Caso Wesolowski, Papa Francesco manda un chiaro messaggio: tolleranza zero sulla pedofilia
Ha destato una certa sorpresa negli ambienti vaticani la notizia dell’improvviso arresto, voluto direttamente dal Papa, dell’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski, ex nunzio apostolico in Repubblica Dominicana, accusato di pedofilia. Il prelato, già ridotto allo stato laicale in seguito ad una decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede, a causa delle sue malferme condizioni di salute è stato subito posto ai domiciliari. Una condizione, in realtà, non molto diversa da quella che il vescovo già viveva: ufficialmente, infatti, si era ritirato in un convento romano, in pratica, aveva avuto l’ordine di non allontanarsi per nessuna ragione dal suo buen retiro, dove era ben sorvegliato. Wesolowski, in pratica, era già da tempo agli arresti domiciliari, anche se in maniera informale e non c’era alcun pericolo di fuga. Perché, allora, una decisione così netta? E’ probabile che papa Francesco abbia voluto fare di lui un esempio per gli altri sacerdoti attualmente sotto inchiesta, mandando un messaggio alla curia romana e non solo, puntualizzando che sul tema della pedofilia non sarà fatto nessun passo indietro. I giudici vaticani si esprimeranno nei prossimi mesi sul caso Wesolowski, contro il quale, però, le prove sembrano schiaccianti e rispetto al quale le pressioni internazionali, anche da parte dell’Onu, sono molto forti. Papa Francesco ha voluto, dunque, dare un segnale al mondo intero, ribadendo implicitamente quanto lui stesso lo aveva puntualizzato poco dopo essere stato eletto: la pedofilia va trattata innanzitutto come un reato e non solo come un peccato.
L’accelerata sul caso Wesolowski non può che far pensare che Francesco abbia anche una strategia mediatica per mostrare al mondo le sue nette posizioni sul tema. Impossibile non creare un collegamento con il fatto che appena pochi giorni fa, Bergoglio aveva nominato monsignor Robert Oliver, già promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, quale segretario della Pontificia commissione per la tutela dei minori, una carica creata apposta per lui. La commissione era stata istituita appena lo scorso marzo ed affidata all’arcivescovo di Boston, il francescano statunitense Sean O’Malley, sia per tutelare le vittime degli abusi compiuti da membri del clero, sia per prevenire nuove violenze. La commissione risponde direttamente al Papa del suo operato ed opera con autonomia ed indipendenza rispetto a qualsiasi altro ufficio vaticano. Tra i componenti anche una vittima di abusi, l’irlandese Mary Collins.
Di sicuro, la Chiesa cattolica ha preso di petto il problema pedofilia negli ultimi dieci anni e papa Francesco si sta muovendo in maniera incisiva nel solco di Benedetto XVI, che aveva preso pesanti provvedimenti contro i preti pedofili, mentre blande erano state le iniziative sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Papa Ratzinger si era molto battuto già da cardinale per inserire la pedofilia tra i “delicta graviora”, i delitti più gravi compiuti da un consacrato, mentre da Papa aveva velocizzato le procedure giudiziarie a carico dei presunti presi pedofili. Nel 2008, poi, era stato il primo pontefice ad incontrare vittime di abusi. Il cammino non si è interrotto ed ora procede spedito grazie all’impegno di papa Francesco.