“Civili uccisi a Gaza dimostrano ipocrisia occidentale sui diritti umani”: parla lo storico Zubaida
Mentre il conflitto tra Israele e Hamas non accenna a placarsi e aumentano inesorabilmente le vittime civili, abbiamo discusso delle implicazioni internazionali della guerra con uno dei massimi esperti di Nord Africa e Medio Oriente, lo storico iracheno dell’Università di Birkbeck a Londra, Sami Zubaida.
Esiste un “fronte della resistenza” che unisce Hamas, Jihad islamica e il movimento sciita libanese Hezbollah nel conflitto in corso?
Questi gruppi hanno una posizione comune: la lotta contro Israele. Che i sostenitori di questi gruppi siano sia sunniti che sciiti non fa molta differenza. Gli attacchi del 7 ottobre scorso sono stati interamente pianificati da Hamas, e la Jihad islamica si è unita in seguito. In particolare dalle ricostruzioni che ho avuto la possibilità di visionare sembra che si sia trattato di un piano segreto puramente voluto da Hamas, orchestrato in particolare dalla sua ala militare, mentre i vertici politici del movimento che governa la Striscia di Gaza ne erano stati tenuti all’oscuro.
Dopo la visita del leader di Hamas, Ismail Haniyeh a Teheran, il presidente iraniano Ibrahim Raisi ha partecipato al summit della Lega araba di Riyad in Arabia Saudita dicendo che bisogna passare “dalle parole ai fatti” a Gaza. Qual è il ruolo dell’Iran in questo conflitto che coinvolge anche alcuni paesi vicini?
L’Iran non è stato coinvolto nell’organizzazione materiale degli attacchi del 7 ottobre. Certamente Teheran sostiene Hamas. Non solo, l’Iran ha un ruolo decisivo in Iraq con le sue milizie. L’Iran ha un’influenza decisiva e cruciale nell’economia irachena. L’economia e la politica di Baghdad sono penetrate da organizzazioni connesse all’Iran. Questo discorso si può estendere alla Siria che è diventata un’estensione degli Hezbollah libanesi. Organizzazioni e formazioni militari in Siria sono strettamente connesse all’Iran e questo avviene predominantemente attraverso gli Hezbollah libanesi.
Con la visita dei leader di Hamas a Mosca della fine di ottobre e dopo le parole di sostegno verso il movimento che governa la Striscia di Gaza da parte del presidente russo, Vladimir Putin, sembra sempre di più che questo “fronte della resistenza” abbia la benedizione di Mosca, non è così?
Ovviamente ogni cosa che imbarazza l’Occidente è favorevole alla Russia. Ma si tratta soprattutto di parole, non ci sono evidenze fino a questo momento di assistenza o interventi militari russi nel conflitto in corso. Si tratta principalmente di prese di posizione politiche e diplomatiche.
È vero che in una fase così delicata del conflitto dopo 1400 morti israeliani e 11mila morti palestinesi solo gli Stati Uniti possono raggiungere l’obiettivo del cessate il fuoco per evitare un’escalation del conflitto?
Il presidente Usa, Joe Biden, si è espresso a favore di una pausa nei bombardamenti. Ma è stato ignorato fino a questo momento. Ogni intervento statunitense su Israele è molto pacato, Washington non ha assunto un atteggiamento più duro e deciso verso le autorità israeliane. Quindi anche le richieste di pause del conflitto sono in gran parte ignorate da parte israeliana. Ovviamente gli Stati Uniti sono il paese più influente che può incidere sulle scelte israeliane ma fino a questo momento non si sono mostrati determinati a voler fermare il conflitto. Non sono andati oltre il suggerimento di pause mirate, neppure sono arrivati a negoziare un vero e proprio cessate il fuoco. L’amministrazione Usa sostiene in tutto e per tutto le scelte israeliane.
D’altra parte l’Egitto di al-Sisi non sembra poter ritagliarsi un ruolo di mediazione credibile ma si è espresso contro l’arrivo di rifugiati palestinesi nel Sinai, anche questo è un segnale che il conflitto potrebbe andare avanti a lungo?
Il rifiuto di accettare rifugiati da parte egiziana è un passo importante. Israele sin dall’inizio del conflitto spinge i palestinesi verso i paesi vicini. È fondamentale che al-Sisi impedisca che questo avvenga. Anche se si dice che il Cairo potrebbe avere incentivi economici se accettasse rifugiati palestinesi. Però fin qui la posizione egiziana è stata contro l’espulsione dei palestinesi nei paesi vicini che creerebbe altre centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi.
La Turchia di Erdoğan, non solo nel conflitto in Ucraina, ma anche nel conflitto tra Israele e Hamas sta giocando un ruolo di mediazione. E poi il presidente turco si presenta come l’esponente più importante di quell’islamismo politico a cui anche Hamas si ispira…
La Turchia gioca un ruolo multiplo, favorevole ad Hamas. I leader di Hamas si sono rifugiati in Turchia per anni anche se negli ultimi tempi le autorità turche hanno cercato di prendere le distanze dal movimento che governa la Striscia di Gaza. E così Erdoğan vuole giocare sia il ruolo di mediatore sia quello di leader regionale.
Più in generale l’alto numero di vittime, ci permette di affermare che a Gaza è in corso una violazione dei diritti umani che mette in crisi i valori occidentali?
Non è una novità. L’Occidente ama definirsi come difensore dei diritti umani ma non fa niente quando a violarli sono i suoi stretti alleati, come l’Egitto e l’Arabia Saudita. Non ci sono politiche concrete o sanzioni contro gli autocrati, amici dell’Occidente. In questi casi, si fa rumore sui diritti umani ma non si prendono dei provvedimenti concreti. E così quando si parla dell’uso eccessivo della forza da parte israeliana a Gaza è chiara la trasparente ipocrisia dell’Occidente nel permettere che questo avvenga.