Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Cisgiordania, spari e aggressioni durante la raccolta delle olive: “Nessuno ferma i coloni”

Aggressione da parte dei coloni a Susya nel Masafer Yatta, dove è stata ferita un’attivista israeliana pro palestina a colpi di bastone. A Turmusayya vicino Ramallah l’esercito spara colpi di intimidazione per fermare la raccolta.
A cura di Antonio Musella
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Il periodo della raccolta delle olive in Cisgiordania è tra i momenti più pericolosi dell'anno per i palestinesi. Il motivo è semplice: le olive sono il principale elemento di sostentamento e commercio per i villaggi, e gli alberi sorgono in quelle terre che i coloni degli insediamenti israeliani vorrebbero strappare per sempre ai palestinesi. Con il governo Netanyahu determinato a portare avanti la guerra, proprio nei territori occupati palestinesi si stanno consumando una serie di aggressioni violente ai residenti e agli attivisti internazionali.

Fanpage.it ha raccolto la denuncia di diverse realtà palestinesi che hanno mostrato cosa è avvenuto, quasi in contemporanea, nel villaggio di Susya, nel Masafer Yatta a sud di Hebron, e a Turmusayya vicino Ramallah.

I coloni aggrediscono con i bastoni: ferita attivista israeliana

Il villaggio di Susya è costantemente sotto l'attacco dei coloni israeliani provenienti dai vicini insediamenti di Avigayl e Mitzpe Yair, come documentato anche da Fanpage.it. Nella giornata del 18 ottobre, nella prima mattinata, l'esercito israeliano si è recato nelle campagne dove si sta procedendo con la raccolta delle olive. I militari hanno interrotto i lavori chiedendo di identificare i contadini palestinesi e gli attivisti internazionali che stavano supportando i lavori. Il tutto sembrava procedere con una relativa calma, seppur nella singolare situazione in cui l'esercito israeliano si reca ad interrompere le attività sulle terre palestinesi.

Ma mentre i militari parlavano con i contadini palestinesi, dagli alberi sono spuntati due individui armati di bastoni, di cui uno con il volto coperto che si è scagliato contro le persone che stavano raccogliendo le olive. Dalle immagini girate dagli attivisti internazionali, sembra che il colono si sia buttato nella mischia provando a colpire con il bastone quante più persone possibile.

A farne le spese è stata una attivista israeliana colpita al costato più volte dal colono. Ferita, ha avuto bisogno di cure mediche, mentre il colono si è rifugiato alle spalle dei militari dell'IDF (le forze armate israeliane) che si sono limitati ad allontanare i coloni, senza identificarli e soprattutto senza compiere alcuna azione per impedire l'aggressione.

A dare notizia dell'aggressione è Youth of Sumud, una delle organizzazioni del movimento non violento palestinese: "Il Masafer Yatta è una delle regioni dove ci sono maggiori attacchi – spiega a Fanpage.it Hamoudi Hureini di Youth of Sumud – andare a raccogliere le olive è un diritto, ma questo viene negato, come ovunque in Cisgiordania. Questa è la guerra contro i palestinesi. Questo è quello che vogliono i coloni, i palestinesi arrivano al punto di dover contare fino a 10 prima di andare a raccogliere le olive, è così tutti i giorni, è la violenza dei coloni che si sta intensificando e si sta diffondendo, e non c'è modo di fermarli".

La donna ferita è una signora anziana, cittadina israeliana, che abitualmente si reca in Cisgiordania per portare solidarietà alla popolazione palestinese. Pochi giorni fa, nel villaggio di At Twani, sempre nel Masafer Yatta, un militare, anche lui colono, proveniente dall'insediamento di Havat Ma'on, aveva sparato in aria con un fucile per terrorizzare i raccoglitori di olive, tra cui sia palestinesi che attivisti internazionali.

"La raccolta delle olive è un momento importante per il nostro popolo – sottolinea Hureini – è una tradizione, per due mesi all'anno a ottobre e novembre, tutte le famiglie vanno insieme a raccogliere le olive. Ed è sempre più difficile per gli attacchi dei coloni, gli stessi che abbattono i nostri alberi di olive per fare in modo che non andiamo mai più su quelle terre. Dopo il 7 ottobre dello scorso anno non potemmo raccogliere le olive, abbiamo fatto un anno senza. Quest'anno la gente è tornata a raccogliere le olive, ma sa che sarà attaccata ovunque, in tutta la Cisgiordania, ogni giorno. Andiamo avanti così da anni, ancor prima del 7 ottobre. È la loro visione coloniale, attaccare le persone che raccolgono le olive, abbattere gli alberi. È pulizia etnica anche questa. Gli ulivi rappresentano la vita, e gli ulivi rappresentano i palestinesi".

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Spari per terrorizzare chi raccoglie le olive

Mentre a Susya i coloni aggredivano a colpi di bastone un'attivista israeliana, a nord est di Ramallah, nel villaggio di Turmusayya, i militari entravano negli uliveti per interrompere la raccolta. A darne notizia e Munther Amira, uno dei leader del movimento non violento in Cisgiordania.

"I soldati hanno sparato dei proiettili veri con l'intenzione di terrorizzare tutti – spiega a Fanpage.it il villaggio si trova vicino all'insediamento dei coloni di Shilo, i soldati hanno prima chiesto i documenti a tutti, facendo sedere a terra tutti i palestinesi. Subito dopo si sono resi conto che gli attivisti internazionali stavano filmando tutto, così hanno sparato per impaurire tutti e hanno urlato di non filmare nessuna scena. Poi hanno preso il gruppo di palestinesi che materialmente stava raccogliendo le olive e gli attivisti internazionali che erano con loro. Se ne sono perse le tracce per diverse ore perché i soldati gli hanno imposto di spegnere tutti i telefoni".

La stagione della raccolta delle olive si conferma particolarmente pericolosa. Proprio per questo diverse associazioni europee, americane ed anche israeliane, hanno raccolto l'appello della società civile palestinese ad essere presenti in Cisgiordania tra ottobre e novembre. Gli attivisti internazionali aiutano le famiglie palestinesi nella raccolta ma compiono anche un'opera di interposizione a difesa dei contadini. Ma, come dimostrano le aggressioni di questi giorni, agli attivisti internazionali viene riservato lo stesso trattamento brutale dei palestinesi, diventando loro stessi un target per la violenza dei coloni.

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