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Guerra in Ucraina

Chi protesta in Russia rischia il pestaggio e anni di carcere, l’allarme di Amnesty a Fanpage.it

In un’intervista a Fanpage.it Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, spiega cosa può succedere a chi sta protestando in queste ore in Russia. “Bisogna ottenere subito corridoi umanitari”, l’esercito russo utilizza “la tecnica dell’assedio sviluppata in Siria”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Dalle proteste in Russia ai corridoi umanitari per il popolo ucraino. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, non nasconde la preoccupazione. La guerra in Ucraina continua con la tecnica dell'assedio da parte dell'esercito russo e ci sarà un vero e proprio disastro umanitario. Chi manifesta a Mosca o a San Pietroburgo, intanto, rischia grosso. In un'intervista a Fanpage.it, Noury fa il punto della situazione sugli scenari che si aprono dal punto di vista umanitario e su cosa è necessario chiedere ora alla Russia.

La prima domanda è secca: cosa succede a chi viene arrestato perché protesta in Russia?

Intanto va detto che sono già più di settemila. La sensazione è che possano essere sottoposti a detenzione amministrativa per alcune settimane per manifestazione non autorizzata. Ci sono però due scenari preoccupanti: il primo è che magari qualcuno individuato come promotore di questa campagna di dissenso si prenda qualche imputazione più grave e venga condannato a pena detentiva; il secondo è che c'è un numero così grande di arresti che si pone la questione del sovraffollamento, con il rischio che vengano utilizzati dei centri di detenzione informali. E poi c'è il rischio di pestaggi, soprattutto con questa narrativa bellica così martellante.

Lo scenario quindi può solo peggiorare…

C'è anche il rischio che venga proclamata la legge marziale in Russia, così può mutare l'imputazione nei confronti di chi dissente. Potrebbe diventare reato di tradimento, diserzione. Due giorni fa l'ex primo ministro Medvedev ha detto che siccome il Consiglio d'Europa ha sospeso la Russia è l'occasione per ripristinare la pena di morte. Ci manca solo il plotone di esecuzione in piazza per chi prende parte alle manifestazioni. È uno scenario improbabile, chiaro, ma era anche improbabile l'invasione dell'Ucraina.

Quindi la portata di queste mobilitazioni è destinata a crescere?

È destinata a crescere se le pene rimangono tali. Se si passa a un livello di repressione e di punizione più dure sul piano giudiziario potrebbe aprirsi uno scenario come quello della Bielorussia, dove hanno manifestato qualche mese in piazza, poi ne hanno arrestati a migliaia e la gente in piazza non c'è andata più.

C'è modo di capire cosa accade all'interno delle prigioni russe in queste ore?

È difficile, ma in rete ci sono tante immagini di proteste e interventi della polizia. All'interno dei luoghi di detenzione non sappiamo cosa succede. Le immagini si fermano al momento in cui vengono caricati nei furgoni, da lì in avanti è un buco nero. Ci sono state in passato manifestazioni in Russia con uso eccessivo della forza da parte della Polizia e arresti di massa. Le prigioni ufficiali non bastavano più.

Rispetto a come vengono trattati i prigionieri di guerra, invece, si sa qualcosa?

Al momento non sappiamo come li stanno trattando, ma secondo il testo della Terza Convenzione di Ginevra le parole chiave devono essere umanità e dignità.

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia

Intanto l'esercito russo continua a colpire obiettivi civili in Ucraina, negando però di farlo…

Per chi conosce la storia della Siria dal 2015 a oggi non c'è nessuna meraviglia. Basta vedere com'è andato l'assedio di Aleppo. L'intervento russo ha determinato l'esito del conflitto attraverso crimini di guerra in quantità industriale seguiti da una narrativa negazionista. Tattiche di assedio e bombardamento delle città, uso di armi vietate come le bombe a grappolo, attacchi indiscriminati contro obiettivi civili. Questo pone anche un problema per l'evacuazione dei civili. A Kiev potrà andare solo peggio, anche perché c'è stata un'impennata di morti da centinaia a migliaia in pochi giorni. La tattica è chiara: assedi, bombardamenti e riduzione alla fame per far arrendere il nemico. Il problema è che qua c'è la popolazione civile di una capitale europea.

Le bombe a grappolo possono essere utilizzate dalla Russia?

Da un punto di vista strettamente legale non è vincolata alla convenzione di Oslo perché non l'ha firmata, come Cina, Usa e altri. Però c'è un'idea crescente che il divieto di uso di queste armi sia entrato a far parte del diritto consuetudinario, per cui il loro uso è considerato un crimine di guerra. Questo apre lo scenario della giustizia internazionale. Una volta che il procuratore della Corte penale internazionale ha detto che vuole aprire un'indagine comincia un percorso complicato che può portare a un'incriminazione e a una condanna.

Parliamo delle armi che stanno arrivando a fiumi in Ucraina da parte dell'Occidente (e anche dell'Ue e dell'Italia), è la strada giusta?

Qui ci sono due problemi: dal punto di vista pacifista sai che se mandi armi per risolvere un conflitto non troverai la soluzione; dal punto di vista pragmatico c'è una posizione comune dell'Unione europea del 2008 di cui va tenuto conto, cioè che bisogna fare una valutazione del rischio prima di inviare le armi. I criteri da rispettare sono due: valutare se possono finire in mani sbagliate e se possono essere utilizzate per compiere gravi violazioni dei diritti umani. Ho la sensazione che nella fretta questi punti non siano stati presi in considerazione.

Dall'Ucraina, nei prossimi giorni, settimane e mesi, arriveranno milioni di profughi. È una sfida enorme per l'Unione europea…

Occorre una risposta straordinaria, che può essere rappresentata da questa direttiva del 2001 mai applicata sulla protezione internazionale. Il che, però, vuol dire garantire visti in maniera generalizzata senza discriminare le persone che fuggono dall'Ucraina. E bisogna tenere conto che sarà un'accoglienza di lungo periodo, quindi occorre organizzarsi investendo fondi e tenendo d'occhio i Paesi non Ue che si stanno sobbarcando quest'onere. Intanto se continua l'assedio il problema non sarà accogliere, ma fuggire: bisogna pretendere corridoi umanitari.

È uno dei punti sul tavolo dei negoziati di oggi tra Russia e Ucraina, sarebbe un buon risultato ottenerli?

Sarebbe il minimo che qualunque negoziato dovrebbe pretendere. In un conflitto chi vuole lasciare la zona di guerra deve poter arrivare ai confini e avere le porte aperte. Perciò servono passaggi sicuri. Se il negoziato non riesce a fare neanche questo vuol dire che è stato davvero inutile.

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