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Caso Eluana Englaro, condannato ex dg della sanità lombarda: “Tenuta in vita per idee personali”

L’ex direttore generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina è stato condannato a pagare all’erario circa 175mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire a Beppino Englaro, costretto a trasferire la figlia nella struttura sanitaria friulana in cui morì.
A cura di Davide Falcioni
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Era il 9 febbraio del 2009 quando morì Eluana Englaro, 39enne ridotta per 17 anni in stato vegetativo irreversibile dopo un gravissimo incidente stradale. A oltre 15 anni di distanza ieri la Corte dei Conti ha condannato in appello l'ex direttore generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina a pagare all'erario circa 175mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire al padre, Beppino Englaro, che era stato costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria friulana, quella in cui morì.

Secondo la Corte dei Conti infatti fu una "concezione personale ed etica del diritto alla salute" a spingere Lucchina a impedire che ad Eluana fosse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo. Secondo l'ex direttore generale la sua non fu un'obiezione di coscienza, "ma sono state applicate le direttive arrivate anche dell'Avvocatura regionale". Il dirigente ha annunciato che valuterà se ricorrere in Cassazione.

Beppino Englaro, che si batté per anni affinché venissero rispettate le volontà della figlia, ha commentato all'ANSA che "sapevo di avere un diritto ed era chiaro che lo ostacolavano, tanto che sono dovuto uscire dalla regione. Ora sono problemi loro, io giustizia me la sono dovuta fare da me, sempre nella legalità e nella società, loro hanno commesso qualcosa che non dovevano commettere. Per me era tutto chiaro anche allora, li ho dovuti ignorare e andare per la mia strada".

Nel 2008, l'anno prima della morte di Eluana, Beppino si era visto negare la possibilità di interrompere l'alimentazione artificiale che teneva in vita la figlia dal dg Lucchina, nonostante nel 2007 la Cassazione avesse stabilito che ciascun individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte d'appello di Milano aveva autorizzato l'interruzione del trattamento.

Quando Beppino Englaro, in qualità di tutore, chiese di interrompere l'alimentazione per la figlia, il direttore generale firmò una nota che diceva che le strutture sanitarie si occupano della cura dei pazienti, il che comprende la nutrizione, e di conseguenza i sanitari che l'avessero sospesa sarebbero venuti "meno ai loro obblighi professionali". Englaro si rivolse al Tar che accolse la sua richiesta, ma la Regione non diede corso alla sentenza e un mese dopo Eluana morì in una struttura di Udine.

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