Regeni, nuove rivelazioni dall’autopsia: “Lettere incise sul corpo, usato come una lavagna”
Segni, forse lettere, incise sul cadavere di Giulio Regeni, “usato come fosse una lavagna”. E’ la nuova sconcertante rivelazione che emerge direttamente dalle parole della signora Paola, la madre del ricercatore italiano trovato privo di vita nel febbraio scorso al Cairo, e dalle 225 pagine dell’esame autoptico effettuato dal professor Fineschi: “Sulla regione dorsale – scrive il medico in riferimento all’autopsia – a sinistra della linea si trovano un complesso di soluzioni disposte a confermare una lettera". Stessa cosa all'altezza dell'occhio destro, a lato del sopracciglio. E, ancora, sulla mano sinistra dove sarebbe stata trovata una X. Lettera presente anche sulla fronte.
Nessun incidente, dunque. Quel che emergerebbe dall’autopsia è che Regeni è stato sottoposto ad una vera e propria tortura. "Si possono ipotizzare – si legge ancora nei risultati sulla carta degli esami effettuati sul corpo del giovane friulano trovato privo di vita sulla strada tra la capitale egiziana ed Alessandria – che lo abbiano colpito con calci, pugni, bastoni, mazze" per poi scagliarlo ripetutamente a terra o contro alcuni muri. "Alcune lesioni cutanee – concludono i medici legali – hanno caratteristiche che depongono per una differente epoca di produzione avendo un timing differenziato". Altro elemento confermato dall’autopsia sono “le imponenti lesioni cranico-cervico-dorsali” che hanno provocato il decesso del ragazzo. Tutte ferite “differente epoca di produzione”, cioè inflitte a più riprese e nel corso di un periodo prolungato, che hanno provocato la rottura di 5 denti e oltre 15 fratture in testa, sul torace e alle gambe. In altre parole, il corpo di Giulio Regeni è stato martoriato ripetutamente, a distanza di giorni.
"Ci sembra chiaro che le torture che gli sono state inflitte, i tempi e le modalità dei supplizi che nostro figlio ha dovuto sopportare non possono che essere l'opera perversa di qualche professionista della tortura" dicono Paola e Claudio Regeni. "È evidente che non possiamo parlare di incidente ma non riusciamo ancora a capire come si possa dubitare che Giulio sia stato torturato; c'è un'azione mirata e sistematica sul corpo del povero Giulio. Azioni che possiamo ricondurre alle modalità già variamente e riccamente illustrate da vari rapporti internazionali, come quelli di Amnesty. So che per chi vive in Italia non esiste sistema cognitivo ed emotivo per anche solo riuscire ad immaginare cosa sia successo a Giulio. Ma il suo corpo parla”.
Intanto per oggi è previsto un nuovo vertice nel quale si dovrebbe cercare di fare chiarezza sulla dinamica che ha portato alla morte di Regeni. Per l’Italia, parteciperanno il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco. Per l’Egitto, ci saranno il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati che si occupano del caso. Dal Cairo scrivono che Sadek “presenterà nuove informazioni trovate nell’inchiesta per giungere alla verità sulla morte di Giulio”. Da parte loro i magistrati italiani consegneranno agli omologhi egiziani i risultati delle verifiche tecniche effettuate sul contenuto del pc del ricercatore e altri dati relativi agli aspetti della sua vita privata nel periodo compreso tra la fine del dicembre 2015 e il 4 gennaio 2016, quando il ragazzo fece rientro in Italia per le festività natalizie.