Che fine faranno le persone sgomberate da Idomeni?
Da questa mattina all'alba sono iniziate le operazioni di sgombero del campo profughi di Idomeni, al confine greco con la Macedonia. Si stima che in tutto ci fossero accampate 8.400 persone, per lo più famiglie, in attesa di proseguire il loro viaggio verso l'Europa ma rimaste, di fatto, bloccate in Grecia a causa della chiusura delle frontiere. Il portavoce del governo greco Giorgos Kyritsis ha detto che nei prossimi giorni tutti i migranti saranno trasferiti, perché "una cosa come quella di Idomeni non può continuare a esistere. Fa solo gli interessi dei trafficanti. Togliere le persone da quella disgrazia che è Idomeni è negli stessi interessi dei migranti". La questione è, adesso, capire che fine faranno queste persone, anche perché le frontiere di Albania, Macedonia e Bulgaria restano serrate e il rischio è che si passi di limbo in limbo.
Il giornalista Giacomo Zandonini ha raccolto dal campo le preoccupazioni dei migranti presenti:
"Dove ci porteranno? In Turchia o Siria?". Lo dice preoccupata una donna, curda di Afrin, nel nord della Siria, mentre i due figli indicano gli agenti, seminascosti nell’erba alta ad alcune decine di metri di distanza. "Volevo andare a scuola", spiega una bambina, arrivata correndo da uno dei tendoni allestiti dai volontari, "ma era piena di poliziotti". Fra gli abitanti del campo, in grande maggioranza siriani, curdi, afghani e irakeni, seguiti da palestinesi, pakistani, egiziani e algerini, c'è chi urla da una tenda all’altra "Almanya", Germania, con un'ironia mista a speranza.
Il problema principale, però, è che a queste persone non è stato praticamente comunicato nulla. Secondo il sito Vita, nonostante non sia stata utilizzata la forza, "a trasformare il trasferimento in quella che potrebbe essere definita una deportazione, la mancanza di informazioni e il fatto che alle persone non venisse specificato il campo in cui sarebbero state mandate".
I campi governativi
I migranti, però, sembrano abbastanza sfiduciati sul fatto che si possano trovare soluzioni soddisfacenti. La principale destinazione dei profughi è Salonicco, città portuale a 70 chilometri da Idomeni dove il governo greco ha adibito diversi capannoni della zona industriale a centri d'accoglienza e campi governativi. Come spiega una testimonianza raccolta da OpenMigration, questi ultimi vengono "definiti Relocation centers e, gestiti dall’esercito e presidiati dalla polizia, sono distribuiti su tutto il territorio nell’entroterra della Grecia (Neakavala, Katerini, Nea Chrali, Giannitsa etc), spesso in luoghi isolati. Si tratta di centri governativi, ove sono condotte progressivamente le persone migranti già presenti, anche direttamente dalle isole greche".
Sono campi in cui ci sono condizioni "comunque precarie e non sempre molto migliori rispetto a quelle del campo di Idomeni. Tende e containers. Non sempre i campi dispongono di energia elettrica o acqua corrente. I servizi igienici, ci sono ma non appaiono sufficienti. In molti campi non vi è alcuna assistenza sanitaria o legale e non vi è la mediazione linguistica". In un report di circa un mese fa dell'Asgi, veniva raccontata la visita in uno di questi campi, quello di Neokavala a pochi km dal centro di Polykastro.
Il campo sorge su un'area aeroportuale dismessa e ospita, in grandi tende, circa 3.000persone. L'area molto grande e forse adatta ad ospitare ulteriori arrivi è interamente circondata dauna rete che isola il campo dall'esterno. Le persone possono uscire dal campo e devono rientraredurante la sera. Il centro non è visitabile, i volontari che vogliono portare aiuti possono sololasciarli nello spazio antistante l'ingresso, ai giornalisti è in assoluto precluso l'accesso. E'lampante la presenza massiccia di militari e mezzi militari.
Da interviste svolte all'interno del campo, "oltre alle pessime condizioni sanitarie ed igieniche" è emerso che "nessuno dei migranti intervistati ha potuto avanzare richiesta di protezione internazionale né ha ricevuto altro genere di informazione legale relativa alla propria posizione giuridica. Alcuni degli ospiti del campo ci confermano però di aver incontrato il personale dell'Unhcr con il quale hanno compilato dei moduli per accedere al programma di relocation. Tuttavia intorno al 20 Marzo i cittadini intervistati ci confermano l’arrivo della decisione, comunicata da due operatori Unhcr, che tutte le istanze sarebbero state rifiutate".
Una delle principali preoccupazioni delle organizzazioni umanitarie è che in questi nuovi campi sia precluso o più complicato l'ingresso degli aiuti. "Noi lo chiediamo con forza: noi vogliamo seguire le persone che abbiamo seguito ad Idomeni, per mantenere il nostro mandato umanitario, soprattutto il nostro collegamento a queste persone, che sono diventate una parte importante di noi. Se ci sarà impedito, faremo tutte le rimostranze del caso. In questo momento, però, la cosa grave è che nessuno sa dove andranno a finire queste persone", ha dichiarato il presidente di Medici senza frontiere, Loris De Filippi. L'organizzazione Save the Children ha raccontato di aver visitato "uno di questi campi settimana scorsa e non c’era nulla. Una cosa inaccettabile, soprattutto per i bambini, e per i minori non accompagnati, che si trovano ad essere trasferiti in un altro luogo dove non vi sono né dei servizi, né una protezione adeguati".