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Caso Regeni: “Capo sindacato da lui studiato era un informatore della polizia”

Dalle rivelazioni di due fonti delle sicurezza egiziana, raccolte da Reuters ,emergono nuovi particolari sulla vicenda del ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso al Cairo, in Egitto.
A cura di A. P.
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A sei mesi dal ritrovamento del corpo senza vita di Giulio Regeni, ancora nulla è stato chiarito  sulla misteriosa scomparsa del ricercatore italiano e le torture a cui è stato sottoposto prima di essere rinvenuto cadavere in un fosso alla periferia del Cairo, in Egitto. Un nuovo tassello nell'intricata vicenda del ricercatore friulano potrebbe arrivare dalle informazioni rilasciate  da due fonti delle sicurezza egiziana che però rimangono anonime. A raccogliere le loro testimonianze un'inchiesta giornalistica pubblicata oggi da Reuters e che, se verificata, potrebbe confermare una delle ipotesi investigative in campo: quella che Regeni sia stato vittima di una trappola, venduto da informatori dei servizi segreti.

Secondo la testimonianza delle due fonti, infatti, uno dei contatti principali di Regeni nella capitale egiziana era proprio un informatore dei servizi di sicurezza interni del Paese nordafricano. A essere chiamato in causa è  Mohamed Abdallah, cioè il capo di quel sindacato ambulanti al centro della ricerca che Giulio Regeni stava facendo al Cairo sui commissione dell'università di Cambridge. "Mohamed Abdallah ha visitato di frequente uno dei quartier generali della sicurezza egiziana e sei mesi prima della morte dell'italiano ha anche incontrato un ufficiale" hanno spiegato le fonti, aggiungendo: "Non so se fosse proprio un collaboratore, ma era monitorato. Uno del genere ha un mutuo beneficio ad avere un rapporto con la sicurezza". L'uomo era stato già accusato in passato da un’amica del ricercatore di averlo venduto alle autorità.

Rivelazioni che potrebbero avvalorare l'ipotesi che Regeni sia stato venduto spacciandolo per ciò che non era, una spia, o che dopo un'informativa sia finito in una faida interna agli stessi servizi di sicurezza. Ciò che emerge dall'inchiesta però è che il ricercatore italiano era preoccupato. A rivelarlo in questo caso una ricercatrice di Bonn, Georgeta Auktor con cui il ragazzo era in contatto per studi comuni dopo averla conosciuta in Germania nel 2015. I due si erano parlati via skype dieci giorni prima della scomparsa di Regeni con la promessa di risentirsi presto. Secondo il racconto della ricercatrice, Regeni sembrava preoccupato, "diceva di sentire la necessità di stare attento quando andava in città e su chi incontrava".

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