Cittadini e intellettuali russi dopo la morte di Navalny: “Con lui muore la speranza. Ma l’esempio resta”
"Hanno ucciso lui e le nostre speranze": nei commenti di comuni cittadini, intellettuali e attivisti prevale il senso di impotenza. C’è disperazione. E preoccupazione che il regime sia ormai fuori controllo e che quindi il peggio debba ancora arrivare. Un pensiero comune: "Navalny mi sembrava immortale, e anche la speranza lo era".
Ma la lezione morale del grande dissidente che ha sacrificato la sua vita per la libertà è qui per rimanere, dicono tutti. "Mi ricorda gli eroi di Jack London", dice lo scrittore Vladimir Sorokin. "I russi forse cercheranno di esser più forti contro il regime", aggiunge il politico liberale Leonid Gozman. E allora forse ci si può aspettare in futuro un maggior coraggio nel cercare di cambiar le cose.
Fanpage.it ha parlato con alcune delle persone la cui vita o le cui idee sono state, in modi diversi, influenzate dall’uomo che fu definito "la nemesi di Putin".
Una donna che non avrebbe votato Navalny
Anna, 25 anni, è stata tra le prime persone ad andare nella piazza della Lubyanka con una rosa rossa. La polizia ancora non aveva iniziato ad arrestare la gente. "Solo controllavano la fila per arrivare alla ‘Pietra Solovetsky' e dicevano nei megafoni di continuare a muoversi". Se in una situazione del genere ti fermi, in Russia, diventi parte di una manifestazione non autorizzata. Ti arrestano, ti processano subito e rischi almeno 15 giorni di detenzione "amministrativa". La chiamano così. "La voce dei megafoni era attutita dalla neve e dal rumore dei passi nel sentiero che si era formato. Stava diventando buio. L’atmosfera ovattata, la luce, i suoni: tutto sembrava surreale", racconta Anna al telefono con Fanpage.it.
Si ricorda bene di una manifestazione di protesta indetta da Navalny in un giorno di marzo di sette anni fa. È lì che abbiamo conosciuto Anna. C’era il sole. Erano quasi tutti ragazzi giovanissimi, come lei. In rivolta perché stanchi dello zar. "Era una giornata piena di speranze. E sembrava quasi primavera". Smette di parlare perché le viene da piangere. Si riprende. "Vedete, io non sono mai stata proprio una sostenitrice di Navalny. Ma mi ha portato in piazza contro Putin", dice. "E finché era vivo, in prigione ma vivo, avevo una speranza. Lui mi sembrava immortale. E anche la speranza". Speranza di cosa, Anna? "Di un Paese normale. Dove potessi scegliere, contare. Votare in vere elezioni. Magari non per lui. Ora so che non potrò mai farlo. È tutto finito".
La rosa di Anna è stata poi buttata via dalla polizia, come tutti gli altri fiori, dopo gli arresti. La "Pietra Solovetsky" dove la gente è andata a rendere omaggio a Alexei Navalny è un monumento alle vittime della repressione politica. Arriva dalle isole Solovetsky, meglio note col diminutivo "Solovki" dove nel 1923 nacque la prima colonia penale di quello che diverrà "l’Arcipelago Gulag". Fino a poco tempo fa, l’immagine di quel carcere era sulle banconote da 500 rubli. E non per commemorare le vittime. La Russia a volte è un gioco di specchi.
La "ragazza della Costituzione"
Olga Misik ha avuto la notizia da un amico che le ha scritto su Telegram, mezz’ora dopo l’annuncio ufficiale di Mosca. "So che ho balbettato qualcosa col mio compagno. Non ricordo bene che ho fatto dopo. Certamente ho pianto. Ho provato un forte odio. Non volevo crederci. Nemmeno ora ci credo. Sono devastata".
Olga è la "ragazzina della costituzione": nel luglio del 2019, durante una manifestazione a Mosca, si sedette a gambe incrociate davanti agli agenti antisommossa del reparto Omon, bardati come marziani, a leggere l’articolo 31 della legge fondamentale russa, che prevede la libertà di riunirsi pacificamente e manifestare. E somiglia parecchio all’articolo 17 della nostra. Olga aveva 16 anni. Le foto fecero subito il giro del mondo. Qualcuno le paragonò alle immagini dell’uomo davanti al carro armato durante la rivolta di Tienanmen. Due anni fa, nella capitale russa, ci disse che il suo sogno era vedere Navalny presidente.
"Navalny è più di un politico dell’opposizione. Navalny è la personificazione della speranza, di ciò che è diversamente possibile", dice oggi a Fanpage.it. Parla al presente. Come se Navalny fosse vivo. Poi, cambia tempo. "È stato ucciso insieme a questa speranza, e nulla sarà più come prima", spiega. "È come se avessi perso una persona molto vicina, c’è come un buco nella mia anima e una totale mancanza di comprensione di cosa fare dopo". Olga non ha dubbi che si sia trattato di omicidio, che Putin ne sia il responsabile e che investigatori, giudici e propagandisti siano i suoi complici.
"Alexei era una persona straordinaria. Univa strati diversi, riusciva a risolvere ogni conflitto. Anche quando era già dietro le sbarre. Ha avuto un’influenza enorme sulla politica, dalla prigione. Soprattutto, ha aperto la strada ai sentimenti di protesta". Olga parla dalla località fuori dalla Russia dove è fuggita in seguito alla persecuzione giudiziaria che stava subendo. "Ora Navalny se ne è andato e noi siamo rimasti nel mezzo di un enorme e oscuro nulla. Di chi ci potremo fidare, ora? Non abbiamo un altro Navalny".
Il grande scrittore
Vladimir Sorokin ha 68 anni e secondo molti critici è il maggiore scrittore russo vivente. Di certo è il più popolare. Nel suo romanzo "La giornata di un oprichnik" (Atmosphere, 2014) immagina la Russia del 2027 con a capo uno zar, strettamente alleata alla Cina e con un muro a dividerla dall’Occidente. Un Paese moderno e al contempo medievale, in mano ai pretoriani del sovrano, gli oprichniki — le famigerate guardie di Ivan il Terribile. Una distopia che in buona parte, sta diventando realtà.
"La morte di Navalny per la Russia significa che continuerà a sprofondare nell’oscurità dell’autocrazia, che è già molto vicina al totalitarismo", dice oggi Sorokin a Fanpage.it. "Il Paese ha lanciato una campagna di brutale repressione contro chiunque non sia d’accordo con il regime. Questo ricorda già i tempi di Stalin. Quando una persona siede per 25 anni al vertice della piramide del potere, che non è sostanzialmente cambiata dal XVI secolo, le conseguenze per il Paese sono disastrose". Andrà sempre peggio? "In Russia, la piramide del potere costringe il sovrano supremo a cambiare le sue caratteristiche nel corso del tempo. E queste mutazioni avvengono sempre in peggio".
Chiediamo allo scrittore se con Navalny è morta la speranza, come dice Olga Misik. "Non necessariamente", risponde. "Al contrario, il suo comportamento eroico e la sua morte possono ispirare molti liberi pensatori russi". Questo ha direttamente a che fare con la personalità stessa di Navalny, secondo Sorokin: "Alexey è morto in una lontana colonia siberiana chiamata ‘Lupo polare’. Per sua natura, lui era proprio un lupo polare: coraggioso, indipendente, con un cuore pieno di affetto e anche di odio per il potere di funzionari corrotti e autocrati. Ha combattuto per la giustizia. E rimarrà nella memoria delle persone come un vero eroe. In un paragone letterario, Navalny mi ricorda gli eroi di Jack London".
Il politico
"È un nuovo sviluppo per il Paese, ed è fortemente negativo", commenta a Fanpage.it Leonid Gozman. "Il sistema diventerà più crudele, scorrerà ancora più sangue di prima, ci sarà sempre maggior repressione". Gozman, 73 anni, è un famoso psicologo e ha una storia politica importante in Russia, iniziata sotto la presidenza Yeltsin e proseguita con Putin e Medvedev.
Di orientamento liberal-conservatore, fin dal 2014 critica in modo feroce la politica e l’azione militare di Mosca nei confronti dell’Ucraina. Nel gennaio 2022 firmò una petizione contro la guerra che sentiva arrivare. Dopo l’invasione, chiese l’impeachment di Putin. La persecuzione giudiziaria lo ha costretto all’esilio.
"Ora Putin può infischiarsene di tutto, non gli importa più di cosa si pensi in Occidente delle sue azioni". Gozman considera insignificante che Navalny sia stato ucciso dai servizi russi o meno: "Le condizioni carcerarie lo stavano comunque uccidendo ed è chiaro che il governo è il responsabile della sua morte". Su cosa rimane da sperare all’opposizione russa è meno pessimista di molti: "È accaduta una tragedia, ma la storia della Russia ne ha viste tante. E continuo a pensare che la sua naturale evoluzione sia nella direzione di una normale democrazia, e non in quella dell’arcaica dittatura che vediamo oggi all’opera. E l’esempio di Navalny resterà di grande importanza. In molti saranno influenzati dalla sua forza morale, nel futuro: i russi cercheranno di essere un po’ più coraggiosi e un po’ più forti".
Lo storico
"Non è una coincidenza che il leader più capace dell’opposizione anti putinista sia morto proprio quando la guerra russo-ucraina è a un punto di svolta e la politica americana è in subbuglio". Come sempre, Alexander Etkind ha un punto vista originale: "Non credo che ci sia stato un piano a lungo termine per far diventare l’eroe un martire. È stata una decisone presa ad hoc, quella di torturarlo a morte in una prigione ad alta sicurezza ed alta segretezza nell’artico. Una decisione a cui corrisponde un fallimento su diversi fronti".
Etkind, nato 68 anni fa a San Pietroburgo, è forse il più importante studioso della cultura e della politica della Russia contemporanea. Insegna alla Central European University di Vienna. Nel 2021 lanciò la candidatura di Navalny al Premio Nobel. Se glielo avessero dato, forse sarebbe ancora vivo. Il governo russo come minimo avrebbe avuto un maggior riguardo per lui. O forse no.
Chiediamo all’intellettuale perché ritiene che la morte di Navalny corrisponda a "un fallimento" su più fronti. "È un tragico fallimento del piano di Navalny di cambiare la Russia con il suo volontario volontario ritorno in patria, facendo affidamento sullo stato di diritto e sulla personale abnegazione. Il sacrificio è avvenuto, ma dubito che raggiungerà i suoi obiettivi politici o mistici".
E poi? "È anche un fallimento strategico della politica di de-escalation e di deradicalizzazione perseguita da molti leader globali, e anche da una parte moderata dell'élite politica russa, nella speranza di raggiungere la pace in Ucraina. Perché tutte le ambizioni e le lamentele si radicalizzeranno, in questo contesto".
Dal sentiero di guerra intrapreso non si tornerà indietro, teme Etkind: "È un pessimo segnale che dimostra la determinazione del leader del Cremlino a combattere questa guerra fino alla fine, qualunque cosa significhi per lui e per il regime".
L’ultimo fallimento è tecnico: "Riguarda i negoziati sullo scambio di prigionieri. Giravano molte voci su negoziati in corso e Navalny veniva spesso citato; è stato trasferito nella colonia penale artica e lasciato morire perché questi negoziati sono falliti, o forse perché non sono proprio mai avvenuti".
Un compagno di lotta
"Alexei era molto carismatico, coraggioso e visionario": così Bill Browder descrive il suo amico che non c’è più. Browder, 59 anni, è un finanziere inglese nato negli Usa e con tanta Russia alle spalle. Lo si può definire un attivista russo, visto il suo impegno a sostegno dei prigionieri politici e contro il regine di Vladimir Putin. Anche se in Russia Browder non ci può tornare, perché è ricercato. Anzi, lui non dubita che lo vogliano proprio ammazzare.
D’altra parte, hanno ammazzato il suo amico Boris Nemtsov, il leader dell’opposizione freddato a colpi di pistola davanti al Cremlino nel febbraio del 2015. Poi hanno tentato di uccidere per due volte il suo quasi fratello Vladimir Kara-Murza, al momento rinchiuso quasi a vita in un carcere siberiano in condizioni drammaticamente simili a quelle in cui versava Navalny.
Tutto era iniziato con la morte in un carcere moscovita di un altro amico e collega di lavoro di Browder, Sergei Magnitsky. Torturato nelle ore che precedettero la fine, indicò l’autopsia. In suo nome, Bill Browder, Boris Nemtsov e Vladimir Kara-Murza spinsero per l’adozione da parte degli Usa della legislazione che prevede sanzioni personali per chi commette crimini contro l’umanità anche all’estero. Nelle loro campagne ebbero l’aiuto, inatteso quanto sincero e coraggioso, di Navalny.
"Ricordo bene quando, dopo l’omicidio di Sergei Magnitsky, Alexei è intervenuto per aiutarci per chiedere giustizia, correndo rischi e pagando costi personali significativi. Quando nessuno glielo aveva chiesto e poteva benissimo starsene a guardare. Si unì a noi solo perché era indignato dell’ingiustizia in atto".
Bill Browder non ha dubbi che Navalny sia stato assassinato. Non stupisce: i lutti che da tempo circondano Browder sono troppi e troppo mirati per non pensare che vi siano dietro una volontà e un disegno comuni. "Putin è pronto a uccidere chiunque, senza alcuna remora. Lo ha dimostrato l’invasione dell’Ucraina e lo dimostra cosa è avvenuto ad Alexei". Chiediamo cosa pensi di chi vorrebbe in buona fede fare la pace con Putin per tornare finalmente a una situazione di normalità. "Chi è pronto fare accordi con il Cremlino è in preda alla follia", risponde. "Sarebbe né più né meno come fare accordi con Hitler".