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Chi è Nino Vadalà, il calabrese in Lamborghini che fa tremare il premier slovacco

Dopo l’arresto di Antonino Vadalà sono emersi nuovi particolari sulle sue attività in Slovacchia. Una vita spericolata, ostentando ricchezza e millantando parentele con le cosche che hanno portato Vadalà in poco tempo fino ai piani alti della politica slovacca fino al premier Fico.
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Antonino detto “Nino” Vadalà è stato arrestato questa notte dalla polizia slovacca. Proprio a Vadalà, il giornalista Ján Kuciak aveva dedicato il suo ultimo articolo per indicarlo come uno spregiudicato uomo d’affari in odore di ‘ndrangheta. Prima che il suo nome trapelasse come sospettato nel caso dell’omicidio del reporter e della fidanzata, pochissimi al di fuori della comunità italiana residente in Slovacchia conoscevano l’imprenditore calabrese o le sue attività. Per tutti era semplicemente quello con la Lamborghini bianca, capace di riservare per sé un tavolo da roulette al casinò Reduta di Bratislava e dilapidare in poche ore decine di migliaia di euro. Lo stereotipo del “taliansky špekulant” (lo speculatore italiano), un predatore di guadagni facili e circondato da giovani procaci.

Centinaia di candele sono state poste di fronte a un ritratto del giornalista investigativo slovacco Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kusnirova nel centro di Bratislava (Gettyimages)
Centinaia di candele sono state poste di fronte a un ritratto del giornalista investigativo slovacco Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kusnirova nel centro di Bratislava (Gettyimages)

Anche gli italiani in Slovacchia avevano cominciato a prenderne le distanza: lo stile di vita e, soprattutto, le parentele con gli ambienti criminali calabresi millantate dall'imprenditore, avevano finito per renderlo inviso alla maggior parte dei suoi connazionali emigrati nel Paese dell’Europa centrale. Ma c’era anche chi, come i vicini delle sue proprietà agricole, avevano conosciuto l’altra faccia dell’uomo d’affari, quella delle minacce e intimidazioni in stile mafioso.

Antonio Palombi, un pensionato italiano da anni residente in Slovacchia, ha incontrato Vadalà nei primi anni duemila. Fanpage.it ha raggiunto Palombi che non ha avuto difficoltà a raccontare come è diventato il suo socio, finendo per perdere tutto quello che possedeva. “Non sapevo chi fosse, si presentò dicendo che il consolato lo aveva indirizzato a noi, come spesso accadeva, lo aiutammo a registrare la società con la quale voleva fare attività agricole. Si è presentato come un ragazzo di campagna e mi piacque ma – continua il pensionato – quando si stabilì a Michalovce, dove diceva di avere parenti, per diversi anni lo vidi solo di sfuggita”.

A Michalovce, alcuni Vadalà si erano infatti stabiliti sin dall'inizio degli anni Novanta quando, col crollo del regime comunista, era diventato possibile fare affari facili anche per persone gravate dal peso di uno scomodo cognome che, seppur diffusissimo in Calabria, evoca subito il ricordo di gravissimi fatti di sangue. Il giornalista reggino Lucio Musolino, specializzato nella cronaca giudiziaria e memoria storica delle ‘ndrine della Jonica, riconosce nella foto di Nino, il figlio di Giovanni “Cappiddazzu” Vadalà, nipote di Domenico “Micu U lupu”, storico capo cosca sopravvissuto ad una sanguinosa faida tra ndranghetisti. Il fratello, invece, è il gestore degli interessi delle cosche nel sistema degli appalti pubblici.

Assieme allo zio di Nino è emigrato a Michalovce anche Diego Rada, che diventerà poi suo suocero. Hanno già delle attività agricole e forse fanno anche altri affari visto che, sin dalla fine del comunismo, l’ex Cecoslovacchia è diventata una delle principali fonti di approvvigionamento illegale di armi per il crimine organizzato italiano.

E’ lo stesso giornalista ucciso a raccontare, nell'apertura del suo ultimo articolo, come quattordici anni fa proprio a Michalovce fosse stato arrestato Carmine Cinnante, un italiano che si apprestava a ritornare in Italia con una mitragliatrice cecoslovacca modello 26 dotata di apposito puntatore laser probabilmente destinata a rifornire l’arsenale della cosca capitanata dal boss Guirino Iona di Belvedere Spinello di cui Cinnante era sodale.

Più o meno nello stesso periodo, almeno secondo la polizia italiana, Nino Vadalà facilita la latitanza del killer Dominic Ventura e affianca il boss Antonio Zindato nelle sue spedizioni punitive romane contro dei soggetti che “danneggiano la famiglia”. Preoccupato per gli esiti del processo, che lo vedrà comunque prosciolto, Nino decide di raggiungere i parenti che già vivono in Slovacchia ed inizia le sue molteplici e caotiche attività imprenditoriali.

Ivan Brada, un criminologo e veterano del giornalismo di inchiesta della Tv di stato slovacca, ha spiegato a Fanpage.it come, prima di Kuciak, avesse iniziato a considerare Nino un soggetto di interesse giornalistico. “Un mio informatore me ne segnalò il nome in relazione alla transazione immobiliare di due società, la ALTO spol e la KANNONE nel 2013 o 2014 quando feci le prime visure camerali, ed a distanza di qualche mese cominciò a farmi pervenire registrazioni audio e qualche video riguardanti Palombi e Vadalà. Quella operazione nello specifico sembrava una piccola evasione Iva o forse una semplice truffa ai danni di Palombi ma le attività agricole ed energetiche di Vadalà, i contributi europei erano fortemente sospetti”.

Brada avrebbe voluto realizzare un servizio giornalistico per Reporteri, il programma televisivo per cui lavora ma “la TV di stato, più che ogni altro media slovacco soffre la mancanza di risorse e di capacità produttive. Anche oggi, volendo, non potrei mandare in onda nulla… siamo persino senza direttore da mesi”.

Le attività di Nino Vadalà saranno comunque ora analizzate in dettaglio dagli inquirenti, i cui mezzi investigativi dovrebbero superare quelli dei media slovacchi che infatti sembrano concentrarsi sulla sua partnership con Mária Trošková (nella foto), consocia nella Gia Mangement, ma anche segretaria del primo ministro slovacco Robert Fico. Per l’opposizione, la Trošková sarebbe la prova di un collegamento tra lo Stato e la mafia, ragione sufficiente per aprire una crisi di governo. Per questo i media slovacchi soppesano al momento ogni possibile indizio utile a dirimere la reale portata dello scandalo.

Maria Troskova, l'ex modella socia in affari di Vadalà e assunta nel gabinetto del premier slovacco
Maria Troskova, l'ex modella socia in affari di Vadalà e assunta nel gabinetto del premier slovacco

Bisogna infatti considerare che Vadalà forse è stato arrestato non solo e non tanto perché sospettato del duplice omicidio, ma possibilmente perché, in seguito alla rivelazione del suo nome, è stata bruciata la segretezza relativa ad una investigazione internazionale di polizia ancora in corso, forse quella iniziata nel 2014 intorno ad un grosso traffico di cocaina, intercettazioni nelle quali compariva il nome di Antonino Vadalà e diverse utenze telefoniche slovacche.

Quanto al filo che legherebbe l’arrestato Vadalà al premier Fico, Palombi è categorico: Vadalà conobbe Fico grazie a Denisa, la sua amante storica (nella foto sotto). E’ lei l’esperta di bandi europei che ha aiutato l’imprenditore calabrese a prendere i finanziamenti. E sarebbe sempre lei ad averlo introdotto nell'ambiente politico presentandogli Robert Fico.

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Infine, Mária Trošková, l’altra figura al centro del reportage di Kuciak, è stata per anni socia in affari di Vadalà e fino a ieri, quando ha rassegnato le dimissioni, era una stretta collaboratrice a Fico. Altri due testimoni, uno slovacco e un italiano, che sotto garanzia di assoluto anonimato hanno affermato di essere sicuri che Vadalà e Fico si conoscessero ed incontrassero saltuariamente. “L’ho accompagnato sino alla porta della segreteria”, ci ha raccontato, visibilmente emozionato e spaventato l’italiano. Vista la serietà dell’argomento e la sorte toccata a Jan e Martina ha tutte le ragioni per esserlo.

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