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Caso Regeni, terminato primo vertice tra inquirenti Italia-Egitto

In un dossier di 2mila pagine che verrà fornito dagli inquirenti egiziani le informazioni finora scoperte sul sequestro e la morte di Giulio Regeni.
A cura di Davide Falcioni
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UPDATE 17.20 – Media: "la delegazione egiziana potrebbe incontrare i genitori di Giulio" – I membri della delegazione egiziana giunti  in Italia per parlare con i magistrati romani che si occupano dell'omicidio di Giulio Regeni potrebbero incontrare i genitori del ricercatore italiano ucciso  in circostanze ancora tutte da chiarire  al Cairo. Lo rivelano i media egiziani. "È probabile che qualche componente della delegazione incontri la famiglia di Giulio Regeni per presentare condoglianze e rispondere a tutte le domande che essi desiderino porre" scrive in particolare il sito dell'informato quotidiano egiziano "Al Masry Al Youm" citando "una fonte giudiziaria". "Paola Regeni e i familiari di Giulio hanno scelto di non commentare alcuna voce finché non sarà concluso il vertice" ha riferito invece l’avvocatessa che assiste la famiglia. La delegazione egiziana, dopo una mattinata di discusisone con i pm italiani, poco dopo le 15 ha lasciato la Scuola Superiore di Polizia, dove era in programma il vertice,  ma domani dovrebbe ritornare per un secondo appuntamento. I risultati conclusivi dell'incontro saranno resi noti solo al termine dei lavori, in un comunicato congiunto.

C'è attesa per il vertice di oggi tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani che stanno indagando sul caso della morte di Giulio Regeni. Gli investigatori del Cairo sono arrivati a Roma ieri con un dossier di 2mila pagine che verrà sottoposto ai colleghi della Procura della capitale, mentre il Presidente del Consiglio ha ribadito: "Siamo impegnati a che su Regeni non sia una verità di comodo ma la verità. Aspettiamo che i magistrati facciano i loro incontri: noi siamo pronti a seguire quel lavoro con grandissima determinazione". Il premier ha ribadito che l'Italia non accetterà nessun "tentativo di svicolare rispetto alla verità", la quale è "dovuta" alla famiglia di Regeni ma anche all'Italia e ai suoi storici rapporti con l'Egitto.

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Proprio ieri Repubblica ha pubblicato il contenuto di una nuova lettera anonima fatta pervenire ai suoi giornalisti secondo cui l'ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza". Secondo l'anonimo "fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza Nazionale" e "fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per ventiquattro ore". In realtà tuttavia anche questa missiva rischia di essere un elemento di depistaggio, visto che nella serata di ieri la stessa Procura di Roma ha liquidato il suo contenuto: "Si tratta di un anonimo, uno dei tanti, in casi come questi di forte risonanza mediatica. Non hanno nessuna rilevanza giudiziaria". Secondo gli inquirenti le informazioni fornite contengono una "molteplicità di imprecisioni nella ricostruzione dei fatti e soprattutto in riferimento agli esami autoptici". In sostanza la mail pubblicata "non verrà presa neanche in considerazione" dagli investigatori così come stabilisce "la procedura penale italiana".

Secondo indiscrezioni fatte trapelare sul dossier del Cairo la polizia egiziana avrebbe effettuato approfondimenti su 200 persone che avevano avuto rapporti con Regeni. L'Italia, tuttavia, chiede che vengano forniti i video, tabulati telefonici, referti e verbali. Al vertice di oggi partecipano due magistrati e tre ufficiali di polizia egiziani, i colleghi della Procura della Repubblica di Roma e gli investigatori dello Sco e del Ros che seguono il caso.

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