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Come cambia il rapporto tra Iran e Israele dopo la morte di Raisi: l’analisi dell’esperto

Tiziano Marino, responsabile del desk Asia-Pacifico del CeSI, spiega perché è da escludere che dopo il massiccio attacco iraniano sul territorio di Israele della notte tra il 13 e il 14 aprile Tel Aviv voglia approfittare della morte di Raisi per “regolare i conti”.
Intervista a Tiziano Marino
Responsabile del desk Asia-Pacifico del CeSI (Centro Studi Internazionali).
A cura di Davide Falcioni
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Un elicottero che trasportava il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il ministro degli Esteri Hossein Amir Abdollahian si è schiantato ieri in una zona remota della provincia iraniana dell'Azerbaigian orientale. Le operazioni di ricerca e salvataggio sono state ostacolate dalle caratteristiche del territorio e dal maltempo e si sono concluse solo nel cuore della notte, quando sono stati individuati – anche con l’ausilio di droni – i corpi delle vittime.

Fin dall’inizio Teheran ha escluso ogni pista diversa da quella dell’incidente, parlando di Raisi come di un martire senza tuttavia evocare il sospetto che la sua morte possa essere stata direttamente provocata da un Paese straniero, tantomeno da un'azione interna all'Iran. Anche Israele si è affrettato  a negare ogni coinvolgimento nell’incidente che ha causato la scomparsa del presidente iraniano, nonostante più di qualcuno abbia indirizzato i suoi sospetti proprio verso Tel Aviv; non va dimenticato infatti che risale a poco più di un mese il massiccio attacco iraniano allo Stato Ebraico, attacco condotto in risposta al raid aereo effettuato il 1º aprile dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’Ambasciata iraniana a Damasco.

Ma come potrebbe cambiare la politica estera iraniana dopo Raisi? E cosa potrebbe fare ora Israele? Fanpage.it ne ha parlato con Tiziano Marino, responsabile del desk Asia-Pacifico del CeSI (Centro Studi Internazionali).

Tiziano Marino
Tiziano Marino

Dottor Marino, fin dall'inizio l'Iran ha chiarito che la morte di Raisi è stata causata da un incidente. Caso chiuso, dunque?

Quella dell'incidente sembra effettivamente l'ipotesi più probabile per diversi ordini di ragioni. La prima: un eventuale intervento da parte di forze esterne appare inverosimile per il target scelto, visto che uccidere i vertici politici e diplomatici di qualsiasi Paese costituirebbe un'azione dirompente e una vera e propria dichiarazione di guerra. Non sarebbe stato necessario arrivare a tanto per ottenere un confronto militare; un omicidio del presidente iraniano inoltre avrebbe violato l’impostazione delle agenzie di intelligence del blocco euro-atlantico in questa fase storica. Un'altra ipotesi che potrebbe circolare è che a eliminare Raisi siano state forze interne, ovvero elementi dei Guardiani della Rivoluzione: tuttavia si tratta di una tesi improbabile, perché i pasdaran godono già di ampi poteri politici ed economici, e non avevano nessuna necessità di andare a colpire un leader conservatore come Raisi, un personaggio tutt'altro che riformista. Insomma, sebbene quello sia un territorio in cui la storia si fa anche a colpi di complotti la tesi decisamente più accreditata è che Raisi sia morto effettivamente a causa di un "banale" incidente aereo.

A questo punto Israele potrebbe cercare di approfittare della situazione?

Si potrebbe effettivamente pensare che quello che è accaduto possa destabilizzare l'Iran e favorire forze esterne, ad esempio Israele. D'altro canto c'è un importante precedente storico riguardante proprio l'Iran, che in una fase particolarmente delicata post-rivoluzionaria subì un attacco da parte dell'Iraq, attacco che però non andò a buon fine. E la ragione per cui non andò bene allora, e non andrebbe bene neppure adesso, è che il sistema di potere iraniano è tutt'altro che un monolite. I centri di comando sono diversi e distribuiti, gli apparati di sicurezza non sono stati intaccati dalla morte di Raisi, né lo sono stati gli advisor della guida suprema sul territorio. Insomma, le istituzioni iraniane sono ancora ben solide. Il ruolo di Raisi era importante, ma non determinante per il funzionamento dello stato come si è portati erroneamente a credere.

È da escludere, dunque, che dopo il massiccio attacco iraniano sul territorio di Israele della notte tra il 13 e il 14 aprile Tel Aviv voglia approfittare della morte di Raisi per "regolare i conti"?

Sebbene Teheran continuerà ad utilizzare i suoi proxy regionali per fare pressione su Israele e spingere per un cessate il fuoco a Gaza – decisione che costituirebbe un'innegabile vittoria politica – in questo mese la diplomazia iraniana ha fatto anche sapere a tutto il mondo di non volere uno scontro diretto con Israele. E non ci sono al momento segnali che facciano temere un'escalation tra imminente tra questi due Paesi.

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Come potrebbe cambiare la politica estera iraniana dopo l'uscita di scena di Raisi?

La struttura della Repubblica Islamica, la politica estera e la strategia di sicurezza nazionale sono sostanzialmente in mano alla Guida Suprema Ali Khamenei e ai Guardiani della Rivoluzione, attori che non escono minimamente intaccati dalla morte di Raisi. Di conseguenza l'azione esterna dell'Iran non subirà nessun tipo di cambiamento nei prossimi mesi.

Chi esce rafforzato dalla morte del leader iraniano?

Una volta esclusa la partecipazione di attori esterni chi esce più forte da questo incidente sono sicuramente i Guardiani della Rivoluzione: ciò accelererà il processo, iniziato da tempo, che trasformerò la Repubblica Islamica in una realtà a guida militare. Nel lungo periodo questo processo potrebbe far mutare la politica estera iraniana, facendola diventare sicuramente più aggressiva.

Poche ore prima della morte di Raisi è stata confermata l'esistenza, in Oman, di negoziati indiretti tra Usa e Iran: Teheran e Washington avrebbero discusso di "come evitare un'escalation di attacchi" in Medio Oriente. Cosa accade ora?

USA e Iran si parlano da tempo, anche da prima degli attacchi del 7 ottobre; uno stop al dialogo ci fu solo dopo quella data, ma da mesi è ripreso: Washington e Teheran continuano a discutere dello sviluppo del programma nucleare iraniano e del regime sanzionatorio imposto dall'America. I negoziati, pur avviati, non erano comunque a buon punto: non si intravedono in questa fase storica possibilità di accordi, tantomeno di un riavvicinamento tra le parti. Credo che l'amministrazione Biden stia cercando comunque di far avanzare il negoziato prima di rischiare di dover cedere il potere a Donald Trump, che probabilmente chiuderebbe nuovamente ogni finestra di dialogo con Teheran. La morte di Raisi dunque “congelerà” i negoziati per un po’ di tempo, ma riprenderanno almeno fino al prossimo autunno. Fino a quando, cioè, non si conoscerà il nome del futuro inquilino della Casa Bianca.

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