Dal derattizzatore capo della città di Reykijavik al visionario friulano che rivendica il “Territorio libero di Trieste”, passando da oscuri complottisti di sinistra e destra radicali in Usa e Francia, fino ai rappresentanti di un’organizzazione fondata dal fu Yevgeny Prigozhin e come lui recentemente defunta: la Russia non può più permettersi gli osservatori elettorali di una volta.
Lo dimostra l’armata Brancaleone degli “esperti” internazionali ingaggiata per legittimare il voto nelle regioni occupate dell’Ucraina. Anche questo rispecchia l’isolamento di Mosca. E sembra preludere a narrative sempre più distaccate dalla realtà e a limiti severi per il soft power di Vladimir Putin.
Niente più deputati, senatori ed europarlamentari come in precedenti occasioni, a decretare davanti ai media amici l’assoluta regolarità, libertà e democraticità alle urne. E nemmeno personaggi di spicco dell’internazionale populista che da almeno un decennio ha il Cremlino come faro.
“Partecipare ad attività del genere è diventato altamente tossico”, dice a Fanpage.it il politologo Anton Shekhovtsov, che insieme alla European Platform for Democratic Election (Epde), finanziata dall’Ue e dal governo tedesco, indaga su come la falsa osservazione elettorale venga utilizzata dagli Stati autoritari, e in particolare dalla Russia, per crearsi influenza all’interno delle istituzioni di Paesi terzi.
“Ciononostante abbiamo identificato una trentina di stranieri portati dalle forze di occupazione russe nei territori da esse controllati negli oblast di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, con l’intento di dare un qualche grado di legittimità internazionale a una consultazione farsa”.
Gli italiani sono tre. Il “capo delegazione”, responsabile di arruolare gli altri, è Vito Grittani, da Capurso in provincia di Bari. Dove da oltre 25 anni riceve personalità diplomatiche di mezzo mondo, inseguendo un’innata passione per le feluche. Un “collezionista di ambasciatori”, lo definiscono dalle sue parti. Tanto che alla fine è diventato “ambasciatore” anche lui. Una bella soddisfazione, per un ex emigrato in Germania peraltro a corto di lingue.
Il signor Vito è ambasciatore a disposizione, senza portafoglio, dell’Abkhazia: repubblica riconosciuta solo dalla Russia a da altri quattro altri Paesi Onu. “Le elezioni a Lugansk si sono svolte in modo del tutto regolare e la gente era felice e commossa di poter votare”, dice a Fanpage.it dall’albergo nel centro di Mosca dove è stato ospitato dopo i giorni del voto. “Siamo stati sempre accompagnati ai seggi da un plotone di militari armati fino ai denti, ma ci hanno assicurato che era solo per la nostra sicurezza”.
Contestiamo a Grittani che l’Unione Europea considera illegali le elezioni russe nei territori occupati dell’Ucraina, e che gli Usa annunciano sanzioni e restrizioni sui visti per i cosiddetti “osservatori internazionali” chiamati a legittimarle.
“Non ho paura delle sanzioni, faccio solo il mio dovere e non ho visto nulla di illegale”, risponde. Gli spieghiamo che — al di là di ogni considerazione sulla guerra in corso — il sistema elettorale russo prevede che di fatto sia il governo, attraverso la Commissione elettorale centrale, a scegliere chi può candidarsi. E che tutte le liste erano filo-Putin.
“Ogni Paese ha le sue regole, io dovevo solo osservare che tutto fosse regolare alle urne”. Ma non basta, signor Vito, gli diciamo: i doveri di un osservatore elettorale sono più ampi. Eppoi la Russia ha invaso l’Ucraina, come nel 2008 invase la Georgia da cui si è staccata l’Abkhazia.
Risposta: “Gli ucraini bombardavano il Donbass”. Veramente prima del 2014 e dell’intervento russo non si sparava un colpo, facciamo presente. “Non è così. E comunque nel 2008 non c’è stata nessuna guerra in Georgia. La Russia non ha invaso nessuno”.
Chiediamo a Grittani chi paga per l’albergo e il viaggio. Risponde di esser stato invitato, insieme a gli altri “osservatori” italiani, dalla Camera Civica della Federazione Russa. In teoria è un’istituzione della società civile. In pratica è un’espressione della presidenza. Cioè di Putin. Che nomina i 42 membri stabili delegati poi a eleggere gli altri. Piccolo particolare: la Camera Civica non ha fondi per pagare viaggi e spese a chicchessia.
“Ah, non so chi paga. So solo che siamo ufficialmente ospiti della Camera”, taglia corto Grittani alla nostra obiezione.
Secondo Shekhovtsov è evidente che le spese siano più o meno direttamente state coperte dal governo russo. Grittani sostiene di non aver mai avuto nulla a che fare con le istituzioni ad esso riconducibili e che hanno in passato finanziato missioni di falsi “esperti elettorali”. Ma ammette che un anno fa, quando fece da osservatore al “referendum” per l’annessione dei territori occupati alla Russia, ebbe a che fare con il presidente della Commissione affari esteri della Duma Leonid Slutsky: più putinista di Putin e spesso, con la sua danarosa Fondazione russa per la pace, a capo di contatti con cittadini occidentali a scopo di propaganda e disinformazione.
“Le strategie russe di reclutamento a lungo termine non sono mai state abbandonate”, nota Shekhovtsov. Slutsky portò l’ambasciatore dell’Abkhazia a visitare alcuni prigionieri di guerra ucraini. Riteniamo non abbia avvertito Grittani di aver poco prima raccomandato, per fortuna inutilmente, che venissero giustiziati.
Neanche l’"esperto elettorale" Giorgio ‘Descovich' Deschi ha paura di eventuali sanzioni: “Le combatterò in punta di diritto”, ci dice al telefono dallo stesso albergo moscovita di Grittani. “Sono un cittadino del Territorio Libero di Trieste, sotto la giurisdizione dell’Onu: non possono sanzionarmi”, afferma.
Si riferisce al mai costituitosi Stato indipendente previsto dal trattato di Parigi del 1947, superato anche come semplice ipotesi dal trattato di Osimo del 1975, con cui Italia e Jugoslavia incorporarono definitivamente le due zone in cui il Territorio Libero era stato diviso. Deschi dice che il trattato di Osimo non è un accordo internazionale ma solo un’intesa ta massoni.
Noto a Trieste per il suo irredentismo per il Territorio Libero, ha appoggiato nell’autunno 2021 la rivolta dei portuali della sua città contro il green pass, ed è vicino alla lista anti-sistema Insieme Liberi. Si definisce “un visionario” e vorrebbe che Trieste fosse la sede di un processo di pace per l’Ucraina.
Nobile idea. Ma ritiene che siano stati gli ucraini ad aver scatenato la guerra. E che la colpa sia dell’Occidente. Non pensa di esser usato dalla Russia per legittimare le elezioni. Anche lui racconta del plotone di militari che ha seguito i nostri ovunque.
Il terzo italiano è Pasquale Salatino, di Lamezia Terme, direttore della rivista online Osservatore calabrese. Non ci abbiamo parlato. Era la sua prima visita in Russia e la sua prima “osservazione elettorale”. Ha scritto in un articolo di essersi convinto che l’informazione occidentale “contraddice quasi completamente ciò che abbiamo visto sul posto”. E di esser finalmente riuscito a capire "cosa è vero e cosa è una bugia".
“Deschi, Salatino e in qualche modo Grittani fanno parte del gruppo di ‘osservatori’ cooptati a casaccio”, spiega Shekhovtsov. Alcuni non capiscono nemmeno quale sia la situazione tra Russia e Ucraina.
“Il fatto è che il Cremlino pubblicamente odia l’Occidente ma poi vuol far vedere ai propri cittadini che molti occidentali approvano le azioni della Russia: qualcuno devono pur procurarsene”. Chiunque sia. In questa compagine c’è anche Konnraõ Magnússon, direttore delle operazioni del Centro disinfestazioni della capitale dell’Islanda, ha scoperto Shekhovtsov insieme al Centro per l’integrità democratica di cui è a capo. Non proprio un “esperto elettorale”.
Esiste poi un secondo gruppo, più ideologizzato. Comprende, tra gli altri, l’americano Wyatt Reed, giornalista del sito di sinistra radicale Greyzone, e l’attivista di estrema destra francese André Chanclu. La terza “delegazione” individuata da Shekhovtsov e dal Centro per l’integrità democratica di cui è a capo risulta invece composta dagli orfani dell’associazione Afric creata dal gruppo mlitar-propagandistico-finanziario del fondatore della brigata Wagner Prigozhin, e recentemente dissolta. Anche qui non emergono nomi di spicco, frequenti invece nelle passate missioni elettorali pro-Cremlino.
L’Epde ha identificato una cinquantina di italiani come “osservatori di parte” nelle votazioni degli ultimi anni in Russia, in territori dalla Russia occupati e annessi e in alcuni Stati alleati con Mosca. Nella lista, anche l’ex consigliere di Matteo Salvini Gianluca Savoini, che nel 2018 “osservò” le presidenziali russe su invito della Duma.
E l’assessore alla Cooperazione internazionale e alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone, FdI, già capo dell’Ufficio di rappresentanza della sedicente repubblica di Donetsk in Italia prima dell’annessione: fece parte della “Delegazione senior degli osservatori internazionali” per le elezioni generali in Cambogia nel 2018. Delegazione che, certifica Shekhovtsov, fu “coordinata direttamente da attori russi, come il vice di Slutsky Alexey Chepa e il presidente della Fondazione per la politica progressiva Oleg Bondarenko”.
Fu un esempio della “globalizzazione della rete pro-Cremlino degli osservatori elettorali politicamente di parte”, sostiene l’Epde. Come lo furono le elezioni politiche nell’Azerbaijan nel 2020. “Osservate”, tra gli altri, dal senatore pentastellato Ettore Licheri, nella delegazione dell’European Council on Democracy and Human Rights (Ecdhr), entità vicina a un politico polacco dell’estrema destra pro-Putin: Mateusz Piskorski, arrestato a Varsavia per spionaggio a favore ddi Russia e Cina e rilasciato su cauzione in un caso giudiziario criticato dall’UN Working Group on Arbitrary Detention. Almeno uno dei delegati Ecdhr ha avuto tutte le spese pagate dalla fondazione del solito Slutsky, ha accertato l’Epde. Non si tratta di Licheri.
Alcuni saranno in buona fede, molti si sentiranno gratificati per il trattamento da alti diplomatici gentilmente concesso dal Cremlino o da chi per esso. Qualcuno si compiacerà del viaggio e degli alberghi gratis. Difficile, nella maggior parte dei casi, dimostrare che siano stati commessi reati.
Certamente la campagna dell’Epde contro il pericoloso malcostume delle “osservazioni elettorali di parte” ha messo allo scoperto il gioco di Putin. Le sanzioni di parlamenti nazionali ed Europarlamento contro i “falsi osservatori” li hanno resi più rari e meno prestigiosi.
La loro attuale caratura indica che a Mosca ormai ci si accontenta. La qualità della narrativa e degli amici all’estero scende di brutto. Resta il fatto che, se ne siano resi conto o meno, i tre “osservatori” italiani e i loro “colleghi” sono entrati in territorio ucraino illegalmente, dal punto di vista di Kyiv e dell’Unione Europea.
L’Epde invita le autorità nazionali a farglielo presente, e ad avvertirli delle conseguenze che possono derivare dalla loro partecipazione all’offensiva propagandistica russa. Per il mondo e per loro stessi. Sanzioni e restrizioni sui visti comprese.
Giornalista e broadcaster. Corrispondente da Mosca a mezzo servizio (L'Espresso, Lettera 43 e altri - prima di Fanpage). Quindici anni tra Londra e New York con Bloomberg News e Bloomberg Tv, che mi inviano a una serie infinita di G8, Consigli europei e Opec meeting, e mi fanno dirigere il servizio italiano. Da giovane studio la politica internazionale, poi mi occupo di mostri e della peggio nera per tivù e quotidiani locali toscani, mi auto-invio nella Bosnia in guerra e durante un periodo faccio un po' di tutto per l'Ansa di Firenze. Grande chitarrista jazz incompreso.