Che fine hanno fatto i marò? Latorre in servizio a Roma, Girone a Bari in attesa del verdetto dell’Aia
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò impegnati in una missione a bordo della nave mercantile italiana Enrica Lexie, furono accusati di aver ucciso il 15 febbraio 2012 due pescatori indiani, scambiati per pirati, al largo dello Stato indiano del Kerala. I due fucilieri di Marina si sono sempre proclamati innocenti e hanno sostenuto di aver sparato solo dei colpi di avvertimento. Per le autorità indiane, invece, si sarebbe trattato di omicidio volontario. Una lunga vicenda che ha visto impegnati diversi governi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e ora Conte) e che non si è ancora conclusa. Oggi, in attesa della decisione del tribunale arbitrale dell’Aia, Massimiliano Latorre presta servizio a Roma, il collega Salvatore Girone alla capitaneria di porto di Bari anche se per entrambi rimane però l’obbligo di firma e il divieto a lasciare l'Italia.
Quel febbraio di sette anni fa, dopo la morte dei pescatori indiani, i due militari vengono fatti scendere dalla Enrica Lexie a Kochi, sulla costa sud-occidentale dell'India, e messi in stato di fermo. Il tribunale di Kollam dispone il loro trasferimento nel carcere ordinario di Trivandrum. Ne escono solo il 30 maggio quando l'Alta Corte del Kerala concede ai due fucilieri la libertà su cauzione di dieci milioni di rupie (124mila euro) stabilendo l'obbligo di firma quotidiano. Ai due marò viene anche ritirato il passaporto. Per l'Italia, la vicenda coinvolge "organi di Stato operanti in contrasto anti pirateria sotto bandiera italiana, in acque internazionali". Inizia così un lungo braccio di ferro con il governo indiano per la libertà di Latorre e Girone. Nel dicembre 2012, Roma riesce a ottenere un permesso di quindici giorni per i due militari per trascorre il Natale in Italia con l'obbligo di rientrare in India alla scadenza della licenza. Non sarà la prima volta che ai due militari verrà concesso di ritornare in patria. Accadrà anche a fine febbraio 2013 quando ai due fucilieri del reggimento San Marco viene dato un altro permesso di 4 settimane per le elezioni politiche. In quell'occasione, il governo Monti prima annuncia di non voler rimandare in India i due marò ma poi fa dietrofront e rispetta gli accordi con Delhi. Una decisione che porterà alle dimissioni l'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi in polemica con la scelta dell’esecutivo. Solo nel 2014, a causa di un ictus, Latorre ottiene dalle autorità indiane l’autorizzazione a tornare in Italia. Girone, invece, dovrà aspettare fino a maggio 2016 quando gli viene concesso il rimpatrio per "ragioni umanitarie".
Sul versante diplomatico, la vera novità avviene nel 2015: di fronte all'impossibilità di arrivare a una soluzione negoziale con l'India, l’allora governo Renzi decide di avviare una procedura arbitrale appellandosi alla Corte permanente dell’Aia. L’udienza, che deve stabilire a quale dei due Paesi spetti processare i due fucilieri di Marina, era stata inizialmente fissata per lo scorso 22 ottobre. La morte del giudice di parte indiana, P. Chandrasekhara Rao, e la nomina del suo successore ha fatto slittare l’udienza a luglio di quest’anno. I cinque giudici dell'Aia avranno sei mesi per emettere la loro sentenza. Poi i marò dovranno comunque essere processati e, se dovessero prevalere le ragioni dell’India, Latorre e Girone dovrebbero tornare di nuovo a Delhi.
Il 10 settembre scorso, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, dopo aver incontrato i due fucilieri ha scritto un post su Twitter in cui “esprime la vicinanza del governo e di tutto il Paese”, auspicando che “tutte le forze, politiche e civili, siano unite intorno ai nostri due marò”.
Il 4 dicembre, Girone, sulla sua pagina Facebook ringraziava la Commissione Difesa della Camera “per avermi dato la possibilità di esternare il mio malessere che coinvolge la mia famiglia e che condiziona la nostra quotidianità”. Con l’auspicio “che le forze politiche siano unite affinché io e il mio collega Latorre torniamo ad essere uomini liberi”.