“Ci sono centinaia di corpi nelle strade, stanno uccidendo tutti”: le testimonianze dalla Siria nel caos

“Mio zio è rimasto per più di un giorno in mezzo alla strada senza vita, le milizie non hanno concesso alla mia famiglia neanche di recuperarne il corpo dopo averlo trucidato”, racconta al telefono con Fanpage.it Ahmed H., giovane alawita di cui per ragioni di sicurezza manterremo nascosto il nome vero, mentre cerca disperatamente un modo sicuro per far evacuare la sua famiglia da Latakia, nella costa siriana.
“Mia madre e mio fratello sono chiusi in casa da 5 giorni, negli ultimi 3 sono rimasti senza elettricità e acqua, non hanno più cibo, ho chiesto alla Mezzaluna Rossa se potesse andarli a prendere e portarli qui a Damasco ma mi hanno risposto che il governo non gli consente l’accesso a quelle zone”, continua.
Da venerdì scorso, infatti, sono in corso rastrellamenti e uccisioni sommarie di alawiti – l’etnia del vecchio tiranno Bashar Al Assad – da parte di milizie affiliate ad Hts, nelle città di Homs, Latakia, Tartus, Jableh, Banyas e nei villaggi a ridosso della costa.
Tutto è iniziato tra giovedì 6 e venerdì 7 marzo, quando un gruppo di uomini legati al vecchio regime ha sferrato l’attacco più grande al nuovo governo dalla caduta del regime. Sono stati presi di mira i posti di blocco e uccisi gli uomini della sicurezza nazionale con l'obiettivo, probabilmente, di raggiungere Damasco.
L’attacco contro il governo è stato immediatamente represso nel sangue, Al Sharaa ha mandato da Damasco diverse squadre di uomini con il preciso obiettivo di “trovare i responsabili e punirli”. Ma ad essere punita è stata presto tutta la popolazione. Da venerdì i morti civili sono circa 1000, tra cui centinaia di donne e bambini e famiglie giustiziate insieme. Il più grande massacro di civili in Siria dalla fine della guerra civile ad oggi.
“La mia famiglia ha visto tutto dalla finestra, non sono mai usciti di casa. Hanno visto centinaia di corpi abbandonati per le strade, compreso quello di mio zio che era uscito per andare a comprare del cibo poco dopo l’inizio del coprifuoco. Non sapeva che avessero cambiato l’orario di inizio del coprifuoco, non ha i social media e vivendo da solo nessuno l’aveva avvisato. Gli hanno sparato non appena ha messo piede fuori casa nonostante abbia urlato più volte che fosse un civile”, continua Ahmed H. ancora in stato di shock. “Aveva 54 anni e lavorava in un negozio di vestiti, non aveva niente a che fare con il regime”.
Online circolano video di uomini trascinati per terra in massa, “sei alawita o sunnita?” chiedono le milizie, e poi sparano a tutti. “Bussano nelle case delle persone con la scusa di cercare armi, quando capiscono che ci sono Alawiti li ammazzano. Uccidono tutti, donne, uomini, bambini. Grazie a Dio non sono entrati a casa di mia madre, ma io sono terrorizzato. Da giorni ho smesso di guardare i video che arrivano da Latakia perché stavo diventando pazzo”, continua Ahmed H.

“Ad Al Qussor, un altro distretto nella costa, hanno ucciso tutti, i sunniti hanno cercato di aiutare gli alawiti, ma nessuno ha potuto fare niente”, racconta Afif A. attivista e giornalista, “le persone hanno provato a scappare ma sono stati uccisi tutti, a Al Qussor è stato fatto il più grande massacro, famiglie intere sono state uccise, anche i sunniti sono stati uccisi, hanno ucciso chiunque si muovesse”.
Le persone che sono riuscite a fuggire hanno chiesto protezione all’interno della base aerea russa di Hmeimim. Lì adesso ci stanno dai 7 mila ai 10 mila sfollati che attendono la fine dei massacri per poter uscire. Altri, invece, hanno attraversato il confine verso il Libano.
Intanto la tensione aumenta sempre di più nel paese, ad Aleppo un’associazione di volontari religiosi chiamata “Abaq voluntarily team” distribuisce cibo per l’Iftar, in ogni pacchetto che da a donne, uomini e bambini c’è del pane e un biglietto che recita “gli alawiti devono stare dentro le tombe”, in diverse città del sud uomini di Hts incitano i civili non alawiti ad uccidere gli alawiti, mentre a Damasco durante una manifestazione pacifica contro le uccisioni tutte – sia delle forze di sicurezza da parte degli uomini legati ad Assad, sia dei civili alawiti per mano di Hts – alcuni civili sunniti hanno iniziato ad insultare e picchiare le persone che stavano protestando in piazza al grido “gli alawiti meritano di morire”.
“La gente è arrabbiata, e si uccide a vicenda”, continua Feisal A.
In totale le forze legate ad Assad avrebbero ucciso 383 persone, delle quali 211 civili. Gli uomini della sicurezza nazionale uccisi dalle milizie di Assad sarebbero stati seppelliti in fosse comuni in Qardaha. I miliziani di Hts, invece, hanno ucciso circa 1000 persone di cui almeno 900 civili, “molte delle milizie di Hts sono turkmene, altri non sono neanche siriani, sono Afghani, Pakistani e di altri paesi, venuti in Siria grazie ad Al Shara”, spiega Ahmed H.
L’autoproclamato presidente ad interim della Siria intanto continua a minimizzare ciò che è accaduto come “atti individuali di persone non legate a Damasco”. Domenica il governo siriano ha avviato un’indagine per fare luce su quanto successo, "peccato – conclude Ahmed H. – che gli uomini della sicurezza nazionale hanno seppellito tutti i corpi prima che arrivassero le persone nominate dal governo per l'indagine. Alle famiglie è stato detto che gli avrebbero ridato i corpi successivamente, non sappiamo adesso dove siano”.
“Ci sono uomini della sicurezza nazionale che hanno protetto i civili in questi giorni, altri invece che hanno preso parte ai massacri. Non è facile distinguere tra buoni e cattivi. Di sicuro c’è che gli uomini legati ad Hts che sono arrivati nella zona costiera venerdì erano stati mandati dal governo, avrebbero dovuto rispondere ai comandi dell’esercito, noi non sappiamo se l’hanno fatto o meno. Se è davvero come dice Al Shara si tratta di criminali, terroristi, se non fosse così e avessero seguito gli ordini del governo, allora abbiamo un problema più grande”, conclude Afif A., “tutti ci aspettavamo ciò che è successo, sapevamo che qualsiasi tipo di scontro avrebbe portato a questo. Adesso Al Shara ha una cerchia molto piccola di persone che si fidano di lui. Abbiamo un margine di sicurezza molto basso e se lo perdiamo avremo di nuovo la guerra civile”.