oggi vice direttore del think tank Visegrad Insight. La decisione della Polonia di sospendere l’invio di armi a Kiev è stata presa per motivi elettorali ma ha radice nella contrapposizione di fondo tra i due Paesi. E, più in generale nelle contraddizioni all’interno dell’Ue: il Cremlino da tempo cerca di sfruttarle al meglio per il suo tornaconto e talvolta ci riesce. Venute meno le ragioni contingenti che l’hanno provocata “l’attuale crisi rientrerà”. Ma le contraddizioni resteranno. “Questa è una prova generale di quali potranno essere le difficoltà ad Est quando l’Ue si allargherà all’Ucraina”. Non sarà certo un’eterna luna di miele. Abbiamo raggiunto Jasser al telefono nel quartier generale di Visegrad Insight a Varsavia.

Un vostro articolo del luglio scorso anticipava quello che sta ora succedendo: Polonia e Ucraina ai ferri corti e, addirittura, stop alle forniture di armi da parte di Varsavia allo stato confinante che si difende dall’invasione russa. Era questo, sotto sotto, il principale obbiettivo di Mosca? Creare una frattura tra Kiev e il suo più appassionato alleato?

Era un obbiettivo di fondo, coerente con la politica estera del Cremlino. Gli obbiettivi più immediati erano due: tagliar fuori Kiev dal mercato globale del grano e crearsi un legame sempre più stretto con alcuni Paesi africani, fornendo loro cereali (in alcuni casi gratuitamente, ndr) e assicurandosi che non possa esser l’Ucraina a fornirglieli. Ma conta anche la strategia europea.

Parlava di un “obbiettivo di fondo” della politica estera di Putin, a cui la decisione di affossare l’accordo sul grano sarebbe coerente. Può elaborare?

La Russia da molto tempo sta cercando di dividere l’Unione europea. Anzi, non la considera proprio un’unione: la sua diplomazia privilegia i rapporti bilaterali rispetto al multilateralismo. Mettere i Paesi membri uno contro l’altro è certamente un obbiettivo strategico di Mosca e la decisione, presa ben prima del suo annuncio ufficiale, di uscire dall’accordo sul grano è senz’altro in linea con questa strategia.

E ha avuto successo, la strategia di Putin?

Evidentemente sì, per adesso. Ha potuto contare su quella che lui ritiene essere la debolezza intrinseca dell’Unione europea. E, in questo caso, sulla ristrettezza di vedute della politica polacca. Che per questioni interne ha preferito dar retta alla protesta dei suoi agricoltori contrari alle importazioni di cereali ucraini invece di sostenere con coerenza la politica estera di completo appoggio alla causa di Kiev.

Adam Jasser
Adam Jasser

Ma che è successo, in pratica? I prezzi di vendita del grano e degli altri cereali prodotti in Polonia è crollato a causa dell’arrivo via terra — dato il sostanziale blocco del commercio sul Mar Nero  — delle produzioni ucraine a prezzi stracciati? È così?

Il problema è che il processo è stato gestito male fin dall’inizio, da parte polacca. Si è speculato sull’alto prezzo dei cereali, effetto della guerra in Ucraina e dei bombardamenti russi, e ci si è poi dovuti confrontare col repentino crollo dovuto all’arrivo in quantità del grano ucraino via terra, date le difficoltà del commercio marittimo sul Mar Nero.

Però l’Ue è intervenuta vietando la vendita del grano di Kiev nei Paesi orientali dell’Unione. Non è servito?

Parte del danno era già stato fatto. E poi la questione è stata utilizzata in Polonia a fini elettorali. In fondo, anche se è vero che molti agricoltori ci hanno rimesso, non si è trattato di una vera tragedia finanziaria. Non è un problema enorme. Ma i politici ci si sono scaraventati sopra per raccogliere i voti del settore della popolazione che lavora più o meno direttamente con l’agricoltura. E ci è così voluto tenere il problema in primo piano, e dimostrare di volerlo risolvere anche a scapito degli impegni di politica internazionale presi con Kiev.

Il governo polacco ha convocato l’ambasciatore ucraino. Poi, dopo che Zelensky ha parlato all’Assemblea dell’Onu stigmatizzando la posizione di Varsavia sulla questione agricola, ha dichiarato che non fornirà più armi. Perché questa escalation?

Perché mancano tre settimane alle elezioni. E i ragionamenti del nostro governo sono diventati tutti a brevissimo termine. Non si vuol fare a meno dei voti del settore agricolo (nei sondaggi il partito di governo vede la sua maggioranza annullarsi nelle regioni rurali anche a causa dell’emergente popolarità dell’estrema destra contraria all’invio di armi, ndr). Zelensky, parlando in quel modo all’Onu, ha servito su un vassoio d’argento l’occasione per dar fiato alla demagogia tipica delle campagne elettorali.

Zelensky ha solo detto come stavano le cose.  

Ha sbagliato a esprimersi in quel modo. Dire che, innescando una crisi diplomatica con Kiev sul commercio del grano, la Polonia aiuta la Russia nell’invasione dell’Ucraina è davvero esagerato. La Polonia fin dall’inizio della guerra ha appoggiato Kiev come nessun altro (ha fornito armi per 3,68 miliardi di dollari, secondo dati del Dipartimento di Stato Usa, ndr). Non è un fatto che, per mere questioni commerciali, possa esser cancellato. E poi non è solo una questione di armamenti: abbiamo accolto un milione mezzo di rifugiati dall’Ucraina (e di altri 15 milioni hanno favorito l’espatrio in altri Paesi europei, ndr).

Ucraina e Polonia hanno molti motivi in comune per contrastare l’imperialismo di Putin. Ma la sensazione è che  al contempo persista una contrapposizione, tra di loro. A cosa è dovuta? Alla Storia, forse? Il primo Stato dei cosacchi ucraini emerse dal Commonwealth polacco-lituano nel XVII secolo in seguito a una sanguinosa rivolta…

Oh, non occorre andare così indietro nel tempo. Basta ricordare gli eccidi della Seconda guerra mondiale, perpetrati contro i polacchi da milizie ucraine (il riferimento è ai massacri di Volhinya: i miliziani ucraini della Ukrayinska Povstanska Armiia fecero circa 100mila vittime tra i civili della minoranza polacca nella Galizia orientale e nelle regioni limitrofe, ndr).

Cose del passato, però. Lo stesso Zelensky si è recentemente scusato della strage di Volyn, rendendo omaggio alle vittime…

Il fatto è che una contrapposizione di fondo rimane non solo a causa della memoria storica dei polacchi ma anche per motivi economici: la concorrenza nella produzione agricola, tra le altre cose, è un punto cruciale.

Quando l’Ucraina entrerà nell’Unione Europea, le litigate tra Kiev e Varsavia sulla Politica agricola comunitaria (Pac), saranno probabilmente all’ordine del giorno

Ecco, quello a cui assistiamo in questi giorni somiglia molto a un prova generale dei futuri confronti polacco-ucraini sulle politiche agricole e sui fondi europei per l’agricoltura.

Come se ora non ci fosse una guerra in corso. Ma che ripercussioni reali potrebbe avere la situazione attuale sul supporto militare all’Ucraina, in questo momento in cui anche negli Usa si è aperto un dibattito pre-elettorale in merito?

Per quanto riguarda la Polonia, la mia previsione è che la crisi diplomatica con l’Ucraina si esaurirà subito dopo la nostra tornata elettorale, comunque vada il voto: anche se al momento è sopraffatta da logiche minori riguardanti la politica interna, la dimensione internazionale tornerà a prevalere in tutta la sua drammaticità. I rifornimenti di armi sono sospesi solo momentaneamente.

Intanto però la Polonia, sulla questione del grano ucraino, si è trovata schierata non solo con la Slovacchia, la Romania e la Bulgaria ma anche con l’Ungheria, il Paese più filo-Putin d’Europa…

Una politica all’insegna della cecità che ritengo possa essere rapidamente abbandonata dopo le elezioni.

E per gli equilibri della politica europea, al di là del confronto con Mosca, che effetti avrà la crisi diplomatica che si sta consumando tra Varsavia e Kyiv?

Penso sia la dimostrazione che la teoria di uno spostamento a Est del baricentro dell’Unione, propagandata negli ultimi anni da più parti (segnatamente dai movimenti e dai partiti populisti europei, ndr), sia irrealistica. L’omogeneità tra i Paesi dell’Europa orientale membri o futuri membri dell’Ue è solo un illusione.

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