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Chi era e cosa sappiamo dell’attentato a Armen Sarkisyan “Gorlovsky”, morto in un’esplosione a Mosca

L’uccisione di Armen Sarkisyan, tra crimine organizzato, guerra e giochi di potere, alimenta sospetti oltre l’ipotesi più ovvia. I servizi di Kyiv sanno colpire i pezzi grossi nel cuore di Mosca. Ma “Gorlovsky” era solo “un boss del malaffare”, dice a Fanpage.it l’esperto di mafia russa Galeotti. L’ex viceministro ucraino Gerashenko: “La vittima era in conflitto con il leader ceceno Kadirov per il metallo di Mariupol”.
A cura di Riccardo Amati
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A sinistra, l'ingresso del grattacielo distrutto dall'esplosione a Mosca; a destra, Armen Sarkisyan, fondatore del battaglione ArBat.
A sinistra, l'ingresso del grattacielo distrutto dall'esplosione a Mosca; a destra, Armen Sarkisyan, fondatore del battaglione ArBat.

Non era solo il fondatore di una delle tante formazioni militari nate nel Donbass per combattere contro Kyiv prima e dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Armen Sarkisyan, 46 anni, nome di battaglia “Gorlovsky” perché cresciuto a Horlivka (in russo Gorlovka), personificava il connubio tra attività criminali, politica irredentista e ingerenza russa. Un intreccio che ha governato la regione di Donetsk fin da quando si è autoproclamata “repubblica” nel 2014. E che potrebbe essere stato il vero motivo della sua fine.

Vele scarlatte

L’uccisione di “Gorlovsky” è avvenuta nell’atrio del super sorvegliato complesso residenziale Alye Parusa, ovvero “vele scarlatte”. Stesso nome della festa pietroburghese sull’acqua ispirata a un libro per bambini di Alexander Grin. Si tratta di palazzoni eleganti in mattoni rossi sulle rive della Moscova a Shchukino, pochi chilometri e un’ora buona di traffico a nord-ovest del Cremlino. Un posto sicuro, in teoria: telecamere, cancelli multipli e sorveglianza H24.

L’attentato segue di un mese quello costato la vita al generale Igor Kirillov, lo zar delle armi chimiche e dei veleni utilizzati dal regime russo. Se fosse stato organizzato dai servizi segreti ucraini, dimostrerebbe una volta di più la loro capacità di colpire nel cuore della capitale russa. Terrorizzando i suoi pezzi grossi. E alimentando negli altri moscoviti la brutta sensazione di non essere poi così lontani dalla guerra. Anche se per ora mancano le mezze ammissioni o le “non smentite” giunte in altri casi, la capacità operativa del Gur e dell’Sbu — i servizi ucraini —  in territorio russo è comprovata. Che abbiano fatto fuori un altro della loro lista è probabile. Ma la carriera malavitosa della vittima apre anche a ipotesi diverse.

Il racket del separatismo

“Le cosiddette repubbliche popolari del Donbass sono state fin da subito un covo di criminali”, dice a Fanpage.it Mark Galeotti, tra i maggiori esperti delle mafie di Russia e dintorni, autore insieme ad Anna Arutunyan dello studio Rebellion as Racket: Crime and the Donbass conflict 2014-2022 (Global Initiative Against Transnational Global Organized Crime, 2022). “Sarkisyan non era nemmeno tra i peggiori. Non era un ‘vor’: non apparteneva alla casta dei grandi mafiosi (‘vory v zakone’, traducibile con “delinquenti legati a un codice”, o “affiliati”, ndr). Era però coinvolto in traffici di ogni genere, leciti e illeciti. Andava dove era il denaro”. Uno dei motivi, secondo Galeotti, per cui aveva fondato il battaglione ArBat: “Dopo l’invasione del 2022, era un modo per far soldi grazie ai pagamenti del ministero della Difesa russo, e al contempo dimostrare lealtà e patriottismo, guadagnando punti con Mosca, che ormai controllava tutto, nel Donbass”.  Affari e ambizione all’ombra della causa secessionista.

Al soldo di Mosca

L’unità militare del Donetsk pagata dal Minoborony, così i russi chiamano il ministero che sovrintende alla guerra, non è mai stata molto importante. Al massimo ha contato 500 mercenari, secondo il giornale russo Kommersant. Più probabilmente la metà, risulta a Galeotti. ArBat significa battaglione armeno. I suoi componenti sono in gran parte armeni. Stessa origine di Sarkisyan. Sono stati inviati al fronte il 2 luglio 2023 dopo una benedizione nella cattedrale armena di Mosca. Nell’ottobre dello stesso anno, il comandante militare di ArBat dichiarò che il battaglione, parte della Brigata internazionale Pyatnashka e quindi del gruppo militare “privato” Redut, includeva un reparto quasi interamente composto da ex Wagner, specializzati in droni e guerra elettronica. Lo ArBat ha subito pesanti perdite nella battaglia di Avdiivka. Recentemente è stato avvistato nella oblast di Kursk, a contrastare la penetrazione ucraina oltre confine. Ma non è il battaglione armeno ad aver attirato l’attenzione dei nemici di  “Gorlovsky”.

Nella lista dell’Sbu

“L’apertura di indagini da parte dei servizi segreti di Kyiv nei confronti di Armen “Gorlovsky” Sarkisyan risale al 2013-2014”, dice a Fanpage.it Anton Gerashenko, ex vice-ministro dell’Interno dell’Ucraina e fino a un anno fa consigliere dello stesso dicastero. È di pubblico dominio che Sarkisyan aveva rapporti d’affari con l’allora presidente filo-russo Viktor Yanukovich. Secondo Gerashenko, “era coinvolto in racket ed estorsioni”. Fu poi accusato di aver organizzato gruppi di “titushky”, i picchiatori pagati per provocare i manifestanti durante la rivolta popolare di Euromaidan. E fu sospettato dell’omicidio del giornalista Viacheslav Veremii, ucciso in quei giorni da alcuni “titushky” per aver scattato una foto.

Dopo la Rivoluzione della Dignità e la fuga di Yanukovich, Sarkisyan lo seguì in Russia. “Da allora ha operato nei territori occupati come esecutore dell’Fsb (servizio di sicurezza erede del Kgb sovietico, ndr), reclutando criminali per combattere contro l’Ucraina”, afferma Gerashenko. Che è tra i fondatori di Myrotvorets, sito spesso criticato perché elabora una lista e talvolta dà informazioni su chi ritiene nemico dell’Ucraina.

Più boss che comandante

Galeotti definisce Sarkisyan “un pesce piccolo”. Ma la sua attività di affarista-malavitoso era comunque interessante, per Mosca. “Dal 2014 al 2022 fu un boss locale nella Dnr, la Repubblica di Donetsk”, spiega l’esperto. “Dopo il 2022, le circostanze lo hanno trasformato in un signore della guerra”. Riguardo all’accusa di supervisionare il reclutamento di miliziani nel sottobosco criminale e nelle prigioni, però,“non era certo un secondo Prigozhin”. Il fondatore della Wagner, per la versione ufficiale morto in uno degli incidenti più improbabili della storia dell’aviazione, di carcerati ne reclutava a decine di migliaia. Sarkisyan, semmai, qualche centinaio. “Una cosa è certa, come tutti i malavitosi e gli affaristi nel Donbass, agiva in stretto coordinamento con Mosca”, sottolinea Galeotti: “I gangster locali sono stati assoldati dalle autorità russe e l’economia dei territori occupati si è fondata sul contrabbando — di armi e altro — e su tutte le attività illegali tipiche di un territorio in guerra”.

La guerra del metallo

“Sarkisyan controllava il settore metallurgico nei territori occupati”, racconta Anton Gerashenko. “Ed entrò in conflitto con il leader ceceno Ramzan Kadirov quando quest’ultimo smantellò gli impianti di Mariupol”. In effetti, le truppe di Kadirov si sono fatte valere più per il saccheggio di materiali e strumenti ad alta tecnologia dalle fabbriche di Mariupol che per le loro imprese militari, nella guerra in Ucraina. Le razzie negli stabilimenti della Azovstal, e della Illich Iron & Steel Work sono state testimoniate dal Wall Street Journal e altri media.

Kadirov, fedelissimo di Vladimir Putin — che gli “regalò” la repubblica caucasica parte della Federazione Russa — affianca a più o meno genuini entusiasmi patriottici e guerrieri una certa passione per gli affari. Il meglio degli impianti metallurgici della città ucraina rasa al suolo dagli invasori fu rivenduto ad aziende russe del settore. Questo potrebbe aver creato parecchia tensione tra il boss del “metallo di guerra” Armen Sarkysyan e il boss della Cecenia.

Far West nel centro di Mosca

Fatto sta che nel febbraio del 2024 ci fu una sparatoria sulla ulitsa Pluschikha, nel centro di Mosca, tra le guardie del corpo di Sarkisyan e certi ceceni. Una litigata dopo un incidente stradale che aveva coinvolto la figlia di “Gorlovsky”, Emilia Sarkisyan — riportarono i media. Una reazione spropositata, a giudicare da un video ancora in circolazione sul web: almeno una decina di colpi di pistola tra due gruppi avversari, tre persone ferite. Davvero Sarkisyan ha fatto intervenire un piccolo esercito solo per un tamponamento? E perché i ceceni andavano in giro per Mosca armati?

“Volevano rapire la ragazza”, sostiene Gerashenko: un tentativo di sequestro di persona in piena regola, sventato dal “boss del metallo” e dai suoi pistoleri. Per aver sparato quella sera, l’atleta ceceno di arti marziali miste Rasul Ochayev è stato condannato — un mese fa — a tre anni e mezzo di galera. Articolo 115 del Codice Penale: procura intenzionale di lesioni lievi per motivi di teppismo con l'uso di un’arma. Sentenza leggerina. Anche perché una delle persone ferite da Ochayev era molto grave, ha scritto l’agenzia Tass. Gerashenko, sulla base di sue informazioni riservate, sostiene che Ochayev è un uomo di Kadirov.

L’ipotesi Kadirov

“Ovviamente Kadirov doveva rispondere” alla sconfitta di ulitsa Plushikha, afferma l’ex viceministro di Kyiv. “Il palazzo dove risiedeva Sarkisyan era noto e ben sorvegliato. Tutto lascia pensare che chi ha piazzato e poi innescato l’esplosivo avesse accesso al sistema di sicurezza perimetrale”. Un favore dei servizi di Putin a Kadirov? Gerashenko ritiene “possibile” che siano stati killer del leader ceceno a uccidere “Gorlovsky”. “Dubito però che ci sarà mai un’inchiesta seria da parte delle autorità russe”, conclude.

Il metodo dell’attento dinamitardo è tipico del Gur e dell’Sbu ucraini, più che dei “kadiroviti” D’altro canto, che ceceni vicini a Kadirov, abbiano più volte commesso — impunemente o quasi — clamorosi omicidi a Mosca è un fatto certo. Due casi su tutti: l’assassinio della giornalista Anna Politkovskaya e quello del politico dell’opposizione Boris Nemtsov. Alcuni esecutori materiali sono finiti dietro le sbarre. Tra questi, reo-confesso, l’ex vice di un comandante militare cugino del leader ceceno. Ma sui mandanti, non si è mai indagato. Lo zar ha bisogno del suo vassallo per evitare una nuova guerra di secessione nella repubblica caucasica. Mica tutte le secessioni sono ben viste, al Cremlino. Le autorità federali di fatto non hanno giurisdizione, dalle parti di Grozny. Nessun investigatore moscovita interrogherà mai Kadirov, finché Putin è al potere.

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