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Chi sono i profughi siriani super-ricchi che ricostruiranno il Paese

Come tutti i contesti di guerra, anche quello siriano ha la sua doppia faccia: povertà e disperazione da una parte, ricchezza e speranza dall’altra. In altre parole: accanto all’orda dei profughi siriani che hanno perso tutto, esiste anche una piccola fila di profughi super-ricchi che ricostruiranno il Paese.
A cura di Ismahan Hassen
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A più di cinque anni dall’inizio del conflitto, la distruzione della Siria sembra totale: villaggi e città rasi al suolo, infrastrutture e vie di comunicazione distrutte, scuole e ospedali in rovina, milioni di persone uccise e/o esiliate e un’economia che ha perso circa 60 miliardi di dollari.

Là dove le bombe colpiscono ormai anche zone che in precedenza erano a malapena toccate, e là dove gli attacchi aerei assediano le città conquistate dai ribelli, la prospettiva di una ricostruzione del Paese non è contemplata. Se questo è vero per tutti quei profughi siriani che hanno dovuto lasciare il Paese perdendo tutto quel che avevano, c’è però un'altra parte di profughi siriani che attende la ricostruzione per esserne attore.

Tre nomi su tutti…

Waleed Zaabi, membro dell’Alta Commissione per i Negoziati in Siria; Ayman Asfari, amministratore delegato della Petrofac Ltd, gruppo londinese di servizi petroliferi; e Nabil Kuzbari, magnate e Vice Presidente della Camera di Commercio arabo-austriaca.

Questi sono soltanto tre dei nomi di quei super-ricchi profughi siriani che potrebbero plasmare il futuro economico (e politico) della Siria, se i negoziati di pace andassero a buon fine e il conflitto arrivasse finalmente a conclusione.

Con quasi 200 miliardi di dollari stimati come necessari per ripristinare l'economia ad una sua dimensione pre-conflitto, quando la guerra finirà, la Siria avrà bisogno di ricchi emigrati siriani per sostenere lo sforzo di ricostruzione e far ripartire l'economia nazionale, soprattutto prima che eventuali interessi stranieri prendano piede.

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Tre posizioni diverse…

Evidente come i negoziati di Ginevra, si stiano rivelando solo come "un film", sulla definizione del processo di transizione democratica della Siria i tre “signori della ricostruzione siriana” assumono tre posizioni differenti.

Per Zaabi, fermo oppositore del presidente siriano, non sarà sufficiente la fine della guerra a ridare stabilità alla Siria e a permettere a tutti i magnati esiliati e fuggiti di tornare. Alla Siria servirà un governo trasparente, in stato di diritto, interamente imprescindibile dalla cacciata di Bashar al Assad.

Per Asfari, figlio di un diplomatico siriano, educato negli Stati Uniti e critico di Bashar al Assad pur non essendo allineato con il gruppo d’opposizione frammentata, l'unica soluzione di pace in Siria è invece un lungo periodo di transizione, senza la presenza del dittatore siriano al potere.

Per Kuzbari, uomo d’affari in passato legato alla famiglia regnante, la soluzione del conflitto siriano invece potrebbe passare attraverso la permanenza al potere di al Assad, purché il futuro economico e politico del Paese sia lasciato a imprenditori che, senza paura, sono disposti ad assumersi i necessari rischi per ricostruire il Paese.

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Un unico scopo…

I tre super ricchi profughi siriani non sono soltanto accomunati da un’unica condizione condivisa, quella di profughi appunto, ma soprattutto da un unico scopo: ritornare in Siria e investire nel proprio Paese.

Basando il processo di ricostruzione sulla riedificazione delle abitazioni, delle amministrazioni, delle industrie, dei presidi sanitari e di quelli legati all’istruzione, Zaabi, Asfari e Kuzbari si sono presi il compito di provare a risollevare le sorti della Siria, così come un medico prova a curare e salvare “un paziente ferito e morente”.

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