Come è la vita a Gaza dopo la tregua: “La sofferenza non è finita, nessuno ha più un posto dove vivere”
"Ho un’unica speranza: riuscire a curare mio figlio fuori da Gaza. Ho 40 anni e in tutta la mia vita non ho mai visto un tale livello di violenza o di conflitto. È una guerra che ha annientato molti aspetti della vita, è estremamente straziante". A parlare a Fanpage.it è Mohammed Wadi, vicecoordinatore medico di Medici Senza Frontiere (MSF), che ha raccontato come sta procedendo la vita a Gaza dopo il cessate il fuoco cominciato domenica scorsa.
"Sollievo, speranza, ansia. Quando abbiamo ricevuto la notizia del cessate il fuoco ho provato un insieme di emozioni nello stesso istante. E ora, se da un lato speriamo che la situazione rimanga stabile e si possa tornare alla normalità, dall’altro non ci facciamo illusioni, sappiamo che le cose potrebbero di nuovo cambiare dall’oggi al domani", ha sottolineato Mohammed, che ha aggiunto: "Ora tutti noi abbiamo finalmente il tempo per riprendere fiato e riflettere su quanto è successo in questi quindici mesi. La tregua ha messo fine alla violenza e ai bombardamenti assordanti, ci dà la possibilità di ritrovarci, recuperare, ricostruire, anche se troppe cose sono andate perdute. Le persone hanno perso molto, se non tutto: figli, familiari, casa, amici".
Tuttavia, ha concluso, adesso si deve "ricostruire la propria vita, emotivamente e materialmente: ora le famiglie a Gaza hanno finalmente la possibilità di fare piani per il futuro. C’è la speranza che la situazione umanitaria e le condizioni economiche miglioreranno, ma c’è anche la paura di un futuro incerto che aleggia nella mente di tutti noi".
L'offensiva israeliana a Gaza ha lasciato dietro di sé la distruzione più totale e migliaia di persone senza accesso a cibo, acqua o assistenza sanitaria. Specialmente il Nord della Striscia – ci fanno sapere da Medici senza Frontiere – è stato svuotato della vita umana e riempito di macerie. Anche gli ospedali sono stati assediati e sottoposti a violente incursioni. Uno dopo l'altro, il numero di strutture funzionanti si è ridotto e da inizio gennaio nel nord di Gaza non è rimasto un solo ospedale per assistere i feriti e le persone con bisogni medici.
"Il mio unico desiderio adesso è rivedere mia figlia Noor, che vive nel nord di Gaza ed è incinta, e voglio visitare la tomba di mio fratello. Non spero più di rivedere casa mia, è stata bombardata per ben due volte dall’esercito israeliano", ha raccontato a Fanpage.it Amal Ghazawi, che lavora negli uffici di MSF a Gaza.
"Anche se finalmente sono giorni di tregua, la sofferenza non è finita. Quando tornerò al nord inizierà una nuova battaglia per me, perché non ho più una casa né un posto dove stare. Nessuno della mia famiglia ha più un posto dove vivere", ha concluso.