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Covid 19

Catastrofe Coronavirus in Brasile, superati i 900mila casi. Msf: “Morti 100 infermieri al mese”

In Brasile l’incubo Coronavirus continua ad essere fuori controllo: è questa la denuncia di Medici senza Frontiere, che da mesi sono impegnati nella lotta all’emergenza sanitaria nel Paese che sta per raggiungere quota 1 milione di casi. Situazione disastrosa tra le popolazioni indigene: “I test sono insufficienti e il numero degli operatori sanitari colpiti cresce sempre di più, con circa 100 infermieri morti al mese. A Tefe deceduto il 100% dei pazienti ricoverati”.
A cura di Ida Artiaco
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Il Coronavirus in Brasile sta generando una vera e propria catastrofe. Parola di Medici senza Frontiere, da mesi ormai impegnati nella gestione dell'emergenza nel Paese sudamericano, nuovo epicentro globale della pandemia e secondo per numero di casi, dietro solo agli Stati Uniti. I contagi, infatti, hanno superato quota 900mila e ci si aspetta che presto raggiungeranno la quota del milione, dal momento che aumentano ad un ritmo di 20/30mila al giorno, mentre i morti sono 47.897. Una situazione difficile e per niente sotto controllo: i test sono insufficienti, il numero degli operatori sanitari colpiti cresce sempre di più, con circa 100 infermieri morti al mese, e le comunità vulnerabili diventano più a rischio, come quelle indigene nello stato di Amazonas, dove si registra il più alto tasso di mortalità.

"Non è un caso che il Brasile soffra così tanto – ha spiegato Ana de Lemos, direttore generale di MSF Brasile -. Sappiamo da tempo che si tratta di un paese con grandi disuguaglianze e il Covid-19 espone ancora di più un sistema sanitario già afflitto da problemi strutturali, che lascia senza cure un gran numero di poveri o senzatetto. Regioni come l’Amazzonia da decenni sono prive di adeguati investimenti sanitari. Abbiamo visto sforzi straordinari dispiegati a livello statale o locale per affrontare la pandemia, ma vediamo anche un enorme disallineamento negli orientamenti, nelle politiche e nell’approccio generale tra governo centrale e regioni. Questo genera confusione e indebolisce la risposta nazionale – con dichiarazioni del governo che a volte trattano le migliaia di morti per Covid-19 come qualsiasi altre o, a volte, con assoluta negligenza".

Emergenza Covid in Brasile, cosa sta succedendo

Dopo aver colpito le città costiere, la pandemia di Covid-19 in Brasile si sta spostando verso l’interno. A preoccupare sono soprattutto le persone più vulnerabili come i residenti di baraccopoli e favelas, i senza fissa dimora e le comunità indigene e rivierasche, che stanno per altro facendo registrare i più alti tassi di mortalità del paese. Il sistema sanitario e quello funerario sono ormai al collasso. Ogni giorno, tra le 15mila e le 30mila persone si ammalano e centinaia muoiono a causa della malattia e a rimetterci sono anche gli infermieri, che stanno perdendo la vita più velocemente che in qualsiasi altro paese del mondo: ogni mese si registrano 100 decessi mentre il numero di casi sospetti e confermati è salito da 230 a inizio aprile a 11mila a inizio maggio. Il più colpito resta lo stato di Amazonas. Nella Capitale, Manaus, la situazione negli ospedali è definita devastante da Medici senza Frontiere. "I quattro ospedali principali della città sono pieni e gli operatori sanitari si occupano di pazienti estremamente malati che spesso arrivano troppo tardi o si trovano troppo lontano per essere salvati", ha detto Bart Janssens, coordinatore dell'emergenza di MSF in Brasile, aggiungendo che "un'alta percentuale di pazienti che entrano in terapia intensiva muore e un gran numero di medici si ammala". Questo perché i posti e il personale delle terapie intensive è molto inferiore rispetto a quello dei pazienti. A Tefe, una città dell’Amazzonia brasiliana distante da Manaus un giorno e mezzo di navigazione lungo il fiume Rio delle Amazzoni, "i medici dell’ospedale mi hanno detto che quasi il 100% dei loro pazienti con Covid-19 era deceduto", ha continuato Janssens. A ciò si aggiunga che i tamponi effettuati sono ancora pochi: il Paese ha registrato 7.500 test per milione di persone, dato dieci volte inferiore agli Stati Uniti (74.927 per milione). Ma la situazione è diventata difficile anche a Rio de Janeiro, San Paolo e, recentemente, a Boa Vista, una città al confine settentrionale con il Venezuela.

Il dramma delle popolazioni indigene

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"Il Covid-19 si muove rapidamente e talvolta in modo imprevedibile – ha spiegato Brice de le Vingne, coordinatore per MSF dei programmi di risposta all'emergenza sanitaria -. Abbiamo spostato la nostra attenzione dalle città costiere alla grande città amazzonica di Manaus quando sono iniziate le segnalazioni di casi elevati e fosse comuni. A quel punto, la situazione era già gravissima e con una piccola équipe abbiamo dovuto identificare rapidamente dove potevamo intervenire in modo efficace". Dopo aver colpito pesantemente la Capitale, dove Medici senza Frontiere ha dato una mano decisiva nella gestione dell'epidemia, l'ondata di Coronavirus si sta sposando così ulteriormente nell'Amazzonia rurale, dove il numero di casi è in aumento e le comunità indigene si trovano in una situazione di estrema vulnerabilità: hanno accesso limitato a strumenti di protezione individuale, pochissime opzioni per ricevere assistenza sanitaria e i lunghi viaggi verso ospedali o cliniche regionali comportano un rischio aggiuntivo di trasmissione del virus sugli affollati mezzi pubblici. "A breve un team MSF comincerà a gestire la terapia intensiva dell’ospedale locale di Tefe, dove troppi pazienti Covid-19 stanno morendo – hanno spiegato -. Forniremo inoltre assistenza medica in sei centri sanitari periferici. Ciò dovrebbe evitare alle comunità indigene di affrontare un lungo viaggio per Manaus in cerca di cure. A São Gabriel da Cachoeira, sull’affluente del Rio Negro del Rio delle Amazzoni, MSF sta aprendo un centro di trattamento che integrerà la capacità Covid-19 dell'ospedale esistente e collaborerà con un'organizzazione locale per diffondere messaggi di educazione sanitaria".

Emergenza anche a San Paolo, dove tutto è cominciato

Prima di raggiungere le categorie più vulnerabili della popolazione, il Coronavirus è passato per le classi più agiate che presumibilmente lo hanno introdotto nel Paese dopo aver fatto viaggi all'estero, così come è successo anche in altre zone dell'America Latina. Per diverse settimane, la diffusione è stata contenuta nei quartieri benestanti ma poi è arrivata gradualmente nelle zone più povere, con impatti devastanti. Le persone che vivono in condizioni di marginalità sociale, come i senza fissa dimora, i tossicodipendenti, gli anziani nelle case di cura, gli abitanti delle favelas e degli insediamenti informali, avevano già difficoltà di accesso alle cure mediche prima e ora la loro situazione è disastrosa: rischiano di morire con scarse possibilità di assistenza. "La pandemia ha fatto perdere il lavoro a molte persone. Ma a San Paolo ci sono già 24.000 senza fissa dimora", ha concluso Ana Leticia Nery, capo progetto di MSF a San Paolo. "Covid-19 ha travolto un numero sempre maggiore di persone in povertà estrema, lasciandole senza casa e spesso senza speranza. L'uso di droghe, la dipendenza e patologie mediche come la tubercolosi, le malattie cardiache e l'HIV aumentano la loro vulnerabilità. Vedere persone che soffrono e hanno difficoltà ad accedere al normale sistema sanitario è straziante, ma ci sono cose che possiamo fare per dare a queste persone le cure a cui ha diritto qualsiasi altro cittadino".

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