Le tragiche immagini che rimbalzano dalla Russia confermano una situazione di grande instabilità che caratterizza tutto il mondo. Dimostrano che guerre e attentati non risparmiano nessuno e che dobbiamo abituarci ad affrontarle non solo nei fronti più caldi dei conflitti ma anche nelle nostre città. A Mosca uomini armati hanno aperto il fuoco contro civili inermi in un auditorium uccidendone decine e ferendone centinaia.
L’utilizzo di ordigni esplosivi e incendiari ha provocato anche un grande incendio e altre vittime. Insomma uno scenario apocalittico che probabilmente a Mosca non si aspettavano ancorché dagli USA nelle settimane scorse erano stati diramati avvisi di possibili attentati. Lascia alquanto perplessi, quindi, il fatto che le forze di sicurezza di un paese tra l’altro in guerra, siano state colte di sorpresa da un attentato terroristico in qualche modo preannunciato.
La rivendicazione è pervenuta dall’ISIS (Islamic State), altrimenti conosciuto come Daesh. Ma perché proprio l’ISIS? Cosa ha a che fare questa organizzazione terroristica con la Russia? L’Islamic State è un coacervo di realtà diversificate e dislocate in varie parti del mondo, dall’Afghanistan all’Iraq fino all’Africa, passando per Siria, Turchia meridionale, Libano, Egitto. In tutte queste aree operano gruppi terroristici direttamente dipendenti dall’organizzazione o affiliati alla stessa.
Anche l’ISIS Khorasan si ritiene affiliato all’organizzazione ed opera in alcune aree dell’Afghanistan e del Pakistan. Lo scopo di Daesh è di istituire un unico Stato islamico transnazionale di matrice sunnita. Pertanto i loro nemici non sono solo quelli tradizionali occidentali, in primis gli Stati Uniti, ma anche tutti quelli che si oppongono alla loro ideologia e al loro tentativo di soppiantare gli Stati nazionali, e quindi anche i paesi arabi.
In Siria l’ISIS era inizialmente alleato di al-Qaeda (localmente conosciuto come Fronte al-Nusra), ma si è poi definitivamente distaccato nel 2014, diventandone anzi il principale concorrente per il primato nel jihad globale. A partire dalla fine del 2014, sono così state costituite delle "province" (wilāyāt) dello Stato Islamico in varie parti del cosiddetto Levante allargato. Tra queste, si sono particolarmente distinte le province libiche di Barqa e di Tripoli, attive nel contesto della guerra civile ancora in atto.
Allora, di nuovo, cosa c’entra la Russia? Sia in Siria che in Libia Mosca è presente con forze mercenarie e consiglieri militari per sostenere quelli che l’ISIS considera suoi nemici, rispettivamente il governo di Bashar Hafiz al-Assad in Siria e i governi di Tripoli e di Bengasi in Libia. Pertanto la Russia è un nemico di ISIS al pari degli Stati Uniti, e nella logica del jihad globale va colpita con tutti i mezzi come sembra sia avvenuto la scorsa notte.
Peraltro qualcuno a Mosca non considera attendibile la rivendicazione di Daesh puntando il dito contro l’Ucraina. Vedremo ciò che scaturirà dalle indagini in corso per confermare gli autori di questo atroce attentato. Mosca, comunque vada, non rimarrà inerme e sfrutterà l’evento per continuare ad esprimere con veemenza tutto il proprio potenziale bellico all’esterno e all’interno dei confini.
In questo contesto le divisioni sempre più marcate tra gli attori mondiali, con una contrapposizione che si fa sempre più aspra, non giova al contrasto di movimenti terroristici che anche ieri hanno dimostrato di poterci tenere sotto scacco. Per loro non c’è differenza tra l’Occidente e gli altri, siamo tutti loro nemici.