“Ci sarà una punizione durissima”: l’esperto di intelligence commenta l’attentato a Mosca
Mentre si cerca di verificare la rivendicazione dell’Isis-K, a Mosca torna l’incubo dei grandi attacchi terroristici islamici. Eppure è difficile convincersi che la strage della Crocus Hall non abbia niente a che vedere con la guerra in Ucraina. I partigiani russi sostenuti da Kyiv, che hanno firmato attentati e sabotaggi negli ultimi due anni, negano ogni responsabilità e danno la colpa ai servizi segreti di Putin. Ma il presidente, appena rieletto con l’87% dei voti, non ha certo la necessità di organizzare un’operazione “false flag” così drammatica e sanguinosa per giustificare ulteriori repressioni o atti aggressivi in politica estera, notano gli analisti.
In Russia, e non solo in Russia, Putin può già fare tutto quel che vuole. L’ipotesi dell’Isis-K potrà anche sembrare troppo esotica. Ma l’attacco suicida che uccise otto persone all’ambasciata russa a Kabul nel settembre del 2022 ha definitivamente dimostrato l’intenzione del gruppo terroristico attivo soprattutto nell’Asia centrale di colpire gli interessi di Mosca. La matrice è plausibile. Come anche altre.
“Stavolta noi non c’entriamo”
“Si è trattata di un’operazione dell’Fsb, non ci sono dubbi”, dice a Fanpage.it Ilya Ponomaryov, l’ex deputato russo in esilio a Kyiv referente politico dei partigiani anti-Putin. In altre occasioni, è stato per suo tramite che questi ultimi hanno rivendicato le loro azioni sul territorio russo. “Ci sono molti indizi. Due settimane fa le intelligence di diversi Paesi avevano previsto con precisione l’attentato. Ma il Cremlino ha deciso di aspettare finche non fossero terminate le elezioni”, spiega Ponomaryov. “Sicuramente daranno la colpa ai volontari russi in Ucraina e ai servizi di Kyiv”.
Ma che gliene viene al Cremlino da questa carneficina? È mai possibile che dei russi possano far questo a loro concittadini? E Putin potrebbe davvero trarne qualche vantaggio? “Onestamente ne dubito”, risponde a Fanpage.it Mark Galeotti, storico, “putinologo” ed esperto dei servizi di sicurezza di Mosca. “Il presidente si è appena premiato con un plebiscito a suo favore e non ha bisogno di scuse per fare qualsiasi cosa voglia”. Galeotti non si sbilancia su chi possa esser stato. “Ma chiunque siano gli autori, ci sarà una punizione durissima. La gente ora ha paura e Putin deve far vedere che è ancora il loro paladino pronto a difendere i russi”.
Dopo l’invasione dell’Ucraina ci sono stati almeno altri due attentati sul suolo russo, ad opera — secondo le rivendicazioni — di partigiani sostenuti da Kyiv: quello del 20 agosto 2022, che uccise alla periferia di Mosca Daria Dugin, figlia del filosofo ultra-nazionalista Alexander Dugin; e quello del 2 aprile del 2023, cheuccise in un caffè di San Pietroburgo il blogger pro-Putin Maxim “Tatarsky” Fomin. Per quest’ultimo è stata condannata a 27 anni di prigione Darya Trepova, che consegnò la bomba. Poi, nella notte tra il 2 e il 3 maggio 2023 il Cremlino fu l’obiettivo di alcuni droni, lanciati probabilmente dai partigiani. Si tratta in tutti i casi di episodi completamenti diversi da quanto avvenuto venerdì a Mosca. L’eccidio della Crocus Hall ricorda ben altro.
I russi e il terrore
I russi non sono certo dei novellini, come obiettivi del terrore. L’ultimo attentato con più vittime avvenne nella metropolitana di San Pietroburgo il 3 aprile 2017. Matrice islamica. Fece 14 morti e una cinquantina di feriti. La metropolitana di Mosca è stata per tre volte il bersaglio di gruppi islamici del Caucaso. Nel 2004 due esplosioni a sei mesi di distanza l’una dall’altra uccisero una cinquantina di persone. Nel 2010, due attentati suicidi in due stazioni in pieno centro storico ne ammazzarono altre 40. L’anno dopo, l’attacco all’aeroporto internazionale di Domodedovo, alle porte della capitale: 37 vittime.
Tra gli altri attacchi terroristici dell’era Putin, quello del teatro Dubrovka di Mosca, dove tra il 23 e il 26 ottobre 2002 morirono oltre 130 ostaggi anche in seguito agli orrendi errori commessi dai servizi e dal governo nella risposta contro i ceceni autori dell’atto.
E poi Beslan: più di 350 morti in una scuola. Quasi 200 erano bambini. Negli ultimi 23 anni, gli attentati in Russia hanno fatto oltre 1.300 morti. E spesso sono stati “cavalcati” politicamente da Putin.
Il “settembre nero” che lanciò Putin
Gli oppositori del regime ricordano soprattutto il settembre 1999, quando il tritolo fece saltare quattro condomini tra Mosca e il Daghestan. I sospetti ricaddero immediatamente sui terroristi ceceni. "Li ammazzeremo anche se li troviamo al cesso", disse l’attuale presidente, che allora era solo il premier di Yeltsin. Il giorno dopo, ordinò il bombardamento di Grozny e diede il via alla seconda guerra contro la repubblica caucasica ribelle. Una guerra che plasmò la sua figura di uomo forte al comando e fece balzare in alto il suo gradimento tra i russi.
Stando all’allora agente dell’Fsb Alexander Litvinenko e al miliardario Boris Berezovsky, al tempo vicino al presidente, la strage però era stata decisa non sulle montagne o nelle madrasse del Caucaso ma nelle stanze dei servizi segreti russi, che volevano ottenere il supporto popolare alla guerra cecena. Litivinienko e Berezovsky morirono anni dopo a Londra, il primo avvelenato da polonio radioattivo e l’altro suicida.