Comedian. Ovvero: il comico. Nel 2019 i titoli dei giornali internazionali sull’Ucraina contenevano quasi sempre quella parola. Perché c’era uno strano tizio che faceva il comico in Tv e si era messo in testa di diventare Presidente. Un tal Volodymyr Zelensky, bassetto, non proprio una bellezza, nato in una famiglia della borghesia ebraica (padre professore di informatica, madre ingegnere) nella città di Kryvy Rih, nota solo per due caratteristiche: è sede di uno degli altoforni più grandi del mondo ed è la città più lunga del mondo, ben 130 chilometri. Noi da questo lato dell’Europa abbiamo sempre le idee un po’ confuse su quel che succede nei Paesi dell’altro lato, quindi abbiamo molto stentato, all’inizio, a renderci conto che quel tizio, Volodymyr Zelensky, a noi non diceva niente ma in patria era una star, di più, un mito.
E qui bisogna recuperare un po’ della sua non lunghissima storia (è diventato Presidente a 43 anni, il più giovane nella storia dell’Ucraina) per capire bene. Laureato in Legge, Zelensky ha sempre avuto il pallino dello spettacolo. A 17 anni già partecipava ai concorsi televisivi tipo il nostro Amici, sia sulla Tv ucraina sia su quella russa. A 19 ne vinse uno e poco dopo fondò Kvartal95, la sua casa di produzione. Tra il 1998 e il 2003 girò per tutta l’ex Urss on il circuito KVN (possiamo tradurre con il Club degli allegri e fantasiosi), una specie di gara itinerante per comici e intrattenitori. Poi tornò in patria per dedicarsi alla produzione di show per la televisione e alla recitazione.
Servo del popolo
Nel 2019, quando decide di darsi alla politica, Zelensky è già un riccone. Come attore ha recitato in film di successo, come produttore ha realizzato spettacoli amatissimi dal pubblico. Uno dei suoi migliori clienti è il network 1+1 di proprietà di uno dei più famosi oligarchi ucraini, quell’Ihor Kolomoisky che più tardi sarà al centro di un clamoroso scandalo finanziario (la sua Privat Bank, dicono le accuse, avrebbe sottratto miliardi di dollari ai correntisti) e che ancora oggi non può mettere piede negli Usa per non essere arrestato (gli americani lo accusano di aver riciclato da loro i soldi rubati agli ucraini). Fatto sta che per la Tv di Kolomoisky, Zelensky realizza la serie Tv che da famoso lo rende mitico: “Servo del popolo”.
Lui fa la parte che, visto il seguito, più gli compete: quella di Vasily Petrovic Goloborod’ko, un modesto insegnante che, in un attacco d’ira, comincia a inveire contro i politici corrotti. Un allievo lo riprende, il video diventa virale e lui viene eletto alla presidenza della Repubblica ucraina, dove porta con sé un paio di doti che si rivelano rivoluzionarie: semplicità e onestà. La serie sfonda non solo in Ucraina ma anche in Russia, in tutti i Paesi dell’ex Urss e persino in Polonia e negli Usa. Zelensky accumula share pazzeschi e 10 milioni di follower su Instagram. Un sondaggio rivela che il 96% degli ucraini lo conosce, un risultato inimmaginabile per qualunque politico. Ad accrescere la sua fama, anche una certa aria da patriota e insieme da ribelle anti-sistema. Un paio dei suoi show vengono chiusi perché troppo irriverenti. Nel 2014, quando nel Donbass scoppia la guerra con gli indipendentisti filorussi, lui dona somme importanti all’esercito ucraino, in quel periodo molto mal messo, e fa spettacoli gratuiti per le truppe.
L’idea di candidarlo alla presidenza non dev’essere stata improvvisa ma, al contrario, ben ponderata. Infatti, nelle prime settimane della campagna elettorale, si parlava molto di un celebre cantante rock ucraino, anche lui uscito dalla scuderia delle Tv di Kolomoisky. Però poi è toccato a Zelensky, che ha annunciato la candidatura con un tocco degno del grande showman: facendo, l’ultima sera dell’anno 2018, un contro-discorso rispetto a quello dell’allora presidente Petro Poroshenko, massacrandolo di critiche e annunciando, appunto di volerne prendere il posto. Obiettivo raggiunto nell’aprile successivo con una vittoria a valanga: 73% dei voti. E subito dopo, nelle elezioni politiche, trascinando il suo partito (chissà come mai chiamato pure lui Servo del Popolo) alla maggioranza assoluta in Parlamento.
La questione Russia
Ecco, adesso Zelensky non è più un Presidente per finta. Che cosa fa? Gli inizi sono stati un po’ turbolenti, ma il rodaggio era inevitabile, il problema non è questo. E la classe di showman è sempre quella. Zelensky è forse il politico più social del mondo, si fa i video, twitta, un giorno lo vedi in doppiopetto in riunione, quello dopo in mimetica in trincea, il terzo in maglioncino al parco. Nei giorni più tesi dello scontro con la Russia non ha smesso di inventare. Incontrando la stampa straniera, quella più incline agli allarmismi, ha detto davanti alle telecamere: “Se sapete qualcosa di preciso sull’invasione russa ce lo dite, per favore?”. Il giorno dopo ha proclamato il 16 febbraio, cioè il giorno in cui, secondo la stampa anglosassone, i tank russi avrebbero varcato il confine, festa nazionale.
Ma bisogna piuttosto chiedersi: ha mantenuto le promesse? Erano due, in sostanza: trovare il modo di fare pace con la Russia senza rinunciare alla Crimea (riannessa dal Cremlino) e al Donbass ribelle; e ripulire la politica ucraina dal malaffare e dagli oligarchi, i ricconi che controllavano le leve dell’economia nazionale e le manovravano a piacimento. Bisogna onestamente dire che Zelensky ha trovato una situazione vicina al disastro, e ancora oggi l’Ucraina è, con la Moldavia, il Paese più povero d’Europa. Non gli si potevano chiedere miracoli. Infatti la pace con la Russia, come ben sappiamo, resta un sogno e, par di capire, lo resterà a lungo. E gli oligarchi? La corruzione? Qui qualcosa Zelensky ha fatto, soprattutto una legge che vieta alle persone dotate di grandi patrimoni di ottenere commesse pubbliche. Ma i vari Rinat Akhmedov, Viktor Pinchuk e Ihor Kolomoisky, per fare solo alcuni nomi di oligarchi, sono sempre lì, seduti su un mucchio di denaro, e non sembrano intimiditi. Diciamo però che Zelensky è almeno riuscito a limitarli, a costringerli a lavorare almeno in parte anche per il Paese e non solo per il proprio portafogli.
Oppositori a processo
Ci sono invece due altri aspetti che ci hanno fatto scoprire uno Zelensky che, dietro le battute e le pose da uomo di spettacolo, sa sfoggiare zanne d’acciaio. Da un lato, il comico-Presidente ha pian piano eliminato tutti coloro che potevano dargli fastidio. Ha liquidato i ministri della vecchia guardia, primo fra tutti il potente ministro degli Interni Avakov. Ha pensionato di brutto il presidente della Corte Costituzionale che frenava le sue leggi. Ha chiuso sette canali televisivi di opposizione. Ha messo agli arresti, accusandolo di tradimento, Viktor Medvedcuk, filorusso ma soprattutto leader di Blocco di opposizione-Per la vita, il secondo partito del parlamento ucraino dopo il suo Servo del Popolo. Sta processando, sempre per tradimento, l’ex presidente Poroshenko, che di tutto era sospettabile tranne che di intendersela con i russi o con i loro amici. Il sindaco di Kiev, il popolare ex campione del mondo di pugilato Vitaly Klitchko, è già finito nel mirino di alcune perquisizioni. Insomma, Zelensky sembra voler fare piazza pulita di chiunque non sia allineato alla sua politica.
E poi c’è il nazionalismo. Niente da dire, bisogna amare la patria. Ma il buon Zelensky, che era diventato presidente con intenti pacificatori e moderatori, sembra un po’ troppo incline a compiacere le corpose frange del nazionalismo di estrema destra, in qualche caso addirittura filo-nazista, che ha il potere di condizionare la politica nazionale. Gli uomini della destra sono ben inseriti nelle Forze di difesa territoriale (25 brigate per 130 mila uomini, una specie di milizia che deve affiancare l’esercito regolare) e addirittura in ruoli istituzionali delicati. Nessuno si sogna di vietare le loro marce o le manifestazioni dove si vedono simboli odiosi, non perché anti-russi ma perché tesi a esaltare gruppi e uomini che, ai tempi, collaborarono con le truppe naziste e con le SS. Anche in questo caso: si tratta di forze che non possono essere ignorate, perché hanno un seguito nel Paese e perché si sono guadagnate rispetto, dal punto di vista ucraino, partecipando ai sommovimenti dell’Euromaidan nel 2014 e combattendo nel Donbass. Ma tra “non ignorare” e “blandire” corre ancora una certa differenza.
Alla fin fine Zelensky resta in parte un mistero. Non si capisce ancora se ci è o ci fa. Se stia sfruttando l’emergenza del conflitto con la Russia per prendersi tutto il potere o se questa sia la condizione per ottenere qualche risultato in un Paese diviso e affannato. Se ha fiutato l’aria e si è adattato o, semplicemente, se il compito di governare l’Ucraina sia oggi superiore alle energie di chiunque. Una cosa però è certa: Zelensky è un comico con cui è meglio non scherzare troppo.