Come vi abbiamo raccontato, l’Europa ha risposto prontamente alla richiesta di aiuto da parte di Francois Hollande. Il Consiglio di Difesa dell’Unione Europea, dopo una riunione piuttosto breve, ha dato parere unanime all’attivazione della clausola di difesa collettiva prevista dall’articolo 42 del Trattato di Lisbona (comma 7). Si tratta del primo caso dall’approvazione del trattato (nel 2007) in cui viene presa tale decisione.
La clausola, come dicevamo, è disciplinata dal comma 7 dell’articolo 42, che recita:
Qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri. Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell'ambito dell'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l'istanza di attuazione della stessa
Su cosa significhi in concreto l’attivazione della clausola, le opinioni appaiono piuttosto discordanti. Lady Pesc Mogherini è stata quasi costretta a precisare che si tratta di una scelta che “evoca solamente assistenza bilaterale e non una missione di difesa comune”, e che in ogni caso si muove in continuità con le politiche comuni di sicurezza e difesa della Ue. Più concretamente, l’attivazione della clausola garantisce ampi margini di manovra al Governo di Parigi, che ora potrà chiedere ai singoli Paesi dell’unione Europea di prestare assistenza alla propria causa. Questi ultimi sono chiamati a rispondere, ma non necessariamente “seguendo alla lettera” la richiesta. In poche parole: la clausola garantisce ai francesi la possibilità di aprire trattative bilaterali con i vari stati della Ue, finalizzate alla causa comune oggetto della deliberazione del Consiglio di Difesa. I singoli Stati, in sostanza, non sono “obbligati a intervenire militarmente” contro l’Isis.
Ma la scelta della Ue ha anche un forte valore politico, come spiega bene Repubblica: “L'attivazione della clausola prevista dall'art.42, punto 7 viene dunque utilizzata dalla Francia per ottenere l'impegno, finanziario e militare, dei partner europei che saranno coinvolti nei colloqui bilaterali, senza cercare una difficile unanimità in Consiglio Europeo, senza dover battere i pugni in Consiglio di Sicurezza, di cui è pure membro permanente, sperando che Russia e Cina non pongano veti”.
Il punto è capire fino a che punto la guerra all’Isis sia conforme a quell’articolo 51 della Carta Onu cui si fa espressamente richiamo nell’articolo 42 del Trattato di Lisbona. L’art. 51 è infatti “l’eccezione al divieto dell'uso della forza fatto agli Stati membri, sancendo il loro diritto all'autodifesa davanti un aggressione armata portata dall'esterno da un'altra entità statale”. Ma il Daesh può essere considerato uno Stato? E fino a che punto quella di Parigi può essere considerata come una aggressione armata a una entità statale?
Insomma, può la Francia operare senza una deliberazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu?